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Cambiamo prospettiva: i paesi sono i luoghi del futuro | Franco Arminio

Testimonianza di Franco Arminio, poeta
per Fondazioni giugno 2020

 

Metà dei comuni italiani si trova nelle aree interne. Qui vive il 20% della popolazione. Si tratta quindi prevalentemente di piccoli centri, che gli abitanti stanno progressivamente abbandonando. È un fenomeno che interessa tutta la Penisola, ma che coinvolge soprattutto il Mezzogiorno. Secondo l’ultimo Rapporto Svimez, fra il 2003 e il 2017, il Sud Italia ha visto diminuire i residenti nelle aree montane di più di 78mila unità, contro le 10mila del Centro-Nord e, negli ultimi 15 anni, i comuni del Meridione con meno di 5mila abitanti, soprattutto montani e collinari, hanno perso 250mila abitanti. Chi se ne va si sposta verso le grandi città del Nord o all’estero. Un’emorragia che uccide i piccoli paesi, luoghi spesso pensati e raccontati come custodi del passato, testimoni di un tempo ormai andato, magari romantico ma incompatibile con il nostro tempo. Invece, il poeta Franco Arminio mette fortemente in discussione: questo concetto «I paesi possono essere grandi luoghi dell’avvenire, non luoghi di un passato che non deve morire, ma spazi dove rovesciare prospettiva e inventare un nuovo futuro!».

I paesi possono essere grandi luoghi dell’avvenire, non luoghi di un passato che non deve morire, ma spazi dove rovesciare prospettiva e inventare un nuovo futuro!

Arminio è nato e vive a Bisaccia (Av), oltre che di poesia si occupa di “paesologia”: visita e racconta i centri minori – soprattutto del Mezzogiorno – con uno sguardo orientato al futuro. «Io sono contrario a una parte di “cultura paesana”. Esistono quelli che io chiamo “scoraggiatori militanti”, una forza conservatrice che guarda unicamente al passato e domina nei paesi, una comunità pozzanghera che ostacola la comunità ruscello». Una critica, questa, che appare anche nella sua poesia con un verso particolarmente esplicativo: “Se ne sono andati tutti, specialmente chi è rimasto”. Serve, invece, secondo Arminio, un cambio di prospettiva radicale e provocatorio sulle aree interne, che lui preferisce chiamare “Italia Alta”, perché queste sono perlopiù aree di montagna, più pulite e meno inquinate. Un’Italia che non è affatto “minore”, ma che, anzi, può costituire un’avanguardia per sperimentare nuove modalità di convivenza e di sostenibilità.

Recentemente, queste riflessioni hanno incontrato quelle dell’architetto Stefano Boeri, che, all’interno di un più ampio ripensamento dei luoghi in cui viviamo, ha auspicato un “ritorno ai borghi”, contro l’eccesso di inurbamento. Secondo Arminio, per contrastare lo spopolamento, prima di tutto si deve smettere di immaginare i paesi come corpi morenti, statici, legati al passato e impossibilitati a costruire il futuro. Per farlo, bisogna parlare di vita e di passione: «Lo spopolamento si combatte con la sensualità: le città sono attraenti perché ci sono i giovani, che sono elementi di vita e portatori di eros. Lo spopolamento si combatte con i corpi!». Inoltre, i progetti di sviluppo per i paesi non possono prescindere dall’ascolto e dal coinvolgimento degli attori locali. Se le competenze tecniche arrivano dalla città, chi le porta deve essere radicato nei territori che sta progettando: «Per scrivere piani adatti ai luoghi bisogna viverli». Arrivati a questo punto, il messaggio è chiarissimo: nelle aree interne sono necessari servizi, piani di sviluppo ed elementi di vita, altrimenti creano “gambe senza un cuore” o “si gira la sceneggiatura ma non il film”, ci dice Arminio. E vivere i luoghi serve a capire la loro unicità, senza la quale tutto perde di senso.

Lo spopolamento si combatte con la sensualità: le città sono attraenti perché ci sono i giovani, che sono elementi di vita e portatori di eros. Lo spopolamento si combatte con i corpi

Questo è ancora più vero nel Mezzogiorno. In una recente intervista, Arminio sintetizzava così la questione: «L’essenza del Sud è proprio il fatto di essere in bilico tra opportunità e pericoli. E forse dove i pericoli sono più grandi è più facile che si trovi il coraggio di trovare nuove soluzioni». “Vivere è un mestiere difficile a tutte le età” abbiamo scritto nell’esergo di questa rivista, riprendendo proprio un verso di Franco Arminio, perché vita e coraggio sono componenti indispensabili per costruire i luoghi dell’avvenire, rispettando la propria identità, ma continuando a immaginare forme di convivenza nelle grandi città e nei paesi, al Nord come al Sud.

Dalla rivista Fondazioni maggio – giugno 2020