Intervista a Elena Granaglia, docente
per Fondazioni Marzo 2023
Elena Granaglia insegna Scienza delle Finanze all’Università Roma Tre e fa parte del Gruppo di Coordinamento del Forum Disuguaglianze e Diversità. Al tema dell’uguaglianza di opportunità ha dedicato il suo ultimo libro. A lei abbiamo chiesto di spiegarci cos’è il talento, quale legame esiste tra talento e merito e quale sia il ruolo della scuola in questo processo.
Professoressa, cos’è il talento?
Il talento ha a che fare con due componenti: abilità, di cui è dotato l’individuo alla nascita, e sforzo, perché le abilità devono essere sviluppate. Quindi, direi che il talento è la capacità di utilizzare al meglio le proprie abilità, per produrre qualità e competenza. Spesso però abbiamo una visione monodimensionale del talento, quindi pensiamo essenzialmente alle abilità cognitive. Penso che questa visione sia da scartare perché esiste una pluralità di abilità, in particolare nel mondo contemporaneo, dove contano moltissimo le abilità relazionali. Inoltre, ciascuna di queste diverse abilità deve essere essa stessa considerata in modo plurale. Se pensiamo alle abilità relazionali, ci accorgiamo che non esiste un’unica relazione, ma esistono tanti modi diversi di guardare alle relazioni. Quindi, è importante riconoscere che esiste un pluralismo sia nel novero delle abilità, che sono alla base del talento, sia nelle singole abilità che possono essere, a loro volta, plurali.
“Il talento ha a che fare con l’abilità, di cui è dotato l’individuo alla nascita, e lo sforzo, perché le abilità devono essere sviluppate. Quindi il talento è la capacità di utilizzare al meglio le proprie abilità, per produrre qualità e competenza”
Quale legame esiste tra uguaglianza di opportunità e capacità di scoprire e far fiorire il proprio talento?
Esiste una connessione fortissima a tanti livelli. Innanzitutto chiariamo subito che il talento che fiorisce in condizioni di povertà è una rarissima eccezione. Poi, dobbiamo avere ben chiaro che contano tutta una serie di fattori che concorrono a favorire lo sviluppo delle abilità. Perfino i talenti “naturali”, con cui nasciamo, dipendono dalle condizioni di vita dei genitori. Ad esempio, se la madre durante la gravidanza vive in condizioni di estremo disagio, già il feto ne risente. In seguito, durante l’infanzia, la famiglia e il contesto sono determinanti. Nonostante la frequenza della scuola, a incidere fortemente sono le risorse economiche e culturali delle famiglie di provenienza dei ragazzi e anche il contesto extrafamiliare in cui si cresce. È stato infatti studiato che, a parità di condizione socio-economico e culturale familiare, in città o quartieri dove il contesto complessivo in cui ragazzi crescono è migliore, quei ragazzi avranno molte più possibilità di sviluppare le loro abilità. Questo è importante non soltanto per gli stimoli materiali che un contesto è in grado di offrire, ma anche per le aspettative che è in grado di suscitare.
In questo scenario come si inserisce il tema del merito?
La connessione tra merito e talento è complicata. Quale merito ho io per essere nata con un certo talento? Nessuno. Esso è esclusivamente il frutto di una pura “lotteria naturale” e di una “lotteria sociale”. E perfino lo sforzo necessario per coltivare i propri talenti dipende molto da fattori esogeni, quali la cultura e il contesto in cui si vive. Inoltre, dobbiamo ricordare che il merito è sempre negli occhi altrui. Posso avere un grandissimo talento, ma se nessuno apprezza questa mia specifica capacità, non vedrò riconosciuto alcun merito. Pensiamo ai tanti artisti la cui grandezza è stata riconosciuta solo dopo la morte.
Quindi, è la società che riconosce il talento degli individui e gli attribuisce un merito?
Sì, ma con un’accortezza. Io sono convinta che esista una via di mezzo tra chi crede che vada valorizzato il talento dei singoli individui e chi, al contrario, nega qualsiasi spazio al merito. Io ritengo che dobbiamo spostare il fuoco dell’attenzione dal valore della persona a quello della prestazione che è considerata meritevole dalla società. Ovvero, credo che la società possa valutare la prestazione, consapevole però che si tratti anche del frutto di fattori casuali. Se qualcuno, dunque, con sforzo, realizza qualcosa che è ritenuto meritevole, è giusto che abbia un riconoscimento. La prestazione di qualità segnala una competenza, ma la connessione è più indiretta.
