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Il Sud esiste | Marco Vitale

Testimonianza di Marco Vitale, economista e scrittore
per Fondazioni giugno 2020

 

Giustamente molti hanno scelto la bellissima fotografia dell’infermiera ripiegata disfatta sul suo tavolo da lavoro, come emblema della pandemia Coronavirus. È l’emblema della scoperta positiva del grande valore umano e professionale del nostro corpo medico e sanitario. Propongo di affiancare un’altra immagine che ci ricorda un’altra bella pagina legata al Coronavirus: quella del bergamasco Marco Maffeis, curato a Palermo, e le sue parole dopo essere stato dimesso dal reparto di rianimazione dell’ospedale Civile di Palermo dove era approdato per mancanza di posti di rianimazione in Lombardia: “Sono felice, in questo reparto mi hanno voluto bene, mi hanno amato e guarito. Mi sento fortunato, un sopravvissuto” (Il Giorno). Dunque, il Sud esiste, ed il servizio sanitario nazionale esiste anche al Sud.

Da anni abbiamo sentito, da amici del Sud, storie terrificanti di come le cose andavano nella sanità delle loro città, sicché quando si è verificato l’esodo improvviso di tanti sudisti verso le loro case, eravamo tutti convinti che il contagio si sarebbe propagato rapidamente anche nel Sud e che sarebbe stato un disastro. E invece al Sud, sia i servizi ospedalieri che le istituzioni regionali e i loro vertici hanno retto bene, molto meglio che in Lombardia. E anche la popolazione è stata, in generale, disciplinata, collaborativa e generosa. La creatività pratica napoletana che inventa la “cena sospesa” ha fatto il giro del mondo. E i giovani infermieri siciliani che si sono precipitati a rispondere alla richiesta di aiuto che proveniva dall’inferno della bergamasca Val Seriana, e lo hanno fatto di slancio, senza se e senza ma, è stata una visione confortante. Come non pensare che il nucleo più numeroso dei Mille era formato da giovani bergamaschi.

Dunque, il Sud esiste e da qui devono nascere nuove forme di collaborazione e di reciproco consapevole aiuto tra Nord e Sud, non attraverso il Governo ma direttamente tra università, ospedali, imprese, sindaci, tra il popolo del Sud e il popolo del Nord e nuovi investimenti nel Sud nei tanti settori in cui è stato lasciato colpevolmente regredire e tra soggetti del fondamentale Terzo Settore, pilastri della nuova economia, tanto che persino il Governo se ne è accorto stanziando per il Terzo Settore un contributo a fondo perduto di 120 milioni. Benedetto Croce, nel suo Storia d’Europa (1931), parlando con entusiasmo dei “due anni del miracolo”, che portarono all’Unità d’Italia e furono chiamati risorgimento, scrive: “in verità era un “sorgimento” e per la prima volta nei secoli nasceva uno stato italiano con tutto e solo il suo popolo”.

Qui si misurerà se anche per effetto del Covid-19 siamo davvero diventati la comunità idealizzata nel Risorgimento. Che proprio in questi giorni si sia compiuto il “sorgimento” di cui parla Benedetto Croce e che Marco Maffeis da Clusone, salvato a Palermo, ne sia il portabandiera? La prima discussione generale alla Camera sul Mezzogiorno si svolse nel dicembre 1901, con presidente del consiglio Giuseppe Zanardelli, bresciano e ghisleriano, che amava il Mezzogiorno e che fu il primo Presidente del Consiglio a viaggiare nello stesso per averne conoscenza di prima mano[1]. Zanardelli aveva già avuto, da parlamentare e da Ministro dei lavori pubblici, numerosi contatti con il Sud, soprattutto nel 1876 quando, come Ministro dei lavori pubblici, fece un lungo viaggio nel Mezzogiorno continentale e in Sicilia. Ma quello memorabile fu il viaggio che lo portò, come Presidente del consiglio, già settantacinquenne, ad attraversare tutta la Basilicata dal 18 al 30 settembre del 1903.

