Per la Fondazione Banca del Monte di Foggia il 2016 si è aperto con una promessa a favore dei beni artistico-architettonici del proprio territorio, importante ambito d’intervento della sua attività erogativa. A margine della presentazione dei restauri finanziati tra il 2012 e il 2015, il 18 dicembre scorso, il presidente Saverio Russo ha, infatti, confermato l’impegno economico della Fondazione in questa direzione anche per i prossimi anni, garantendo per il nuovo esercizio le stesse risorse già erogate nell’anno appena concluso: 100mila euro, pari a un settimo del totale delle erogazioni filantropiche dell’ente. Il primo degli interventi previsti è la riqualificazione urbana di via Siberia, arteria sita nel cuore del centro storico di Foggia. Esso prevede il recupero della vecchia scalinata, il rifacimento dell’intonaco dei muri prospicienti, la realizzazione di pannelli in acciaio corten con passamano e l’inserimento di nuovi punti luce scenografici.
La conservazione del patrimonio storico-artistico della Capitanata è sempre stata una delle missioni più sentite dalla Fondazione foggiana che, nel corso dell’ultimo decennio, è intervenuta numerose volte a salvaguardia dei simboli della cultura del territorio: dai dipinti ai manufatti, agli edifici storici. Degli interventi operati a Foggia tra il 2001 e il 2011 esempi significativi sono la ristrutturazione dell’antica Porta Arpana, la rigenerazione urbana di Largo Civitella, i restauri de “La moltiplicazione dei pani” del De Mura in Cattedrale, de “La morte di un crociato” di Saverio Altamura, di alcune tele del “Ciclo della Misericordia” custodito nella Chiesa del Purgatorio, la realizzazione del nuovo organo a canne a trasmissione meccanica donato alla Cattedrale. Più di recente la Fondazione ha stanziato somme importanti per il recupero di apprezzabili dipinti come “Lo sposalizio della Vergine Maria” in San Domenico a Lucera, la “Pietà” della Santissima Assunta di Biccari, il “Planisfero” di Giuseppe Rosati, gli “Argenti della Cattedrale” di Bovino, e poi la cosiddetta “Croce di Carlo V” in Piano della Croce a Foggia, la statua lignea dell’ “Ecce Homo” della Stella Maris di Manfredonia e il “Cristo Flagellato alla colonna” della Cattedrale di Manfredonia, ma anche la capanna neolitica in Passo di Corvo ad Arpinova.
L’elenco dei nomi, però, non basta a dare il senso dell’importanza storica e civica degli interventi, oltre che culturale. Il “Planisfero terrestre” di Giuseppe Rosati, per esempio, un olio su tela realizzato nel 1788, testimonia le avanzate conoscenze geografiche di quel periodo e le ottime qualità cartografiche e pittoriche di colui che veniva definito il “Newton pugliese”. Di quest’opera si erano perse le tracce fino al 1830, quando il dipinto entrò in possesso della famiglia Villani. Dopo ulteriori passaggi, la tela arrivò nei locali della Biblioteca comunale che oggi ospitano il Museo Civico. Rilevato il degrado dell’opera, la Fondazione ha provveduto a finanziare l’intervento conservativo in occasione del secondo centenario della morte del grande scienziato foggiano.
Riguardo alla cosiddetta “Croce di Carlo V” il restauro è servito, fra l’altro, a riportare chiarezza sulle sue origini. Esistono, infatti, molte leggende al riguardo. Secondo l’aneddotica più diffusa essa rappresenterebbe un monumento alla presunta vittoria dell’esercito spagnolo di Carlo V su quello francese, in occasione della “calata” del Lautrec, a Foggia nel marzo 1528. Ma in realtà lo stato attuale delle ricerche dice che la croce va considerata come un segno devozionale, probabilmente eretto nel 1544 da Prospero della Bastia, personalità eminente dell’amministrazione cittadina del tempo, che fu mastrogiurato (cioè sindaco della città) in diversi momenti tra il 1539 e il 1557. Infine la statua lignea policroma dell’ “Ecce Homo”, conservata nella Stella Maris di Manfredonia. È un mezzo busto ligneo, intagliato a tutto tondo, di notevole fattura, raffigurante Gesù alla colonna, datato a inizio Settecento e attribuito alla scuola del Brudaglio. La stessa attribuzione è risultata anche per il “Cristo flagellato” della Cattedrale di Manfredonia, statua lignea realizzata sempre nel XVIII secolo probabilmente dagli allievi di questa famiglia di scultori Andriesi, i Brudaglio appunto, che tra il Settecento e l’Ottocento produssero una quantità innumerevole di statue a carattere religioso, sparse tra Puglia, Basilicata e Campania.
Di genere diverso è stato, invece, l’intervento per salvare una capanna neolitica nel sito archeologico di Passo di Corvo ad Arpinova (Fg). Si tratta di un diorama in scala 1:1 che riproduce fin nei minimi dettagli l’abitazione tipica dei primi abitanti della zona. Il sito è in realtà un villaggio neolitico, fondato tra il IV e il V millennio a.C., con un’estensione di circa 40 ettari: uno dei più grandi del Tavoliere di Puglia.