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Quattro amici al bar combattono lo spreco alimentare

Una sera, quattro giovani informatici stanno chiacchierando in un pub quando, uno di loro, Alberto, che durante gli studi lavora come cameriere in un’agenzia di catering, commenta l’innumerevole quantità di cibo ancora commestibile che, durante il suo turno lavorativo, si ritrova a gettare. La discussione tra i ragazzi si accende e fa luce su una problematica, quella dello spreco alimentare, che in Italia registra un volume ancora molto alto.

Da qui nasce “SquisEat”, un servizio di raccolta e di vendita dei prodotti alimentari in eccedenza nella città di Bologna, che, quest’anno, è tra i vincitori di “Hubble”, il programma che supporta la creazione di nuove imprese o l’accelerazione di quelle già esistenti, nato dalla collaborazione tra la Fondazione CR Firenze e Nana Bianca, con il supporto della Fondazione per la Ricerca e l’Innovazione dell’Università degli Studi di Firenze.

I quattro giovani decidono di mettersi a un tavolo e di sfruttare le proprie competenze digitali e informatiche per fare in modo che tutto quel cibo non venga più sprecato. Progettano così un servizio capace di connettere ristoranti, forni e pasticcerie con eccedenze alimentari e i consumatori. L’idea è di raccogliere dai locali i prodotti ancora commestibili ma non più appetibili sul bancone, e quindi destinati a essere gettati, e di consegnarli a domicilio, a prezzi ribassati, contrattando una percentuale con il venditore. Il servizio funziona: sono contenti i locali che riescono a vendere prodotti che altrimenti avrebbero gettato, e sono contenti i consumatori che possono acquistare prodotti di qualità a un prezzo decisamente vantaggioso. 

L’idea viene premiata tra le migliori trenta in occasione della Start Up Day 2019 dell’Università di Bologna, l’evento annuale dell’Ateneo per favorire l’imprenditorialità giovanile. I giovani informatici iniziano quindi a dare corpo all’idea progettuale partendo da una rosticceria, un gruppo WhatsApp per gli ordini e venti clienti. Con il passaparola, gli apprezzamenti dei clienti e dei venditori, il servizio si amplia e quindi i ragazzi decidono di aprire un canale su Telegram dove le persone possono prenotare in autonomia aprendo il menù e scegliendo il prodotto desiderato specificando l’indirizzo di consegna.

Ma, come ci confida Alberto, «ci siamo resi conto che il percorso di crescita è ancora molto lungo». Ecco perché essere selezionati dal programma “Hubble” «è un’opportunità importante che ci supporta con il grant monetario e che ci guida, grazie al network di imprenditori, nella validazione dell’idea imprenditoriale e nel digital marketing, fondamentale per avere visibilità sul mercato».

Alcuni passi avanti sono stati fatti. Squiseat è stata contattata da due grandi industrie alimentari del territorio emiliano per vendere, attraverso il loro servizio, i prodotti in magazzino a scadenza breve che non vengono acquistati dai supermercati ma che sono ancora vendibili. I quattro informatici hanno preso la palla al balzo per progettare, e rafforzare con Hubble, un’accelerazione imprenditoriale per ampliare la clientela dai privati ai ristoranti che acquisterebbero i prodotti in scadenza provenienti dalle industrie perché da loro smaltibili velocemente nella preparazione giornaliera dei piatti.

Quando gli chiediamo perché la loro idea nata in un pub è stata così apprezzata, ci risponde: «perché siamo quattro ragazzi che hanno speso il proprio tempo entrando in contatto con i clienti e con il territorio e capendo quali erano i bisogni». E, soprattutto, c’è la questione della sostenibilità perché Squiseat fa in modo che i prodotti di alta qualità e ancora commestibili non vengano più gettati. Inoltre, ci spiega, «vogliamo andare controcorrente ai servizi a domicilio più conosciuti puntando anche alla sostenibilità lavorativa e quindi scegliendo delle fasce orarie prestabilite, con corse uniche e che permettano ai fattorini di lavorare a orari accettabili e con uno stipendio dignitoso». Infine, riuscendo a coinvolgere le aziende produttrici locali «si potrebbe dare vita a un’economia circolare locale: dai prodotti in scadenza del produttore, ai ristoranti, per arrivare ai clienti». Si abbasserebbe così lo spreco e si creerebbe una rete locale sostenibile nel settore alimentare.

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