Esso fu e resta memorabile non solo per la sua durata, come testimonianza di un impegno vero e profondo, per le decisioni che ne scaturiranno, ma per il suo approccio mentale e morale. A conclusione del viaggio, Zanardelli tenne un incontro con tutti gli amministratori del capoluogo lucano al Teatro Stabile. Il teatro era addobbato con i gonfaloni delle città di Brescia e di Potenza, due città entrambe medaglia d’oro al valore risorgimentale. Il suo discorso ha un impianto esemplare: in una prima parte ricorda i meriti storici, civili, risorgimentali della terra di Lucania quasi a voler infondere nei suoi cittadini fiducia in se stessi, nella seconda parte sviluppa un’analisi oggettiva e senza sconto delle arretratezze, delle povertà pubbliche e private che ha toccato con mano durante il suo impegnativo viaggio, nel terzo, con tipica concretezza e serietà bresciana, elenca i provvedimenti che il Governo potrà prendere, ma lo fa con grande cautela: “Piuttosto che espormi a promettere e non eseguire, vorrei eseguire e non promettere”. Conclude con un appello a lavorare insieme su un piano di perfetta parità, in spirito di unione e fratellanza risorgimentale: “e chiudo senza alcuna petizione dicendo: combattiamo insieme una grande battaglia contro le forze della natura e contro le ingiurie degli uomini. Non aspiro ad alcun bene maggiore che a quello di uscire da questa battaglia insieme a voi, vittoriosi”.

Mi sono soffermato su questa visione perché essa è, oggi più che mai, attuale. Gli ultimi 70 anni sono stati inquinati da una strategia meridionalista colonialista e saccente da parte degli uomini del Nord[2] . E da parte della classe pseudo dirigente del Sud (scomparsi i Nitti e gli Sturzo) si è radicato un approccio di accattonaggio e di regime estrattivo[3]. Si legga e si mediti il magnifico discorso parlamentare di Giorgio Amendola, “Contro la istituzione di una Cassa per il Mezzogiorno” (20 giugno 1950)[4]. È il momento di cambiare veramente e dobbiamo quindi riprendere l’approccio risorgimentale di Zanardelli: dobbiamo in primo luogo ritrovare fiducia in noi stessi, ed i meridionali in modo particolarissimo dopo 70 anni di lavaggio del cervello di stampo colonialista, economicista e tecnocratico; dobbiamo stringerci in un patto di partnership di stampo risorgimentale su un piano di totale parità; ogni componente della nostra collettività deve valorizzare i propri specifici talenti e non inseguire fantasmi senza senso come il Sud è stato stimolato a fare dalla politica colonialistica degli ultimi 70 anni e dai cattivi maestri. Io spero che il Sud ritrovato e, ora, rinato anche grazie alla buona prova data nella vicenda del Coronavirus, riacquisti una nuova fiducia in sé stesso e quindi ritorni ad alimentare la speranza della quale abbiamo tutti un disperato bisogno. “In questa speranza io brindo al rinnovamento materiale e civile della generosa ed ormai anche per me, tanto diletta terra lucana” (Zanardelli, discorso a Potenza, 29 settembre 1902). Estendiamo questo approccio morale e “questi sentimenti” a tutto il Mezzogiorno e insieme risolveremo ogni problema economico.

di Marco Vitale (bresciano e ghisleriano che ama il Mezzogiorno )

[1] 1) L’opera fondamentale di Giuseppe Zanardelli, sia sul piano intellettuale, personale e politico, che sul piano delle realizzazioni pratiche, è stata fortunatamente riscoperta e rilanciata dalla Fondazione con il Sud nel libro: “La scoperta del Mezzogiorno, Zanardelli e la questione meridionale a cura di Gianpaolo d’Andrea e Francesco Giasi, Edizioni Studium, 2014

[2] 2) Si legga il saggio di Pasquale Saraceno: “L’industria del Nord e la spesa pubblica nel Mezzogiorno”, 1952 con un incipit chiarissimo: “in un paese sovrappopolato nel quale la popolazione non occupata prese coscienza del suo stato di minorità rispetto alla popolazione restante, l’iniziativa privata non può avere che una funzione complementare rispetto all’iniziativa pubblica”. Questo è stato il pilastro della strategia pubblica negli ultimi 70 anni e quindi questa in sé è stata un successo. Questo volevano e questo hanno avuto

[3] Questa terminologia è contenuta nell’importante libro di Daron Acemoglu e James A. Robinson, “Perché le nazioni falliscono”, Il Saggiatore 2013. Le nazioni che falliscono sono quelle dominate da una politica esclusiva ed estrattiva a favore delle classi dirigenti. Quelle che hanno successo sono quelle inclusive e che distribuiscono il benessere.

[4] Sia il discorso di Amendola che lo scritto di Saraceno sono ora in “Il Sud nella storia d’Italia” di Rosario Villari, 1961.

Dalla rivista Fondazioni maggio-giugno 2020