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Il Cartastorie, prendono vita le storie nascoste tra scaffali

Documenti che attestano cambiali, vendite, sequestri, prestiti e riscatti. Queste le carte conservate nel Museo dell’Archivio Storico del Banco di Napoli “Il Cartastorie”, che contiene la documentazione di otto banchi pubblici napoletani attivi nella città partenopea tra il XVI e il XVII secolo. Raccontato così l’archivio nel cuore del centro storico partenopeo, vicino la sede del tribunale di Castel Capuano, tra i più importanti siti storico-economici del mondo, sembrerebbe un posto attraente solo per storici del settore. Invece, tra i suoi scaffali, si celano migliaia di storie avvincenti di uomini e donne della Napoli di una volta. Ma cosa vuol dire che dietro le carte si “celano storie”? 

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«Le carte annoverano operazioni economiche che ad una lettura poco approfondita sembrerebbero documenti polverosi, eppure attraverso queste scritti, è possibile mettere le mani nella vita di famiglie, aziende, artisti e imprenditori vissuti in quell’epoca». A spiegarlo è Orazio Abbamonte, professore responsabile Cultura della Fondazione Banco di Napoli. «La Fondazione conserva nel suo patrimonio questo nucleo documentale preziosissimo, utile per comprendere la storia economica e sociale di una importante realtà del Mezzogiorno italiano. La volontà della Fondazione di aprire le porte dell’archivio a tutti gli interessati, ha portato a “musealizzare” il sito, per renderlo fruibile ad un pubblico più vasto». Ed è proprio con questo scopo che gli storiografi, attraverso uno studio approfondito delle carte conservate in archivio, sono riusciti a ricostruire storie d’amore, di schiavitù e di rivolta che hanno permesso di raccontare l’anima della Napoli dell’epoca.
«Le carte si possono dividere in due grandi generi – prosegue Abbamonte -. Carte “apodissarie”, che conservano l’intera documentazione dei rapporti tra banca e clientela di cui fanno parte pandette, libri maggiori e giornali copiapolizze, in un percorso attraverso il quale si arriva dal cliente all’operazione bancaria. E, infine, un fondo “patrimoniale” che raccoglie la vita della banca come azienda (consigli di amministrazioni, acquisti, vendite), di grandissimo interesse per la storia degli enti bancari soprattutto, nel rapporto con le istituzioni caritatevoli».
«Per “far dialogare” queste carte con il pubblico, abbiamo adottato una serie di strategie», spiega Sergio Riolo, direttore del Museo. «Scegliamo un personaggio minore, o comunque storicamente neutrale, che compare nelle carte dell’archivio. Partendo da questo spunto, confrontiamo i documenti in nostro possesso con informazioni storiche proveniente da altre fonti (non solo dall’archivio) e poi via all’immaginazione. Proviamo a interpretare i sentimenti del personaggio sulla base dell’epoca e degli eventi che lo hanno coinvolto. Si tratta di una tecnica tipica dello storytelling, che si applica in qualsiasi campo, noi lo utilizziamo per le fonti dell’archivio». Questo è un modo molto semplice e immediato per far capire agli spettatori cosa contiene un documento d’archivio: «Se si diffondono le carte come “atomi” – continua Riolo –, possono interessare ma non emozionare. Se invece, questi atomi vengono inseriti in una narrazione, questi acquisiscono tutto un altro senso».

Questo è il percorso che ha portato alla ricostruzione della vita di Rocco Gioacchino Alcubierre, scopritore e successivamente direttore degli scavi di Ercolano. «Abbiamo puntato l’attenzione su questo ingegnere militare che compariva in alcune carte dell’archivio – spiega Riolo –. Prevalentemente si trattava di documenti che attestavano pagamenti per il trasporto in calesse da Napoli ad Ercolano. Andando ad approfondire, abbiamo constatato quanto la storia di Alcubierre fosse strettamente legata a una delle più imponenti scoperte archeologiche di tutti i tempi: Ercolano. Attraverso lo storytelling abbiamo ricostruito i pensieri e le emozioni del personaggio per poi rappresentarlo in un video emozionale che proiettiamo all’interno del Museo». In questo modo la storia delle carte conservate in archivio, non è più ad esclusiva fruizione degli storici, ma diventa godibile con semplicità anche da un pubblico più vasto.