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Fondazione Zancan: disabilità e povertà nelle famiglie italiane

Contributo di Fondazione Zancan
per Fondazioni

Le persone con disabilità sopportano mediamente peggiori condizioni di vita rispetto al resto della popolazione, ma diversi aspetti del legame disabilità-povertà non sono stati sufficientemente approfonditi e in Italia mancano rilevazioni statistiche continuative sul tema. Lo studio “Disabilità e povertà nelle famiglie italiane”, promosso da CBM Italia e condotto da Fondazione E. Zancan, è nato per aggiungere conoscenza sulle connessioni esistenti tra povertà e condizione di disabilità. Lo ha fatto in dialogo con quasi 300 persone con disabilità (con età compresa tra 14 e 55 anni) e relative famiglie residenti in tutta Italia e con disagio socio-economico. A tutte è stato somministrato un questionario e 57 persone con disabilità/famiglie si sono rese disponibili per un’intervista di approfondimento.

Il disagio economico che emerge è rilevante. In quasi 9 casi su 10, la persona con disabilità vive in una famiglia che ha difficoltà ad arrivare a fine mese con le risorse disponibili. Nel 62% dei casi, la famiglia non è in grado di far fronte con risorse proprie a una spesa imprevista di 500 euro. In quasi due casi su tre, non può permettersi una settimana all’anno di vacanza lontano da casa. Il 43% delle persone con disabilità vivono in famiglie in condizione di deprivazione materiale, condizione più frequente tra le famiglie che: risiedono nel Mezzogiorno; hanno genitori più giovani; non fanno parte di un’associazione che si occupa di sostenere le persone con disabilità; presentano un basso livello di istruzione e/o svantaggio occupazionale.

In un caso su cinque la famiglia nell’ultimo anno ha avuto difficoltà a comprare il cibo necessario al proprio sostentamento. Il 22% non riesce a riscaldare adeguatamente la propria abitazione di residenza, un rispondente su quattro nell’anno precedente si è trovato in arretrato nel pagamento dell’affitto dell’abitazione (pari a quasi sei su dieci di coloro che vivono in affitto) e più di quattro su dieci hanno avuto arretrati nel pagamento delle bollette. Infine, quasi una persona con disabilità su tre vive in una famiglia che nell’ultimo anno non ha avuto soldi per visite, medicinali o altre spese mediche.

Il disagio economico unitamente alla condizione di disabilità ostacola la possibilità di fruire di servizi (sanitari, abitativi, scolastici/educativi, orientamento, trasporto, …) e di opportunità ricreative e di socializzazione: tutte le famiglie concentrano le risorse (economiche e psicologiche) disponibili sull’assistenza alla persona con disabilità, con ricadute sul tenore di vita complessivo del nucleo.

Dallo studio si evidenzia come la capacità di orientarsi fra le opportunità disponibili, superare gli ostacoli burocratici, accedere ai servizi, modulare le aspettative rispetto ai servizi esigibili dipende anche dal livello socioeconomico e socioculturale della famiglia.

Almeno una persona con disabilità su sei coinvolte nello studio non riceve alcun aiuto (domiciliare, economico, sostegno all’inserimento lavorativo, centro diurno, …) dagli enti pubblici locali. Gli aiuti richiesti più frequentemente dalle famiglie, perché non ricevuti o ricevuti in misura insufficiente, riguardano l’assistenza sociosanitaria e quella sociale (indicate nel 39% e nel 37% dei casi), la mobilità (25%), il sostegno economico (24%), la socializzazione (23%), il lavoro (21%). Considerando il totale degli aiuti richiesti alle istituzioni pubbliche, in quasi 9 casi su 10 si tratta di servizi e/o contributi finalizzati alla fruizione di servizi mentre in poco più di 1 su 10 riguardano trasferimenti economici o beni materiali. Complessivamente emerge un senso di abbandono da parte delle istituzioni: il carico di cura grava prevalentemente sulla famiglia, che spesso non sente un adeguato sostegno dall’esterno per farvi fronte. In alcuni casi l’isolamento determina un atteggiamento di “rassegnazione” a fronte delle molteplici difficoltà affrontate.

In caso di bisogno, le persone con disabilità e le loro famiglie possono ricorrere all’aiuto di parenti non conviventi (nel 55% dei casi), volontari (41%) e amici (29%). Quasi due persone su tre hanno ricevuto almeno un aiuto gratuito nel corso dell’ultimo anno dagli attori della rete informale. Tuttavia, quasi una persona con disabilità su quattro vive in una famiglia che non ha una rete informale su cui contare. Più in generale, dalla voce delle famiglie emerge un rischio di isolamento relazionale: le reti di riferimento a volte non sono presenti, o non abbastanza, o si limitano alla famiglia allargata e/o ad altre famiglie con persone con disabilità.

A fronte dei bisogni avvertiti e delle difficoltà sperimentate, tutte le famiglie fanno leva sulle proprie risorse/capacità (umane, morali, psicologiche, …) per fronteggiare le difficoltà legate a disabilità e disagio economico, in diversi casi sono capacità che vengono rivolte anche verso l’esterno, ossia messe a disposizione di altri in chiave “generativa”: quasi una famiglia su due ha aiutato gratuitamente (soprattutto in forme relazionali: compagnia, conforto, sostegno morale) parenti non conviventi, amici, altri conoscenti e non.

Lo studio indica quattro direzioni per costruire un futuro migliore, strettamente legate tra di loro. La prima è abbattere i “muri” (relazionali, istituzionali, ambientali) che isolano le persone con disabilità e le loro famiglie, rafforzando la cultura dell’inclusione, diffondendo la consapevolezza su bisogni e risorse delle famiglie e su diritti esigibili e opportunità fruibili per le famiglie.

La seconda prevede di investire in servizi promotori di umanità, con maggiori e più accessibili aiuti nella forma di servizi anziché contributi economici, e articolando forme di sostegno che rispondano sia alle esigenze della persona con disabilità sia alle necessità dei familiari e caregiver.

La terza è riconoscere e valorizzare le capacità di ogni persona: a prescindere dalle difficoltà sperimentate, le persone con disabilità e le loro famiglie rivelano capacità di generare, almeno in termini relazionali, benefici per gli altri. Si tratta di capacità che se promosse possono ridurre le “mura” sociali, in particolare per coloro che sono esclusi da reti di relazioni, rafforzandone le opportunità di inclusione sociale e anche lavorativa.

Infine, occorre promuovere opportunità inclusive per la vita e il lavoro. Il problema del “durante e dopo di noi” riguarda tutte le famiglie e ancora di più quelle che si trovano in condizione di maggior disagio socio-economico e culturale: va costruito nel tempo facilitando i passaggi dal vivere in famiglia verso altri contesti di vita. Richiede di investire soprattutto sulla dimensione relazionale e su quella lavorativa, sia per le persone con disabilità sia per i caregiver.

Il rapporto e la sintesi sono liberamente scaricabili da

https://www.cbmitalia.org/cosa-facciamo/sensibilizzazione/pubblicazioni/ricerca-cbm-e-fondazione-zancan/

Il convegno di presentazione dei risultati dal titolo “La Pedagogia della Costituzione”. L’art. 3. Policies, ricerca sociale, ascolto si trova al link: https://www.youtube.com/watch?v=NTmBrcXwO68