“La scuola non deve diventare una gara competitiva degli uni contro gli altri. Deve invece incentivare la capacità di ciascuno di ingaggiare una sfida con sé stesso per sviluppare al meglio i propri talenti”
Nelle nostre società, come utilizziamo questo criterio di merito?
Il merito deve essere il criterio per accedere alle “posizioni sociali scarse”. Pensiamo al concorso per scegliere un medico: devo selezionare quello che garantisce le prestazioni migliori. E questo è molto importante in un Paese in cui contano ancora molto i legami sociali e il nepotismo. Il merito, quindi, può ancora svolgere una funzione progressiva importantissima. Ma dobbiamo adottare una disconnessione tra l’utilizzo del merito come criterio di accesso, e il merito come base di legittimazione delle disuguaglianze economiche. Perché, se riconosciamo che il merito dipende da fattori casuali, dobbiamo convenire che possa determinare una maggiore retribuzione, ma che non possa legittimare un eccessivo divario retributivo.
La scuola che ruolo gioca in questo processo?
La ragion d’essere della scuola è sviluppare talenti. Ma la scuola dell’obbligo non deve diventare una gara competitiva degli uni contro gli altri. Deve invece rappresentare una possibilità di crescita per tutti, incentivando la capacità di ciascuno di ingaggiare una sfida con sé stesso. Per questo la scuola dovrebbe premiare la capacità di ciascuno che, attraverso lo sforzo, riesce a sviluppare al meglio i propri talenti.
A questo riguardo, cosa pensa della decisione di cambiare il nome in Ministero dell’Istruzione e del Merito?
Ritengo sia stata una pessima idea, per almeno tre ragioni. Innanzitutto, viviamo in un contesto di totale disuguaglianza di opportunità. E, se l’obiettivo della scuola è contribuire a contrastare queste disuguaglianze, volendo cambiare nome al Ministero, avrei messo in evidenza prima l’uguaglianza del merito. Secondo, questa scelta mi sembra evidenzi una visione competitiva della scuola, di una gara degli uni contro gli altri. Terzo, è frutto di una visione univoca del merito, che non considera la pluralità dei talenti, delle abilità e, quindi, dei meriti.
“Il compito di rimuovere gli ostacoli all’uguaglianza è affidato alla Repubblica, ovvero non solo allo Stato, ma a tutti i cittadini. Un ruolo molto importante spetta alla società civile e alle organizzazioni della cittadinanza attiva”
Chi deve farsi carico di realizzare l’uguaglianza sostanziale? Qual è il ruolo dello Stato e quale spazio intravede per il Terzo settore?
La Costituzione italiana è chiarissima: il compito di rimuovere gli ostacoli all’uguaglianza è affidato alla Repubblica, ovvero non solo allo Stato, ma a tutti i cittadini. Lo Stato è solo un attore tra tanti, a cui spetta il dover garantire i diritti universali. Ma lo Stato non ha le informazioni su tutto e non ha la capacità di fare tutto. Un ruolo molto importante spetta, dunque, anche alla società civile e alle organizzazioni della cittadinanza attiva. Inoltre, ci sono i singoli cittadini. Di fronte alla Costituzione, abbiamo tutti il compito individuale di farla vivere. Occorre, quindi, che ci sia un’integrazione tra i vari livelli, in un’ottica di sussidiarietà, e che anche il Pubblico possa “aprirsi”, attraverso la diffusione di forme di governance partecipata. Come sta mostrando, ad esempio, l’esperienza dei Patti Educativi, promossi dal Forum Disuguaglianze e Diversità: uno strumento complementare alla scuola pubblica statale che valorizza la partecipazione delle comunità e delle organizzazioni del Terzo settore.
Sono passati tre anni da quando il Forum Disuguaglianze e Diversità ha pubblicato le sue 15 proposte per la giustizia sociale. Che riscontri avete avuto?
Il riscontro principale è che stiamo contaminando la discussione pubblica sui temi al centro delle nostre proposte: sulla tassazione delle successioni e sull’eredità universale, sulla conoscenza e sulla ricerca pubblica, sulla governance delle imprese pubbliche. Ma anche sul tema della casa, dell’edilizia popolare e delle comunità energetiche. Inoltre, abbiamo lavorato molto sulla costruzione di reti. Ad esempio il progetto “EducAzioni”, che riunisce centinaia di realtà del Terzo settore, dell’associazionismo, per elaborare strategie di contrasto alla povertà educativa e promuovere i diritti dei minori.
Dalla rivista Fondazioni gennaio – marzo 2023