Testimonianza di Danilo Rossi, musicista
per Fondazioni marzo 2023
Danilo Rossi è un violinista e docente. Dal 1986 al 2021 è stato prima viola solista dell’Orchestra del Teatro alla Scala. Ha collaborato, tra gli altri, con Claudio Abbado, Daniel Barenboim, Carlos Kleiber. Attualmente insegna al Conservatorio di Lugano e all’Accademia Perosi di Biella.
Il talento è una predisposizione naturale a far bene qualcosa, senza che nessuno te l’abbia ancora insegnata. È un dono di natura, che poi va coltivato nel tempo. Credo, infatti, che il talento debba essere direttamente proporzionale alla quantità di impegno e di studio al quale ci si dedica, per tenerlo vivo e farlo crescere. Certo, alcuni hanno più facilità, altri devono metterci più sforzo. Ma tutti devono dedicarci tanto tempo. Non riguarda solo la musica o lo sport. Il talento serve per fare qualsiasi cosa. Per questo, penso che sarebbe bello se ognuno di noi riuscisse a guardare nelle profondità di sé stesso e scoprire cosa gli ha dato la natura, qual è il suo talento. E se coincide con quello che gli piace, allora diventa tutta un’altra storia. Quando il talento incrocia la passione, diventa tutto più facile. Nella mia vita ho visto il talento da due punti vista: come musicista e come docente. Sono convinto che il maestro abbia un ruolo fondamentale. Il grande maestro è quello che riesce a tirarti fuori quello che hai dentro e ti insegna a impreziosirlo. Non crea fotocopie di sé stesso, ma si mette in gioco e ti accompagna in un percorso di scoperta. Da piccolo ero un bravo violinista, ma il mio primo maestro mi ha consigliato di provare con la viola. Ed è stata un’intuizione geniale. Ci sono tre consigli che darei a un giovane che sta cercando di far emergere il suo talento: umiltà, curiosità e scegliersi il maestro giusto. Innanzitutto, umiltà, perché il talento non è sempre chiaro e lampante. Dobbiamo scavare a fondo, non smettere mai di cercare, procedere per tentativi, provare e riprovare, per capire, magari, di aver sbagliato strada e incamminarci per una nuova.
“Se vogliamo promuovere il talento, non dobbiamo puntare solo sul promuovere lo studio in solitaria, ma creare quante più occasioni possibili per permettere ai giovani musicisti di mettersi alla prova di fronte a un pubblico vero”
Poi, la curiosità, che per me è fondamentale: non possiamo accontentarci di quello che già conosciamo; è importante mettersi in gioco. Per me è stato quasi un percorso obbligato per via del fatto che la viola non ha un repertorio vastissimo e questo, unito alla mia curiosità, mi ha sempre spinto a cercare l’incontro con nuove sonorità e nuovi generi. Come l’esperienza con l’orchestra gitana che sto portando avanti in questi ultimi anni. Fondamentale è anche scegliersi il maestro giusto. Per questo bisogna essere molto esigenti. Io sono andato a cercare i miei maestri tra i più grandi dell’epoca (Piero Farulli, Dino Asciolla, Yuri Bashmet). Sono partito da Forlì e sono arrivato fino a Mosca: per scegliere un maestro non basta ascoltarlo su internet, bisogna andare ad ascoltare i suoi concerti. Infine, vorrei fare un’esortazione a chi si occupa di promuovere e valorizzare i talenti. Fateli suonare! L’attività concertistica si impara facendola. Se vogliamo farli crescere, non possiamo puntare solo sul promuovere lo studio in solitaria, ma dobbiamo creare quante più occasioni possibili per permettere ai giovani musicisti di mettersi alla prova di fronte a un pubblico vero. La dimensione collettiva del talento è un aspetto importantissimo. Che sia un concerto o un disco, la musica è fatta per essere condivisa, ascoltata e goduta dal pubblico. Noi musicisti passiamo ore e giorni a provare in una stanza da soli. Ma è solo su un palco, in relazione con il pubblico, che la musica prende senso. Solo così il talento diventa vita.
Dalla rivista Fondazioni gennaio – marzo 2023