«Spesso noi giovani siamo molto critici verso la realtà che ci circonda, sentiamo di voler agire in qualche modo ma abbiamo anche la sensazione di essere impotenti o incapaci di far sentire la nostra voce». Queste le parole di Anna, una giovane di 19 anni, studentessa di scienze dell’educazione, in piena fase di crescita e costruzione della propria identità e della strada da intraprendere. Nel farlo, ha avuto la fortuna di partecipare a “Ideando”, un laboratorio sostenuto dalla Fondazione Cariplo, che ha dato ad Anna, e a un centinaio di giovani tra i 14 e i 20 anni, la possibilità di confrontarsi, di acquisire competenze e di prendersi cura del proprio territorio. L’iniziativa si inserisce in un progetto più grande, Legami Leali, nato per far fronte alla frammentazione relazionale e territoriale acuita da alcune problematiche specifiche del territorio lungo il lago di Garda. Il progetto è stato sostenuto da Cariplo e realizzato dall’Azienda Speciale Consortile Garda Sociale e altre cinque cooperative del territorio.
In un anno che ha visto gli adolescenti costretti a rinunciare alla socialità, alla scuola in presenza e alle passioni che animavano il loro tempo libero, questa estate, nella costa gardesana, si è aperto uno spazio e un tempo a loro completamente dedicato. Insieme, si sono occupati della manutenzione dei parchi, della pulizia delle spiagge e della realizzazione di un orto. Un laboratorio di tecnologia li ha messi alla prova con le stampanti 3D, scoprendo il funzionamento, la manutenzione adeguata e la parte creativa che necessitano. Partecipando ai laboratori di progettazione hanno invece sperimentato le attività di brainstorming, l’individuazione dei bisogni, la stesura di un progetto e le previsioni di budget. Questo significa rendere i giovani “cittadini attivi”.
Si tratta, infatti, di attività che hanno portato Anna a credere che «anche noi ragazzi possiamo agire per la comunità, capire quali sono i bisogni del paese e trovare soluzioni. Questo progetto mi ha fatto capire che, nel nostro piccolo, possiamo fare cose grandi». Con gli altri giovani, infatti, hanno scritto un progetto da presentare al Corpo europeo di solidarietà, hanno strutturato iniziative di rigenerazione urbana e di fruibilità dei parchi per le persone con disabilità e gli anziani. «I giovani sono molto più consapevoli di quanto si pensi delle sfide del mondo che viviamo. Hanno una sensibilità viva per la cura del territorio e la tutela dei più fragili», ci confida il coordinatore dei laboratori Stefano Bonetta.
Ideando nasce proprio con la finalità di stimolare queste energie giovanili, le potenzialità e la creatività dei ragazzi. «Spesso –continua- incontriamo ragazzi che hanno splendide idee, alle quali però rinunciano perché non sentono di avere gli strumenti necessari per trasformarle in attività o progetti. Per questo, riteniamo fondamentale esserci per loro, aiutarli a piantare dei semi, che poi ognuno alimenterà a suo modo». Un po’ come Anna che, dopo aver scoperto l’esistenza del Corpo europeo di solidarietà durante il laboratorio di progettazione, ha deciso di partire per la Finlandia, partecipando a un progetto di volontariato. Un’esperienza nuova e appassionante che ha dato brio al suo desiderio di diventare educatrice: «Partecipando ai laboratori e facendo questa esperienza all’estero, mi sono convinta ancora di più della mia scelta. Anche io voglio diventare un’educatrice e lavorare con gli adolescenti, per aiutarli a crescere, a credere in sé stessi e a diventare attori per il bene della comunità».
Portare avanti un progetto del genere in un periodo di restrizioni, come quello che stiamo vivendo, racchiude in sé un messaggio forte: «far incontrare i ragazzi, rispettando tutte le regole anti-contagio, non bloccando la vita sociale e le esperienze fondamentali per la loro crescita, si può e si deve fare», afferma con decisione Stefano. Anche se i giovani sono abituati a un mondo sempre più digitalizzato, dove basta un click per comunicare con gli amici e per accedere a contenuti di qualsiasi genere, come ci racconta Anna, «fare le cose di presenza e con le proprie mani ti fa rendere conto che spesso il digitale nasconde il tempo che ci si impiega e gli sforzi per costruire o portare avanti un’attività. Facendo le cose manuali, invece, ci si rende conto del valore del tempo, della pazienza, del fatto che non si può avere tutto e subito ma bisogna lavorare, sforzarsi e sporcarsi le mani».