Mentre a Palazzo Fava sta per chiudere i battenti “La mostra sospesa”, con 70 opere di tre figure di spicco nella cultura e nella politica messicane e internazionali – José Clemente Orozco, Diego Rivera (“La niña Lupita”, foto in basso) e David Alfaro Siqueiros – la cui arte rappresenta l’eccellenza della pittura muralista e una delle correnti più importanti del XX secolo, un’altra bella mostra, organizzata sempre a Bologna grazie alla collaborazione tra Fondazione Carisbo e Genus Bononiae, è in pieno svolgimento presso il Museo e l’Oratorio di Santa Maria della Vita, fino al 25 febbraio. Si tratta di “René Paresce. Italiani a Parigi. Campigli, de Chirico, de Pisis, Savinio, Severini, Tozzi”, a cura di Rachele Ferrario.
René Paresce (1886-1937) è stato, infatti, protagonista del movimento degli “Italiens de Paris”, il gruppo degli artisti italiani residenti nella capitale francese tra gli anni Venti e Trenta e formato da Massimo Campigli, Giorgio de Chirico e suo fratello Alberto Savinio, Filippo de Pisis, Gino Severini e Mario Tozzi. A Parigi fin dal 1912 Paresce conosce Modigliani e Picasso, frequenta gli artisti dell’École de Paris, di cui fanno parte i metechi – cioè gli stranieri, come li chiamano con un certo disprezzo i francesi – che provengono da tutto il mondo ma hanno eletto Parigi a loro patria. Dal 1928 entra a far parte del gruppo, dipinge molte delle sue tele e vive da protagonista gli avvenimenti artistici della città di quegli anni, facendo da tramite nei rapporti tra gli autori italiani e di altri paesi europei che avevano scelto Parigi. Questa mostra ridà centralità al suo ruolo e a quello di alcuni artisti che furono tra gli inventori più sorprendenti della mitologia e di un’arte legata all’idea di mediterraneità. Essa si basa sulle ricerche filologiche e storico artistiche sulle opere di Paresce e del gruppo de Les Italiens condotte negli ultimi quindici anni. In particolare, Ferrario ha selezionato 73 opere che raccontano la storia della sfida lanciata da Les Italiens nell’ambiente artistico parigino, già attraversato dalle avanguardie e dal richiamo all’ordine, con una pittura che guarda alla tradizione italiana e la reinterpreta in una dimensione classica e onirica. La mostra ricostruisce la storia espositiva del gruppo con le stesse opere delle esposizioni parigine di allora, quando è stato possibile.
La sezione dedicata a René Paresce (“La partenza”, foto sopra) propone una scelta di dipinti (oli su tela e gouaches) e disegni, mentre la parte sul gruppo degli Italiani a Parigi, una selezione di opere di de Chirico, de Pisis, Severini, Campigli, Tozzi, Savinio, provenienti da importanti collezioni pubbliche (Fondazione Boschi Di Stefano – Museo del Novecento a Milano, Mart a Rovereto). Gli Italiani di Parigi furono importanti anche per il ritorno al mestiere, che praticarono non solo in teoria ma anche nella pratica di utilizzo di tecniche pittoriche. La mostra è stata l’occasione per studiare questo aspetto grazie ad analisi di laboratorio specifiche sulle opere di alcuni dei protagonisti del gruppo: de Chirico, Savinio, de Pisis, Severini, Campigli e lo stesso Paresce. Condotte da Gianluca Poldi (Centro delle Arti Visive, Università di Bergamo), le analisi, del tutto rare in queste occasioni, hanno consentito di comprendere meglio le peculiarità tecniche dei diversi artisti, dai materiali impiegati ai metodi realizzativi, dal disegno sottostante la pittura alle variazioni in corso d’opera, ottenendo informazioni assolutamente nuove e di particolare rilievo, che hanno consentito di analizzare le novità tecnico-espressive e gli aspetti della poetica veicolati dalle scelte tecniche. È emerso che l’ambiente parigino ha favorito – già sulla scorta dell’eredità delle avanguardie e forse soprattutto di Modigliani – lo sviluppo di alcune peculiarità tecniche che differenziano le ricerche di molti di questi autori da quelle del gruppo Novecento e di altri pittori italiani coevi.