«Abbiamo bisogno di scuole aperte, che vadano oltre la didattica tradizionale, per sviluppare le competenze trasversali, l’autonomia, la fiducia in sé stessi, la curiosità di scoprire passioni e talenti, la capacità di entrare in relazione» afferma la dirigente scolastica Annamaria Martulano dell’Istituto Comprensivo Calcedonia – San Tommaso D’Aquino di Salerno, che parla appassionata nonostante le fatiche dovute alla riapertura delle scuole.
«Ma – continua – per farlo c’è bisogno di coraggio e responsabilità, da parte di tutta la comunità educante». Suonata la campanella, seguita dall’esultazione di bambini e ragazzi, usciamo anche noi dall’ufficio di presidenza per continuare a percorrere le tappe della comunità educante del quartiere Calcedonia, costruita intorno al progetto “Panthakù.com“, con una rete di partenariato promossa da Fondazione Carisal, e selezionato dall’Impresa Sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
Nella mappa di questa comunità ci sono tante tappe: Rari Nantes Nuoto Salerno e il CSI – Centro Sportivo Italiano, dove sono stati organizzati i centri estivi, che danno respiro alle famiglie in difficoltà durante le vacanze; il Gruppo Logos, un’associazione che da anni lavora per contrastare le dipendenze, che si è occupato della formazione per adulti e giovani con l’obiettivo di rafforzare la consapevolezza di sé e delle proprie competenze; l’Associazione Mano nella Mano, che ha organizzato diversi eventi di sensibilizzazione nel quartiere per far conoscere e avvicinare la comunità al progetto; e tante altre realtà del territorio, arrivando a creare una rete di trentadue enti e gruppi informali attivi nel progetto, coinvolgendo oltre mille partecipanti tra genitori, bambini e ragazzi, educatori e docenti.
Ad accompagnarci Antonella Spadafora, responsabile della regione Campania di Ai.Bi. Amici dei Bambini ETS, fondazione capofila del progetto, che da sempre si occupa di combattere l’abbandono minorile attraverso l’adozione internazionale e l’affido familiare e, da diversi anni, anche di contrasto alla povertà educativa minorile. Ci spiega che tutto nasce dal primo progetto che si chiamava “Panthakù. Educare Dappertutto”, un nome ispirato al concetto di educazione di Platone, che racchiude una precisa visione sul contrasto alla povertà educativa: è un compito di tutti e di tanti altri luoghi oltre a alla scuola. Panthaku, in greco antico, è una parola composta da panta, “tutto”, e khou, “dove”, e significa, appunto, “dappertutto”.


Il progetto, infatti, supera i confini della scuola, creando una vera e propria mappa nella città. Una mappa che ha preso forma dal confronto con i genitori, i docenti, le realtà del Terzo settore, con il Comune e anche con i bambini e i ragazzi, «che è fondamentale ascoltare e, troppo spesso, ce lo dimentichiamo», sottolinea Antonella Spadafora. Da questi tavoli sono emersi bisogni, desideri, proposte di attività, ma anche un corposo concentrato di risorse, competenze e volontà di attivarsi. «È la prima volta che a Salerno si sperimenta il cosiddetto “bilancio partecipativo”, una forma per promuovere la partecipazione attiva, permettendo alla cittadinanza di esprimere direttamente le proprie problematiche, decidendo e realizzando iniziative per dare delle risposte concrete». E non solo questo: i tavoli hanno permesso soprattutto di conoscersi, di entrare in relazione e di creare una comunità.
Lo spiega bene Tina Benedetto, mamma di una bambina che ha partecipato alle attività: «Quando vediamo altri genitori fuori dalla scuola o nei contesti sportivi dove accompagniamo i nostri figli, ci capita di intuire alcune situazioni familiari difficili ma, senza conoscerci davvero, non riusciamo ad aiutarci a vicenda. Questa iniziativa, invece, ha permesso a noi genitori di confrontarci in maniera diretta, di conoscerci sul serio e di prendere consapevolezza di quanto i bisogni e le priorità siano diverse in base alle condizioni familiari. Attivarsi, allora, diventa una responsabilità».
