In Italia esistono 17 istituti penali minorili; uno di questi si trova a Nisida, un’i-sola nel territorio del comune di Napoli, collegata alla terraferma da una strada. Non si tratta di un isolotto qualunque però: «Nisida è prima di tutto un luogo meraviglioso, una piccolissima isola del Golfo che ha una flora mediterranea splendida. È un’isola che è stata raccontata da Cicerone, Boccaccio, Dumas, Cervantes…» – ci ha raccontato Maria Franco, che all’istituto minorile – fatto costruire dai Borboni nell’800 – ha insegnato per 35 anni.
A differenza dalle altre carceri minorili d’Italia, dove c’è un’altissima percentuale di ragazzi stranieri, qui gli ospiti sono quasi esclusivamente ragazzi napoletani e dell’hinterland. Nisida è una delle carceri “virtuose”, che ha programmato moltissime attività per i ragazzi, dai laboratori di ceramica a quelli di scrittura. La professoressa Franco si è spesa tanti anni per coinvolgere alcuni scrittori in laboratori di scrittura insieme ai ragazzi. Questo lavoro ha portato anche alla pubblicazione di un libro “Dietro l’angolo c’è ancora strada” (Guida Editori 2020), con il contributo di sette autori, tra i quali Viola Ardone e Patrizia Rinaldi. Perché, per adempiere alla sua funzione rieducativa, il carcere non può ignorare il nesso strettissimo tra bellezza ed educazione: «Se produci una ceramica, rappresenti una commedia, scrivi, disegni o coltivi una pianta, mostri a te stesso di essere capace di raggiungere un risultato che non ha a che fare solo con il negativo. In qualche modo sconfiggi il concetto di desti-no segnato».
Questo, però, non basta, soprattutto dopo una pandemia che ha marcato ancora più fortemente le disuguaglianze tra i ragazzi. «Io non riesco a smettere di pensare che in questo periodo alcuni ragazzi provenienti da contesti difficili abbiano continuato a perdere parole, parole che non hanno appreso. Non apprendere parole aggrava fortemente il percorso futuro di un ragazzo, anche quando tornerà a scuola, se mai ci tornerà» dice Maria Franco. Come qualsiasi altra persona costretta a scontare una pena, la vita esiste anche prima e dopo il carcere e questo è un concetto che anche i ragazzi detenuti a Nisida hanno ben presente. Sulla quarta di copertina del libro recentemente pubblicato è scritta una frase di uno dei ragazzi detenuti, Giovanni A.: «Credo che lo Stato debba mettere più risorse per i giovani problematici come me che, una volta usci-ti dal carcere, si ritrovano da soli nello stesso contesto da dove venivano e magari han-no anche quella luce dentro di loro, che vorrebbero tirare fuori, ma non hanno gli strumenti per farlo. Lo Stato non pensa a questo, si fa carico di te solo quando sei in carcere, ma una volta libero sei solo».