La transizione è già iniziata. Abbiamo intitolato così questo numero della rivista Fondazioni perché numerosi sono i modelli, le sperimentazioni e i progetti già in atto nel Paese, che abbiamo scoperto e che racconteremo nelle pagine a seguire. Esperienze diverse, grandi e piccole, che sembrano dare forma a un’alleanza trasversale, seppur inconsapevole. Una comunità diffusa, e spesso silente, ma decisa nel realizzare cambiamenti sistemici di fronte a un’emergenza non più trascurabile.
Un’urgenza messa in luce da ambientalisti, scienziati esperti del settore già a partire dagli anni Sessanta del Novecento, che tuttavia, per oltre mezzo secolo, è rimasta pressoché inascoltata. Una prima pietra miliare è stata fissata solo nel 2015, con il cosiddetto “Accordo di Parigi”, nel quale si evidenziò la gravità dei cambiamenti climatici e la necessità di una reazione globale e multilaterale, senza però definirne modalità e tempi condivisi. Non avendo ricevuto l’attenzione istituzionale che meritava, la crisi climatica si è inasprita, così come le disuguaglianze che essa provoca. Come emerge dagli studi pubblicati da Carbon Brief (piattaforma britannica di analisi dei cambiamenti climatici), i principali paesi responsabili della crisi climatica sono Stati Uniti, Cina e Russia, mentre i paesi più colpiti dagli eventi climatici estremi, dalle analisi di Oxfam, risultano essere Somalia, Haiti e Gibuti.
Una crisi, dunque, causata da pochi e che colpisce tutti, soprattutto i Paesi privi degli strumenti per fronteggiarla. Disuguaglianze globali che si ramificano diventando anche nazionali e locali, dove sono sempre i più fragili a farne le spese. Nonostante le istituzioni dei singoli Stati siano prevalentemente latitanti nell’elaborazione di politiche concrete per realizzare la transizione ecologica, la società civile sta costruendo e realizzando forme innovative, efficaci e lungimiranti per attuarla. Certo, il percorso risulterebbe più incisivo e spedito se ricevesse un impulso decisivo dalle istituzioni, ma seppur lento e faticoso, quello avviato da alcune amministrazioni locali, dalla società civile e dalla comunità scientifica appare comunque inarrestabile. Assistiamo, infatti, ad azioni pratiche e tangibili come città carbon neutral, circuiti che combattono la povertà attraverso gli eccessi alimentari e comunità che diventano autonome sfruttando le energie rinnovabili. Percorsi in atto che hanno il merito di tenere insieme la sostenibilità con il contrasto alle disuguaglianze, la creazione di nuove comunità energetiche con un sistema di welfare rigenerato, l’educazione e la creatività con la necessità di una sensibilità diffusa.
Un approccio che attua una transizione, sì, ecologica ma, contemporaneamente, sociale, culturale, economica e politica, rendendo protagoniste le persone nell’ideazione e nella realizzazione dei percorsi avviati. La transizione ecologica è dunque già iniziata; a mancare è la volontà e la responsabilità di ripensare in maniera profonda e sistemica il modello di sviluppo che, non solo ha causato la crisi climatica, ma non ha interesse a contrastarla. I dati neanche, gli strumenti, le competenze, i modelli e le persone, invece, ci sono e la stanno tenacemente realizzando.
Dal numero settembre – ottobre della rivista Fondazioni, leggilo intero qui