Skip to main content

Acri: servizio e stimolo per le Associate

Parla Giorgio Righetti, nuovo direttore generale dell’Acri

E’ alla guida della struttura operativa dell’Acri da settembre, ma finora non ha rilasciato interviste, il nuovo direttore generale: Giorgio Righetti. Ha accettato, però, di rispondere a qualche domanda del nostro giornale, lasciandosi conoscere un po’ meglio e illustrandoci la sua visione del ruolo dell’Associazione, chiamata sempre più negli anni a dare servizi e rappresentanza alle Fondazioni di origine bancaria, ma anche ad essere la “casa” delle Casse di Risparmio Spa. Enti privati non profit le prime, che dalle originarie Casse hanno ereditato l’attività filantropica; imprese bancarie private le altre, che tuttavia con le Fondazioni, insieme all’unica matrice originaria, condividono il profondo radicamento sul territorio e la vocazione a favorirne lo sviluppo.

Direttore, allora, Fondazioni e Casse, due realtà completamente diverse o le due facce di una stessa medaglia?
«I punti di contatto sono numerosi. La legge Amato del 1990 ha consentito alle Casse Spa di concentrarsi sull’attività bancaria, lasciando alle Fondazioni l’attività filantropica. Diverse Fondazioni detengono tuttora partecipazioni nelle rispettive Casse: ma questa non è una commistione impropria. Credo che rappresenti, invece, una possibilità di sinergie positive per i territori in cui entrambe operano. Spesso il mondo del profit e del non profit sono rappresentati come dicotomici. Sono convinto, al contrario, che lo sviluppo, nella sua accezione più ampia e alta, necessiti della collaborazione di entrambe queste realtà. L’esperienza delle Fondazioni e delle Casse ne è una chiara testimonianza: per favorire lo sviluppo del capitale sociale, del senso di comunità e di solidarietà, da un lato, accompagnare la crescita economica di imprese e famiglie dall’altro. Credo, pertanto, che il fatto che l’Acri associ Fondazioni e Casse, due realtà solo in apparenza distanti, sia assolutamente coerente con la sua missione di servizio alle Associate e al Paese».

Le Fondazioni di origine bancaria sono un “unicum” nel panorama internazionale e rappresentano per l’Italia una grande opportunità sia come investitori istituzionali sia come erogatori di risorse filantropiche. Conoscendole più da vicino, che idea se n’è fatta?
«Avevo già avuto l’opportunità di conoscerle nella mia precedente esperienza alla direzione della Fondazione per il Sud, nata da un accordo, unico nel suo genere, tra le Fondazioni e il mondo del volontariato e del terzo settore. Proprio la Fondazione per il Sud esprime, a mio avviso, un esempio della lungimiranza del sistema delle nostre Fondazioni: lungimiranza per aver intuito la necessità di dar vita a un soggetto permanente che possa svolgere un’azione continuativa a sostegno della cosiddetta infrastrutturazione sociale del Mezzogiorno; lungimiranza per aver deciso di compiere questo passo assieme alle rappresentanze del mondo dell’associazionismo e della società civile, diverso forse per cultura, ma non per finalità e idealità; lungimiranza per aver colto l’esigenza di bilanciare, almeno in parte, lo squilibrio nella distribuzione di risorse sul territorio nazionale dovuto alla concentrazione numerica e dimensionale di Fondazioni prevalentemente al Centro-Nord. Ora che ho l’opportunità di operare direttamente all’interno del sistema, questa capacità di visione delle Fondazioni mi appare ancora più evidente, perché è parte integrante della loro identità. E il loro impatto va ben oltre le risorse finanziarie che mettono in campo, peraltro estremamente significative. Questo grazie alla capacità di captare i bisogni dei territori, dialogando e interagendo con gli attori pubblici e privati locali; di aggregarne gli sforzi intorno a obiettivi condivisi per il bene comune; di stimolare processi di innovazione in campo sociale, culturale e formativo».

