Testimonianza di Elena Cattaneo, scienziata e senatrice a vita
per Fondazioni marzo 2023
Elena Cattaneo è senatrice a vita e professore ordinario di Farmacologia all’Università degli Studi di Milano dove dirige il Laboratorio di Biologia delle Cellule Staminali e Farmacologia delle Malattie Neurodegenerative del Dipartimento di Bioscienze, in convenzione con l’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare.
Cos’è l’eccellenza se non una combinazione di talento e determinazione che – tenuto conto delle condizioni di partenza – nel libero confronto rende vincente un’idea? Cosa può definirsi “eccellente” se non la passione che, messa alla prova dei fatti, permette a tutti noi di avanzare nella scala della conoscenza? Di storie di studiosi talentuosi, ma troppo spesso misconosciuti, il nostro Paese è pieno. All’Università di Catania, ad esempio, sotto la guida della Professoressa Alessandra Gentile, si studia come difendere i più pregiati limoni italiani dal malsecco; all’Università di Modena e Reggio Emilia e al San Raffaele di Milano è stato sviluppato il primo farmaco nel mondo occidentale a base di cellule staminali; all’Università e al CNR di Sassari possiamo trovare alcuni tra i numeri uno al mondo nel campo della genomica; all’Università della Calabria, grazie al progetto Marie Curie vinto dalla giovane ricercatrice Maria Giovanna Durante, tornata in Italia dopo anni negli USA, si studiano le caratteristiche strutturali che permettono a edifici ed agglomerati urbani di resistere ai terremoti. Potrei continuare a lungo questo elenco di ricercatori fortissimi, più o meno giovani, che – disseminati in un Paese che nemmeno li (ri)conosce – contribuiscono, con talento e determinazione, a sottrarre spazio all’ignoto per il futuro di tutti noi. I nostri studiosi, ogni anno, conseguono ottimi risultati nei prestigiosi bandi dello European Research Council (Erc). Ad ogni livello (Starting, Consolidator e Advanced), i ricercatori italiani sono sempre sul podio. Ma le stesse classifiche degli Erc, mentre certificano la vittoria degli studiosi italiani, dichiarano la sconfitta dell’Italia. In controtendenza con gli altri Paesi: infatti, i vincitori italiani di Erc scelgono spesso sedi estere per svolgere le ricerche premiate, ed è esiguo il flusso inverso di ricercatori stranieri vincitori di Erc che portano in Italia le loro ricerche; un esodo di risorse, idee e talenti che restituisce l’immagine di un Paese poco attrattivo. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza si può considerare uno spartiacque tra il “tempo delle briciole” che ha caratterizzato la ricerca italiana negli ultimi 20 anni – risorse insufficienti, bandi incerti, finanziamenti privilegiati – e quello delle opportunità, inaugurato appunto dal Pnrr e contraddistinto dalla certezza di risorse e bandi. Almeno fino al 2026. Sarebbe ingenuo pensare che per il rilancio della ricerca possa bastare una prospettiva così breve. Oggi è il momento per decidere quale “Italia della ricerca” vogliamo essere nei prossimi 30 anni, è il momento per assicurare un domani ai talenti già espressi e a quelli in divenire e per costruire strumenti in grado di valorizzare i ricercatori che formiamo nelle nostre università.
“Oggi è il momento per decidere quale “Italia della ricerca” vogliamo essere nei prossimi 30 anni, per assicurare un domani ai talenti già espressi e a quelli in divenire e per costruire strumenti in grado di valorizzare i nuovi ricercatori”
Per farlo si potrebbe partire dai progetti di studiosi italiani con valutazioni molto alte agli Erc, ma che restano esclusi per esaurimento di fondi, come anche da quelli che ottengono il Seal of excellence, “marchio” che la Commissione europea conferisce, ad esempio, alle proposte valutate positivamente, ma non finanziate dai bandi, altrettanto prestigiosi, Marie Skodowska-Curie. Una strada già percorsa in autonomia da alcune fondazioni di origine bancaria, che si potrebbe immaginare di ampliare, valorizzare e rendere duratura per avere un impatto concreto sul sistema Paese. Acri, sulla scorta di importanti esperienze nazionali, come il Fondo per il contrasto alla povertà educativa e quello per la Repubblica digitale, avrebbe capacità, credibilità e autorevolezza per cogliere questa sfida. Investire in ricerca e formazione è fondamentale per migliorare l’equità, la competitività e il benessere di una società. Decidere come accendere e alimentare le “fiammelle” di passione di tanti nostri giovani è un impegno a cui rispondere oggi, sulla base di principi chiari e inviolabili. C’è una sola strada possibile, quella della trasparenza e della competizione ad “armi pari”, aperta a tutti, con regole uguali per ciascuno. Partendo da qui, saremo pronti ad affrontare e governare il futuro.
Dalla rivista Fondazioni gennaio – marzo 2023