“La povertà educativa nonè che questo:
mancanza di possibilità, di capacità diimmaginarsi un futuro,
di scoprire una passione, di entrare in relazione
e sentirsi parte di una rete sociale”
Parlando, arriviamo negli spazi di AOS – Associazione Operatori della Solidarietà, di proprietà del Comune di Salerno, dove si sono svolte numerose attività tra cui anche quelle proposte e votate dai tavoli, che hanno preso il nome di “Banca delle abilità”: sport, musica, arte, webradio e tanti altri laboratori che per due anni hanno animato le giornate di bambini e ragazzi e che sono state il cuore del progetto.
L’AOS nasce da un gruppo di genitori e i loro figli con disabilità per avere uno spazio di incontro dove trascorrere il loro tempo in compagnia e supportarsi reciprocamente. Anche tutto il gruppo di AOS ha preso parte al ricco calendario di attività, che ha dato nuova linfa vitale al luogo. Come ci confida Raffaella Ubbidiente, la presidente dell’associazione, mentre ci accompagna a vedere gli spazi e tutti i cartelloni, le opere e le costruzioni lasciate dopo i laboratori: «da quando è arrivato Panthakù, questo spazio è rinato!». Quello degli spazi è un tema ricorrente durante la nostra visita.
Ce ne parla anche Lucia Pappalardo, l’animatrice di comunità, che ha seguito ogni passaggio del progetto fungendo da collante tra tutte le realtà e i gruppi coinvolti. «Oltre a incontrare e mettersi in relazione, il mio ruolo principale, come animatrice di comunità, è facilitare la creazione di nuovi luoghi. Che non significa aprire spazi nuovi, ma significa rendere “luoghi” spazi che già esistono, farli attraversare, abitare e vivere in base ai bisogni della comunità».


È quello che è avvenuto anche con il Parco Pinocchio, un parco del quartiere dove, organizzando una caccia al tesoro, il progetto Panthakù ha riportato famiglie, bambini e ragazzi e le associazioni di quartiere ad attraversarlo, per farlo rivivere e riscoprire dalla comunità. Questa iniziativa non solo ha permesso a genitori e figli di condividere un’esperienza di gioco all’aria aperta, ma ha reso il parco un nuovo luogo scelto dalle famiglie, e non solo, per trascorrere il tempo libero. «Queste possono sembrare iniziative piccole, forse banali, ma non lo sono affatto. Portare una famiglia e i bambini a passare una giornata in questo modo significa dare l’opportunità di venire a contatto con altre opportunità.
La povertà educativa non è che questo: mancanza di possibilità, di capacità di immaginarsi un futuro, di scoprire una passione, di entrare in relazione e sentirsi parte di una rete sociale. Queste semplici iniziative – continua Lucia Pappalardo – nella loro semplicità, possono fare eccome la differenza».
“È fondamentale creare contesti sani e fertili
di opportunità per i giovani, che prevengano
la marginalità sociale e la povertà educativa.
Panthakù lo sta facendo, in maniera molto innovativa per Salerno,
risvegliando un senso di appartenenza e di fiducia”
Ad avvalorare questa riflessione è anche Paola De Roberto, assessora alle Politiche sociali e giovanili del Comune di Salerno, che ha supportato il progetto e lo ritiene parte di un programma più ampio delle istituzioni locali per contrastare la povertà educativa minorile. «Per chi si occupa di politiche sociali è fondamentale creare contesti sani e fertili di opportunità per i giovani, che prevengano la marginalità sociale e la povertà educativa. Panthakù lo sta facendo, in maniera molto innovativa per Salerno, risvegliando un senso di appartenenza e di fiducia, anche verso le istituzioni, e rendendo i luoghi di questa città presidi per la cura delle relazioni».
