Intervista a Francesca Bria, economista e presidente del Fondo Nazionale Innovazione
per Fondazioni dicembre 2020
Le nuove tecnologie e l’uso dei dati sono già protagoniste del nostro presente e lo sono nella costruzione del nostro futuro. Conoscerle e utilizzarle al meglio è fondamentale per affrontare le sfide del domani e costruire una società migliore. Abbiamo discusso di tutto questo con Francesca Bria, economista dell’innovazione e professore onorario all’Institute of Innovation and Public Purpose della UCL di Londra, nonché senior advisor dell’Onu sulle smart cities e presidente del Fondo Nazionale Innovazione.
Lei ha parlato spesso di sovranità tecnologica come strumento fondamentale per affrontare le sfide del presente e del futuro prossimo; ci può spiegare cosa si intende per sovranità tecnologica?
La sovranità tecnologica dell’Europa è fattore di competitività globale, da cui dipendono la capacità di una crescita sostenibile e inclusiva nel lungo periodo, la nostra sicurezza nazionale e l’influenza dell’Europa nei settori chiave. Sovranità tecnologica significa anche che non dobbiamo solo accelerare la digitalizzazione, dobbiamo anche darle una direzione. Come società dovremmo essere in grado di impostare la direzione del progresso tecnologico e mettere la tecnologia al servizio delle persone, delle imprese e dei territori. Questo significa anche indirizzare lo sviluppo tecnologico per risolvere le più pressanti questioni sociali e ambientali dei nostri tempi, a partire dall’emergenza climatica, la transizione energetica, l’educazione e la sanità pubblica.
A suo avviso, quanta consapevolezza hanno i cittadini sul tema dei dati?
Io credo che la consapevolezza dei cittadini sull’importanza dei dati e sui loro diritti digitali stia aumentando. Dobbiamo essere in grado di diffondere le grandi opportunità che derivano dalla transizione digitale, ma anche di governarla, facendo in modo che i diritti fondamentali dei cittadini, la loro privacy e autonomia siano pienamente preservate.
Quanto è presente oggi l’educazione digitale nelle scuole? Perché educazione digitale e sovranità tecnologica sono elementi utili a contrastare le disuguaglianze?
In Italia abbiamo un forte bisogno di alfabetizzazione digitale. Oltre 10 milioni di italiani non sanno usare Internet e l’Italia è quartultima in Europa nella classifica della Commissione Europea sulla digitalizzazione. Bisogna partire dalle scuole e dalla formazione digitale dei bambini e degli insegnanti nella scuola primaria, che significa formazione STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e nuove metodologie di apprendimento digitale. C’è ancora un forte gap di genere nel settore tecnologico come d’altronde in tutta la nostra società, che va drasticamente ridotto. Secondo il rapporto Women in Science dell’Unesco, le donne oggi impegnate nei settori STEM sono sotto il 30%. Bisogna dare più visibilità alle donne, a partire dalle bambine nelle scuole elementari, per invogliarle a cimentarsi in scienza e tecnologia. Investire sull’educazione digitale, sul capitale umano e sull’istruzione con un approccio inclusive e sostenibile vuol dire anche puntare su una trasformazione digitale che darà più potere ai cittadini e alle comunità, non creerà nuove diseguaglianze e migliorerà le condizioni di lavoro.
Che ruolo può avere il venture capital nello sviluppo del paese? Che ruolo giocano le Fondazioni in questo ambito?
La disponibilità di venture capital è un catalizzatore importante per la crescita di un ecosistema di start-up fiorente e di qualità. Il Fondo Nazionale Innovazione che presiedo ha l’obiettivo di rendere il venture capital un asse portante dello sviluppo economico e dell’innovazione del Paese, creando i presupposti per una crescita complessiva e sostenibile dell’ecosistema. In questo quadro le Fondazioni sono un partner strategico per quanto riguarda lo sviluppo del settore, la connessione dei vari attori strategici del sistema (ricerca, aziende, investitori e istituzioni) e gli investimenti nel capitale delle imprese innovative, per farle crescere in maniera sostenibile a livello globale, e creando al contempo valore reale sul territorio. Il venture capital collega inoltre la missione filantropica delle fondazioni con l’impact investing, con forte potenzialità. Il Fondo innovazione opera con una serie di fondi che ambiscono a supportare le startup in tutte le loro fase di vita, realizzando investimenti sia diretti che indiretti. La mission del Fondo nei prossimi anni è di continuare ad investire in modo rapido ed efficace le risorse a disposizione per far crescere il mercato, attraendo nuovi investitori e nuovi team e favorendo lo sviluppo di 1000 nuove imprese innovative di qualità, 15-20 acceleratori di nuova generazione e poli integrati di trasferimento tecnologico. Contribuendo in questo modo a sviluppare la community e far evolvere l’intero ecosistema – attraverso una piattaforma sia digitale che fisica, in sinergia con gli attori principali del settore, le agenzie ed istituzioni nazionali e internazionali. Il Fondo farà inoltre leva sulle grandi imprese a partecipazione pubblica o private per investire in startup e acquisire l’innovazione che viene dai centri di ricerca avanzati e dalle nostre startup cosi rafforzando il legame fra scienza e industria che è alla base dell’innovazione.
A che punto siamo?
Il Fondo ha già deliberato oltre 140 milioni di investimenti, che hanno interessato oltre 200 startup. Per far fronte alla crisi Covid abbiamo inoltre messo in campo varie azioni rapide di sostegno all’ecosistema innovativo in partnership con la rete di acceleratori italiani e internazionali per sostenere le startup più in difficoltà e le zone più fragili del paese. Ad esempio, col programma Seed per il Sud abbiamo deliberato 8 milioni da investire in startup del Mezzogiorno, con l’obiettivo di farne una frontiera dell’innovazione sostenibile. È nostro obiettivo investire anche in settori e tecnologie strategiche, per supportare il rilancio del Paese post Covid, a esempio con il co-finanziamento di fondi su biotech e aerospazio e focus su transizione energetica, biomedicale, agritech e trasferimento tecnologico. Con il Fondo Innovazione l’Italia si sta allineando a quanto di virtuoso si sta facendo in altri Paesi europei come Francia, e Germania; le startup sono importanti, ancora di più in questa fase, in cui dobbiamo progettare la ripresa in maniera nuova.
In conclusione, lei come immagina il futuro del suo Paese?
Dobbiamo impegnarci per far diventare l’Italia un paese all’avanguardia sull’innovazione verde, digitale e democratica. Bisogna saper cogliere questa grande opportunità del Recovery Fund europeo e accelerare la digitalizzazione dell’Italia, modernizzando la nostra pubblica amministrazione e la nostra economia con l’obiettivo di realizzare il “green deal” europeo, ovvero decarbonizzare l’economia e diventare carbon neutral con emissioni zero nel 2050. Credo anche sia fondamentale puntare su scienza, talento e innovazione tecnologica. La ricerca e la scienza sono il motore dell’innovazione tecnologica. Investire sul trasferimento tecnologico e sulla capacità di innovazione delle imprese ci permette di aumentare la produttività e la creazione di nuovi lavori di qualità, per crescere nella fascia alta dell’innovazione tecnologica e competere nelle catene del valore del futuro, in un’ottica che sostenga tutto il sistema-Paese. La leadership dell’Europa e dell’Italia sarà determinante se vogliamo andare verso questo futuro più digitale, verde e giusto alle nostre startup cosi rafforzando il legame fra scienza e industria che è alla base dell’innovazione.
Dalla rivista Fondazioni settembre-ottobre 2020