Che cosa è per lei Uguaglianza?
Uguaglianza significa creare relazioni paritarie. Oggi la nostra società genera una stratificazione sociale che obbliga a creare diverse relazioni a seconda dei diversi destinatari. Uguaglianza serve perché tutti siano sullo stesso livello.
Quali sono le sfide più importanti da affrontare in Italia per contrastare le disuguaglianze?
C’è un tema importante che è quello dell’accesso dei cittadini a risorse e servizi. Deve essere fatto ogni sforzo per fare sì che tutta la popolazione possa conoscere i servizi e le modalità di accesso ad essi. Se non si interviene su questa disuguaglianza, non si possono contrastare le altre forme di iniquità sociale. Uno dei progetti più grandi delle Fondazioni è il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile che interviene sulla formazione dei cittadini più giovani per fare sì che diventino cittadini informati e consapevoli.
Ci può fare un esempio di un progetto esemplificativo del lavoro della Fondazione Carisap nel contrasto alle disuguaglianze?
Mi viene difficile parlare di un solo progetto poiché tutto il piano pluriennale della Fondazione vuole contrastare in maniera trasversale le disuguaglianze. Fondazione Carisap lavora per raggiungere gli ultimi che, come abbiamo già detto, sono in situazione di disuguaglianza maggiore e sono le persone ai margini della nostra società. La Fondazione cerca di intervenire su queste persone per restituire loro autonomia e dignità. Questo avviene anche perché la Fondazione può garantire servizi diversi da quelli che può dare la cosa pubblica, questo significa che si può generare e stimolare un welfare privato, che in qualche modo compensa la macchina pubblica dove non può arrivare.
Per questo la collaborazione fra pubblico e privato è utile al contrasto delle disuguaglianze?
Non si può pretendere che il pubblico possa costruire un’offerta “su misura” per tutte le diverse fattispecie che esistono nella popolazione. Attraverso il confronto tra Pubblico, Fondazioni e Terzo settore si può intervenire in maniera precisa dove è necessario. Da parte nostra è fondamentale capire la ratio dei servizi erogati in maniere pubblica, poi individuare le maggiori disuguaglianze sui nostri territori e intervenire assieme al Terzo settore. Grazie a questa sinergia si può intervenire su livelli diversi ma con la stessa visione e gli stessi obiettivi, quelli di garantire a tutti la possibilità di svilupparsi pienamente.
L’Italia è un paese diviso tra piccoli centri delle aree interne e grandi città con i primi che si spopolano rapidamente e le seconde che non riescono a garantire a tutti i propri cittadini una vita dignitosa, come possiamo contrastare la disuguaglianza anche in questo ambito?
Le città e le aree interne hanno entrambi pregi e difetti. Le prime hanno un fermento culturale e garanzia di servizi dovuti ad una massa critica importante. I cittadini, però, hanno una qualità della vita non sempre ottimale, le relazioni sono più difficili e, a volte, l’urbanizzazione ha creato zone con maggiori disservizi che generano disuguaglianza. Le aree interne, d’altro canto, garantiscono uno stile di vita migliore, meno stressante, ma soffrono di una emarginazione culturale e di una carenza di servizi che sono anche causa di spopolamento e dunque di disuguaglianze. I livelli di servizio all’interno di una metropoli possono essere “scalabili” in centri più piccoli così come le città possono “imparare” dalle aree interne a garantire maggior benessere ai propri abitanti.
Secondo lei la pandemia ci ha insegnato qualcosa sull’importanza del contrasto alle disuguaglianze?
Il virus ha colpito in maniera indiscriminata ma le reazioni della popolazione sono state molto diverse. Siamo finiti in un dibattito incentrato sulle libertà, potersi curare, vaccinare, ammalare. Questo ha creato e continua ad alimentare una frattura sociale che non aiuta nessuno e, come spesso accade, colpisce soprattutto le persone in condizione di marginalità. Servizi sociali e Terzo settore dovranno agire in maniera chirurgica, con azioni sociali mirate o rischiamo un ulteriore depauperamento a livello sociale che non possiamo assolutamente permetterci.