Si intitola “Altrove 1915-1918. Memorie dal campo di Wagna e altre storie di profughi” la mostra allestita a Gorizia nella sala espositiva della Fondazione Carigo fino al 26 febbraio. Realizzata dal Consorzio Culturale del Monfalconese e dalla Fondazione, la rassegna ripercorre le storie degli abitanti di Gorizia, del Monfalconese e dell’Isontino che durante la Grande Guerra vissero l’esperienza della profuganza. Un fenomeno di grande portata: 240mila persone che dal fronte austro-italiano si spostarono, a seguito di evacuazioni forzate o spontaneamente, verso le aree interne dell’Impero Asburgico e circa 630mila profughi – compresi i friulani e i veneti fuggiti dopo Caporetto – che in momenti diversi trovarono ricovero nel Regno d’Italia. Destinazioni diverse ma un unico destino: quello dell’allontanamento dalle proprie case e dai propri affetti e dello straniamento che ne conseguì. Le voci dei protagonisti di quell’esodo accompagnano il visitatore lungo il percorso. Sono testimonianze sonore, dirette o fedelmente ricostruite, registrate e raccolte dal Consorzio Culturale del Monfalconese fino agli anni Novanta, quando era ancora possibile parlare con i protagonisti di quell’esodo. Ma ci sono anche ricordi scritti, tratti da diari e lettere o trascritti da interviste, che, per scelta, mantengono la “lingua” originale di chi quelle vicende le ha vissute e raccontate. È il dialetto friulano, un italiano non impeccabile dal punto di vista grammaticale. Con un ricco apparato iconografico e accurati approfondimenti storici, la mostra illustra le condizioni di vita dei profughi a partire dalle prime evacuazioni e dal loro trasferimento, su carri bestiame, dai centri raccolta di Gorizia e Aurisina fino a Leibnitz, da dove i meno abbienti furono trasferiti dapprima in Ungheria e poi in Austria. Furono collocati in campi costituiti da baracche di legno oppure dispersi nell’Impero, dalle regioni austriache alla Boemia e alla Moravia.