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Per costruire una società inclusiva, partiamo dal linguaggio | Iacopo Melio

Intervista all’attivista Iacopo Melio
per Fondazioni – dicembre 2022

Iacopo Melio è un attivista ed editorialista, impegnato sul tema dei diritti delle persone con disabilità. Nel 2014 ha lanciato una campagna di sensibilizzazione diventata virale sul web, catturando l’attenzione dei media nazionali e internazionali, dal nome #Vorreiprendereiltreno. Come riconoscimento del suo impegno, il Parlamento Europeo lo ha nominato “Cittadino europeo” e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli ha conferito motu proprio l’onorificenza di “Cavaliere dell’Ordine al Merito”. Dal 2020 siede nel Consiglio regionale della Toscana. E quest’anno ha pubblicato il suo nuovo libro “È facile parlare di disabilità (se sai davvero come farlo)”, edito da Erikson. L’abbiamo intervistato.

Nella sua esperienza, come è cambiato negli ultimi anni il modo di raccontare le persone con disabilità? Cosa deve cambiare adesso?

Sicuramente l’utilizzo dei social negli ultimi dieci anni e il crescente attivismo online, che ha permesso ai diretti interessati e coinvolti di raccontarsi agli altri e condividere non solo le proprie storie ma anche certe I esigenze, ha favorito la diffusione di una cultura maggiore circa una comunicazione corretta quando si parla di disabilità. Ascoltare le comunità di minoranze è l’unico modo possibile per essere davvero utili alle loro cause, qualunque esse siano. Certo, pietismo e compassione, così come l’infantilizzazione, continuano ad essere ancora troppo diffusi, quando ci si rapporta alla disabilità. Per questo dobbiamo continuare a lavorare per estirpare certi atteggiamenti dannosi in quanto discriminatori. Solo quando percepiremo le persone disabili al pari degli altri, vedendo la disabilità come una qualunque caratteristica, allora avremo davvero una società inclusiva. E per far questo le parole e il linguaggio sono fondamentali.

Divulgare e informare sono attività cruciali per sostenere le persone con disabilità e chi sta intorno a loro. Quanto è importante lasciare che a farlo siano persone con esperienza diretta, personale o familiare, della disabilità?

Dipende dai casi. Sicuramente quello all’autorappresentazione è un diritto fondamentale: non possiamo compiere certe scelte, soprattutto politiche e istituzionali, se non coinvolgiamo i diretti interessati. Ad esempio, un sindaco che attua un piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche senza consultare persone con disabilità (esperte), non farà un ottimo lavoro perché, sostituendosi a chi vive il problema ogni giorno, non può sapere con certezza cosa sia meglio o peggio fare per affrontarlo. Dall’altro lato, però, è importante ribadire che essere persone con disabilità, caregiver o lavoratori del settore, non rende automaticamente esperti di inclusione, accessibilità, parità… Perché sono tutte cose che si studiano e l’esperienza diretta non basta. Se vogliamo normalizzare la disabilità, dobbiamo ammettere che, in quanto persone, anche quelle disabili possono essere incompetenti in qualche campo così come eccellere in altri.

L’informazione avviene sui media, ma anche all’interno delle comunità. Le Fondazioni propongono il concetto di “comunità educante” quando si parla di scuola, partendo dal presupposto che la formazione deve avvenire con il coinvolgimento di tutti (professori, genitori, studenti, personale non docente). Come si può introdurre e mantenere stabile il tema della disabilità all’interno della comunità educante?

Parlando, il più possibile, di disabilità. Facendo fare alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi esperienze di tipo sociale. Abituando lo sguardo delle nuove generazioni alla diversità affinché diventi talmente “naturale”, per loro, da risultare invisibile. La scuola, ma anche la famiglia, giocano un ruolo fondamentale in questo: basta genitori che trascinano via i loro figli piccoli quando vedono una persona in carrozzina, per chissà quale motivo, forse per la paura di dover dare delle spiegazioni a una legittima curiosità. Dobbiamo raccontare, serenamente, che siamo tutti uguali proprio perché diversi, e che ognuno di noi ha delle disabilità così come delle abilità. Ma soprattutto, che la disabilità non esisterebbe se dessimo a tutti i giusti strumenti per poter fare ciò che fanno gli altri: le disabilità di per sé non esiste, è la società che la crea producendo spazi, contesti e situazioni sfavorevoli in quanto inaccessibili a causa di barriere architettoniche e culturali.

Che ruolo può giocare il lavoro nella vita delle persone con disabilità? Cosa si può fare per agevolarne l’inserimento lavorativo?

Abbiamo già un’ottima legge che impone ai datori di lavoro, pubblici o privati che siano, di assumere una persona appartenente alle categorie protette in rapporto al numero dei dipendenti. Peccato però che molto spesso non venga rispettata. Avere un dipendente con disabilità viene visto come un rischio e come un costo, non come un investimento al pari di qualunque altra forza lavoro. Perciò si preferisce rischiare di pagare una sanzione – che rimane comunque incerta -, piuttosto che avere con certezza il “peso” di un lavoratore considerato fragile. Dobbiamo per questo scommettere di più sulle persone, dare loro fiducia e possibilità, perché ognuno di noi è una risorsa e negare questo significa calpestare la dignità umana, oltre che un diritto sacrosanto come quello al lavoro, ancor più importante in chi ha delle spese oggettive maggiori per poter essere il più indipendente e autonomo possibile. La libertà per una persona con disabilità ha infatti un costo proibitivo e nessuno, o comunque pochi, vorrebbe essere mantenuto dallo Stato: chiunque deve essere messo in condizioni di badare a sé stesso, attraverso percorsi facilitati e prioritari per trovare un posto di lavoro il più adatto possibile alle aspirazioni, alla formazione e alle attitudini personali, oltre che alle capacità.

Si parla molto di “dopo di noi”, cosa deve essere fatto per garantire la maggiore indipendenza possibile alle persone con disabilità?

Costruire una quotidianità il più possibile indipendente e autonoma già “durante noi”, prima che sia troppo tardi. Aumentare le risorse economiche per le persone con disabilità, oggi ridicole, è un passo fondamentale per garantire una vita il più serena e libera possibile, pur con i limiti del caso che comportano il bisogno di alcuni aiuti. Ma d’altronde, chi non ne ha?

Da Fondazioni, dicembre 2022