I laboratori, per esempio, sono stati realizzati anche all’interno della scuola che, rimanendo aperta anche dopo l’orario scolastico, è diventata un nuovo “luogo”, un punto di incontro. L’apertura della scuola, e la partecipazione ai diversi laboratori proposti dalla “Banca delle abilità”, ha permesso a bambini e ragazzi di accedere a nuove esperienze e attività, mettendosi in gioco, conoscendosi meglio e conoscendo anche i propri compagni.

Oltre a questo, è migliorato il rapporto tra scuola e genitori, tra In primo luogo perché i figli hanno potuto far conoscere ai loro genitori e vivere con loro gli spazi della scuola che, inevitabilmente, diventano più accoglienti; i genitori hanno potuto oltrepassare la porta dove lasciano e riprendono i figli, potendosi sentire parte del loro percorso di crescita e formazione; docenti e genitori si sono conosciuti e confrontati, forse prendendo consapevolezza della responsabilità che condividono nel percorso di crescita di bambini e ragazzi.
“Panthakù.com”, dunque, è molto più di un progetto: «È un’esperienza viva di partecipazione, relazione e riscatto sociale – afferma il direttore generale di Fondazione Carisal, Francesco Paolo Innamorato – Siamo profondamente orgogliosi di aver contribuito a questo percorso perché crediamo che investire nell’educazione significhi investire nel futuro del nostro territorio, con responsabilità, visione e cuore».
E sul tema della responsabilità conclude con convinzione anche la dirigente scolastica Annamaria Martulano: «La responsabilità educativa non è solo della scuola. Noi non ce la facciamo da soli. L’educazione riguarda la vita, nella sua complessità, quindi, c’è bisogno di complessità per fare educazione, dentro e fuori la scuola».
Dappertutto, panthakù.
Per una comunità educante sempre più attiva e coesa contro la povertà educativa minorile
Fondazione Carisal ha scelto di sostenere il progetto Panthakù.com perché crede nell’innovazione sociale e nell’educazione come leva per lo sviluppo dei territori. Il progetto, promosso in collaborazione con AiBi – Amici dei Bambini Fondazione ETS e altri partner pubblici e privati del territorio, punta a rafforzare la comunità educante del quartiere Irno Calcedonia, creando nuove alleanze tra scuola, famiglie, realtà del terzo settore e istituzioni. In due anni di lavoro, i risultati non sono mancati.
Grazie alla sperimentazione del bilancio partecipativo e all’avvio di tante attività in diversi luoghi del quartiere, si è attivata una rete solida e variegata che ha permesso di valorizzare luoghi, offrire nuove opportunità per bambini e ragazzi e coinvolgere attivamente le famiglie. Ciò ha portato allo sviluppo di un modello innovativo di coprogrammazione e cogestione del percorso di crescita dei giovani, mettendo al centro la partecipazione. Non sono mancati gli ostacoli: risulta complesso mantenere il coinvolgimento attivo, soprattutto delle famiglie più fragili, e si è registrata una resistenza degli attori della comunità educante nell’essere protagonisti dei processi partecipativi. Si tratta di percorsi che necessitano di tempo per essere compresi e per generare il cambiamento atteso.
Ma il processo è in moto, e le prospettive sono chiare. Oggi Panthakù.com è un esempio concreto di come si possa fare rete per contrastare la povertà educativa minorile. Per garantire la sostenibilità della comunità educante servirà investire nella formazione di figure educative di sistema e puntare alla continuità, anche individuando con le istituzioni pubbliche nuovi strumenti di finanziamento. Il patto educativo di comunità è già in cantiere: un passo importante per costruire, insieme, una scuola di quartiere sempre più aperta e connessa al territorio.
di Domenico Credendino, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana
Dalla rivista Fondazioni luglio-settembre 2025