Con la diminuzione delle risorse e delle possibilità di spesa dei governi e con l’aumento dei problemi di degrado sociale e ambientale, è sempre più urgente indirizzare nuove risorse per contrastare le sfide che minacciano il pianeta. Una soluzione promettente è l’utilizzo di tutti o parte dei proventi delle privatizzazioni per creare fondazioni filantropiche, un processo che Lester Salamon ha chiamato Philanthropication thru Privatization, o PtP: non un’idea astratta, ma una realtà in molti paesi del mondo a cominciare dall’Italia, dove lo studioso ha individuato nel processo che ha portato alla nascita e allo sviluppo delle Fondazioni di origine bancaria, a partire dalla Legge “Amato” del 1990, uno degli esempi più rappresentativi di PtP per dimensioni, portata e impatto sociale. Il tema è affrontato in un recente studio dell’autore pubblicato per Il Mulino con il titolo “Il progetto Philanthropication thru Privatization”: un processo che Salomon giunge a definire virtuoso per investitori, governi, comunità e società civile, elencando una serie di vantaggi. «Quasi ovunque i governi stanno puntando sulla privatizzazione delle imprese di proprietà statale o sulla vendita di altri beni pubblici, come i diritti minerari, i diritti aerei o sull’energia elettrica, per disporre del capitale necessario ad affrontare queste sfide. Tuttavia, questi tentativi stanno incontrando la crescente resistenza dei cittadini perché tendono, nel breve periodo, a produrre effetti indesiderati – spiega –. Fortunatamente, c’è una possibile soluzione a entrambi i dilemmi: incanalare, in tutto o in parte, i proventi delle operazioni di privatizzazione verso il patrimonio di fondazioni filantropiche». Un risultato “win-win” per tutti! Basandosi su una ricerca svolta a livello mondiale e su 22 casi di studio, Salamon segna la che oggi ci sono già più di 500 fondazioni frutto di processi di privatizzazione, nate per fare filantropia, distribuite in 21 paesi; esse possiedono un patrimonio di circa 135 miliardi di dollari (100 miliardi di euro) che viene messo a reddito e con i proventi vengono sostenuti migliaia di interventi a favore delle persone. Attività che i governi non sarebbero in alcuno modo capaci di realizzare, anche per la spiccata capacità di fare innovazione che le fondazioni hanno rispetto al pubblico. Oltre alle Fondazioni italiane, il libro si sofferma su altre esperienze, quali, ad esempio, la tedesca Volkswagen Stiftung, la King Badouin Foundation in Belgio, il network di “community trusts” in Nuova Zelanda. Secondo la ricerca il fenomeno è in aumento. L’attività di privatizzazione si sta spostando dall’Europa verso l’Estremo Oriente e i BRIC; e la tendenza è destinata a continuare, soprattutto in considerazione degli annunci di grandi piani di privatizzazione in diversi paesi come Grecia, Spagna, Portogallo, Romania, Ucraina, Svezia, Slovenia, Regno Unito, Nuova Zelanda, Brasile, Corea, Giappone, Tunisia, Russia e India. «Per la prima volta – commenta Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri e di Fondazione Cariplo – abbiamo di fronte una fotografia seria, chiara ed esaustiva della straordinaria, quanto inaspettata diffusione dei processi di Philanthropication thru Privatization (PtP) nei vari paesi. Le fondazioni filantropiche, come la nostra, dunque, sono presenti ovunque. Non siamo i soli al mondo; anzi il nostro modello viene preso come caso emblematico fuori dai confini nazionali. Le motivazioni che ne sono all’origine, i percorsi che i processi hanno seguito, le forme con le quali i risultati si sono manifestati sono differenti, nel mondo; ma comune è lo spirito che li ha animati, cioè la volontà di destinare le risorse provenienti dai processi di privatizzazione, in tutto o in parte, a beneficio delle comunità, per sostenerne i processi di sviluppo economico, sociale e culturale». Il volume è stato presentato il 2 ottobre a Milano in un convegno organizzato, per la Giornata Europea delle Fondazioni, da Fondazione Cariplo in collaborazione con Acri, a cui hanno partecipato numerosi relatori provenienti da tutto il mondo: Franz Karl Prüller, membro del Consiglio Erste Stiftung (Austria); André Støylen, direttore generale Sparebankstiftelsen DNB (Norvegia); Jennifer Gill, direttore generale ASB Community Trust (Nuova Zelanda); Wilhelm Krull, segretario generale VolskwagenStiftung; Benoît Fontaine, adviser King Baudouin Foundation; Charles W.F. Bell, direttore programmi Consumers Union; Rupert Graf Strachwitz, direttore Maecenata Institut; Ewa Kulik-Bielinska, presidente Efc – European Foundation Centre. In quel contesto Salamon ha commentato: «La PtP rende i cittadini partecipi del successo della privatizzazione creando benefici tangibili e permanenti per tutti loro. Se si è trovato un modo per monetizzare l’aria, perché non creare organizzazioni private che operano per il bene pubblico che possano ricevere e utilizzare a beneficio della collettività alcuni dei proventi che ne derivano?». La giornata è stata anche l’occasione per ricordare Pier Mario Vello (nella foto), il segretario generale di Fondazione Cariplo, improvvisamente scomparso nel giugno scorso, a cui Salomon ha voluto dedicare il libro appena pubblicato. «Il volume è dedicato alla memoria di Pier Mario Vello, che in sé combinava un impegno appassionato per le potenzialità uniche delle fondazioni filantropiche e rare capacità di leadership e amministrative che hanno reso la Fondazione Cariplo una delle istituzioni filantropiche più importanti del mondo, dimostrando le enormi potenzialità del concetto che questo volume tratta». Pier Mario Vello si è spento a 63 anni a causa di una leucemia fulminante. Era il Segretario Generale della Fondazione Cariplo dal 2006, e ricopriva importanti incarichi in istituzioni anche a livello internazionale. Nel corso della sua esperienza lavorativa si era distinto per il significativo apporto nella promozione della conoscenza come strumento di crescita personale e aziendale e di una migliore comprensione tra le persone. Pier Mario Vello non era solo un manager – recita il comunicato della Fon dazione, che ha dato notizia della sua scomparsa – ma una persona appassionata. «Un uomo capace e sensibile – sottolinea Guzzetti – che ci ha regalato in questi anni, oltre che la sua competenza, che ha fatto crescere la nostra struttura, anche la sua grande personalità, alla base delle relazioni di lavoro e di amicizia, con le persone che lo hanno conosciuto. A lui il merito di avere costruito le efficaci relazioni internazionali che hanno portato la nostra Fondazione a collaborare per numerosi progetti in diversi ambiti, al fianco delle organizzazioni filantropiche più importanti a livello mondiale. Alla sua famiglia vanno il nostro abbraccio e la nostra profonda solidarietà».