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Giustizia riparativa per ricostruire senso di comunità | Luciana Delle Donne

Testimonianza di Luciana Delle Donne
per Fondazioni giugno 2023

Luciana Delle Donne è stata manager di estrazione bancaria, poi nel 2006, dopo aver creato la prima banca on line in Italia, ha deciso di cambiare vita e ha contribuito a far nascere Officine Creative. Dalle Officine sono nati i marchi Made in Carcere, 2nd Chance e Sartoria Sociale di Periferia, che promuovono da oltre 17 anni il lavoro delle donne detenute nelle carceri italiane.

Cittadinanza è un termine pieno di significati. Mi viene facile passare dal concetto di cittadinanza a quello di coscienza. Cittadinanza, infatti, significa esistere su un luogo ma anche rispettare gli spazi degli altri e le loro fragilità. Se intendiamo la cittadinanza come attenzione a fare del bene per sé e per gli altri, è importante sottolineare che tutti ne traggono beneficio. La mia esperienza negli istituti di pena mi ha convinto che, attraverso il lavoro, si possono ricostruire nuove dignità e nuove identità e far partire il processo necessario per il reinserimento nella società. Spessissimo, infatti, quando una persona arriva in carcere, ha lo sguardo basso, un atteggiamento diffidente e demotivato, molti prendono medicine per dormire. È un momento in cui la fiducia è bassa e il futuro difficile da immaginare. La detenzione deve essere un processo di ricostruzione del senso della comunità e della cittadinanza, parola che contiene anche il senso di rispetto delle regole e del vivere comune che è fondamentale e va curato. Per questo, un’attività professionalizzante è estremamente utile, perché aiuta persone che spesso si sentono invisibili a riacquisire autostima, indipendenza e autonomia. Con Made in Carcere noi forniamo una cassetta degli attrezzi che serve per ricominciare a vivere durante e dopo la detenzione. Il lavoro infatti è un elemento fondamentale e fondante per la dignità di una persona, ma anche su questo dobbiamo fare un ragionamento approfondito.

“Cittadinanza significa esistere su un luogo ma anche rispettare gli  spazi degli altri e le loro fragilità. Se intendiamo la cittadinanza come attenzione a fare del bene per sé e per gli altri tutti ne traggono beneficio”

Noi parliamo di BIL (Benessere Interno Lordo) e non PIL: il lavoro deve produrre benessere su diversi livelli. Inoltre, più semplicemente, il lavoro stipendiato garantisce dignità, perché non aiuta solo chi sta in carcere, ma anche le famiglie fuori, migliorando il rapporto con loro. Non da ultimo, i dati dimostrano che il lavoro abbatte il tasso di recidiva. In tutto questo processo di cura non tralasciamo la questione ambientale, per questo da sempre lavoriamo con materiali di recupero. Siamo stati tra i primi a produrre shopper di tessuto, abbiamo anche fatto il funerale alla busta di plastica! Inoltre, diciassette anni fa abbiamo aperto una strada con la prima cooperativa di comunità a Melpignano, dove sono stati installati pannelli fotovoltaici sul tetto del Comune. Chi ha aderito al progetto ha poi costruito un sistema di welfare di comunità derivante dagli incentivi per il fotovoltaico: questo ha permesso l’acquisto di libri, un pullmino per portare i bambini a scuola, l’isola per la distribuzione dell’acqua… Sensibilizzazione ambientale e inclusione sociale devono andare di pari passo. Infine, sono convinta che il carcere abbia un ruolo importante nella nostra società, ma che debba cambiare radicalmente. Non si tratta di educare o rieducare ma di entrare nell’ottica di una giustizia riparativa con un preciso percorso di crescita e di consapevolezza. Chi commette un reato deve comprendere l’impatto che le sue azioni hanno avuto, assumersi la responsabilità e cominciare da subito a costruire il futuro. Una volta stabilita la pena bisogna capire quali sono le competenze, le ambizioni, i sogni e cominciare un percorso riparativo. Bisogna aiutare chi crea lavoro nelle carceri. Oggi ad occuparsene è soprattutto il Terzo settore e soprattutto volontari, persone che hanno una grande vocazione per questa attività. Non dovrebbe essere così: il lavoro socialmente utile ha ricadute su società e cittadinanza e deve essere incoraggiato perché ci sia un ritorno sociale e non solo di profitto.

Dalla rivista Fondazioni aprile – giugno 2023