Cosa fa e può fare l’Acri per valorizzare e ottimizzare il ruolo delle Fondazioni?
«L’Acri svolge a favore delle proprie Associate un duplice ruolo: a livello operativo e strategico. Nel primo caso, grazie alla pluriennale esperienza della struttura, è in grado di fornire supporto ai propri Associati lungo uno spettro estremamente ampio di attività, che vanno dalla comunicazione e promozione delle loro iniziative (e la rivista “Fondazioni” ne è solo un esempio) all’assistenza tecnica su specifiche problematiche di loro interesse. Su questo fronte l’Associazione fa già molto, ma evidentemente è possibile fare ancora di più in termini di tempestività di risposte e di capacità di anticipazione circa l’emergere di nuove istanze. A livello strategico, l’Acri rappresenta il “luogo” in cui le Fondazioni costruiscono e consolidano la propria azione di sistema e rafforzano la consapevolezza delle potenzialità del “lavorare insieme”. L’idea della Fondazione per il Sud, per esempio, è nata in Acri. In Acri è maturata la volontà di investire nella Cassa Depositi e Prestiti, con l’obiettivo di svolgere un ruolo di propulsione per la crescita e lo sviluppo del Paese. E’ sempre in Acri che si è dato impulso alla diffusione dell’housing sociale, che sta oramai diventando una realtà concreta a livello locale e nazionale. Questi sono solo alcuni esempi degli interventi che maturano in seno agli organi dell’Acri e che sono la risultante di una visione strategica che accomuna le Fondazioni. Al fine di consolidare questo approccio alla collaborazione, pur nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza di ciascuna Fondazione, l’Acri ha dato vita, nel corso degli anni, a commissioni tematiche, composte da amministratori e dirigenti delle Fondazioni e, talvolta, anche da esperti esterni, con l’obiettivo di diffondere tra le Associate esperienze e prassi, promuovere verso il mondo esterno le progettualità da esse sostenute, ideare e realizzare progetti comuni, stimolare l’elaborazione di percorsi strategici di innovazione».    

Nel suo privato Lei mantiene uno stretto legame con il mondo del volontariato. Da volontario cosa chiederebbe alle Fondazioni? E da direttore dell’Acri, cosa vorrebbe che il volontariato e tutto il terzo settore capissero delle Fondazioni di origine bancaria?
«Collaboro come volontario in due realtà toscane: Rondine cittadella della pace di Arezzo, che, in un piccolo borgo medievale, ha dato vita a una comunità che ospita giovani provenienti da paesi in guerra, e Fondazione Cure2Children di Firenze, che si pone l’obiettivo di diffondere nei paesi in via di sviluppo protocolli terapeutici per la lotta ai tumori nei bambini. Da persona che conosce dall’interno il mondo del volontariato, ritengo che una delle maggiori difficoltà sia legata alle modalità di raccolta dei fondi. Nel tempo si è diffusa sempre più la prassi degli enti erogatori, pubblici e privati, di legare l’erogazione a progetti specifici di durata limitata e tematicamente orientati attraverso bandi. Se questa modalità dà maggiori garanzie a chi eroga, in quanto consente di valutare e quindi selezionare con maggiore efficacia le iniziative da finanziare e, in fase attuativa, di controllarne meglio i risultati, dall’altra costringe le organizzazioni di volontariato a rincorrere le risorse necessarie alla propria sopravvivenza “inventando” progetti che a volte vanno al di là della propria missione o delle proprie capacità e competenze. Da volontario, quindi, mi sentirei di chiedere alle Fondazioni di sperimentare nuove modalità erogative, cosa che peraltro già fanno, al fine di coniugare meglio il legittimo bisogno di valutare e monitorare la destinazione delle risorse con l’esigenza delle associazioni di perseguire la propria missione senza stravolgere la propria natura. Dal canto loro, credo che le associazioni dovrebbero fare uno sforzo per comprendere che le risorse disponibili non sono illimitate e che, proprio per questo, le Fondazioni si trovano a dover mettere in atto processi di valutazione e selezione per identificare progetti in grado di generare il maggiore impatto positivo sul territorio. Inoltre dovrebbero cominciare a guardare alle Fondazioni non come semplici distributori di risorse, ma come soggetti che hanno competenze, esperienza e precisa responsabilità per indirizzare al meglio l’impiego delle risorse».

A pochi mesi dal suo ingresso in Acri, non Le chiedo di fare un bilancio di questa esperienza, ma almeno di dirci che cosa l’ha colpita di più e se si è trattato della conferma a un’attesa o di una sorpresa. 
«Si, probabilmente è presto per fare un bilancio, anche se posso senz’altro dire che, grazie alla buona accoglienza da parte degli associati e al supporto dei colleghi, l’inserimento è stato piuttosto rapido e positivo. Cosa mi ha colpito di più? La forte partecipazione da parte di amministratori, dirigenti e funzionari delle Associate alla vita dell’Acri. E’ un continuo fiorire di incontri, iniziative, momenti di condivisione… non so proprio come farò a imparare tutti i loro nomi!». 


da “Fondazioni” marzo-aprile 2011