Fino a 150 anni fa solo il 3% della popolazione mondiale viveva in città. Oggi questa percentuale ha superato il 50% e l’Onu prevede che arriverà al 70% entro il 2050. L’umanità tenderà sempre più a concentrarsi in megalopoli da decine di milioni di abitanti. È evidente che le città sono e saranno il principale scenario in cui l’umanità giocherà le grandi sfide dei prossimi anni: l’impatto ambientale e il consumo di risorse (le città producono oltre il 70% dell’anidride carbonica del Pianeta), il contrasto delle disuguaglianze, l’invecchiamento della popolazione, la gestione dei crescenti flussi migratori.
Anche per questo c’è bisogno di ripensare le città, avendo chiara la visione di quale sia la funzione di questi agglomerati urbani. Chi può farlo? I sindaci, gli architetti, gli urbanisti, i cittadini? Nessuno di loro singolarmente. Le nuove città nasceranno solo dall’incontro di una pluralità di soggetti, che immagineranno insieme soluzioni condivise e inclusive.
Perché è certo che, oltre ad essere scrigni di patrimoni storico-artistici e di testimonianze del passato, nelle città sono sedimentate la storia e la cultura delle comunità che le hanno abitate. Esse tramandano l’identità degli abitanti alle generazioni successive. E le trasformazioni economiche, tecnologiche e sociali di questi decenni rischiano di mettere in discussione tutto questo. Da un lato, il turismo di massa rischia di snaturare l’anima delle città storiche, depauperandole della pluralità delle loro funzioni e appiattendole sulla sola funzione ricettiva; dall’altro, le comunità cittadine sono sempre più fluide, perché i percorsi di vita e lavorativi ci portano ad avere orizzonti sempre più vasti, così che studiare e lavorare lontano dalla città in cui siamo nati sta diventando sempre più diffuso.
Le città sono anche – e forse soprattutto – l’insieme delle relazioni tra le persone che le vivono. Esse, infatti, non sono solo gli edifici, le strade e le piazze che le compongono, ma sono piuttosto le comunità, in Le città di fronte alle nuove sfide tra rigenerazione e comunità continua evoluzione, che condividono gli spazi di vita, gioco, formazione, lavoro, svago. E questi spazi cambiano la loro funzione nel tempo, adattandosi alle diverse necessità, come testimoniano tantissimi esempi di stabilimenti industriali che si trasformano in spazi di coworking, chiese che diventano pinacoteche, stazioni dismesse in cui si aprono luoghi di aggregazione, lussuose ville della criminalità organizzata che ora ospitano progetti di integrazione sociale… Perché è proprio nelle città che si realizza la cittadinanza, intesa come appartenenza e protagonismo civico. Quando i cittadini non sentono come proprio lo spazio in cui vivono si creano degrado e abbandono, quando invece si “appropriano” degli spazi della città, prendendosene cura e riconoscendone il valore, ecco che la città diventa un “bene comune”.
Senza alcuna pretesa di esaustività, nelle pagine della rivista – scaricabile al link in calce – cerchiamo di raccontare alcuni di questi temi, con l’aiuto di diversi protagonisti, tra rigenerazione urbana, housing sociale, recupero e gestione collettiva degli spazi abbandonati, protagonismo delle comunità, presentando anche alcune esperienze realizzate negli anni dalle Fondazioni di origine bancaria
Dalla rivista Fondazioni di Gennaio Febbraio. Scaricala qui.