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Fare comunità ripartendo dalla terra. Intervista a Giuseppe Savino

“Vai a zappare”: questa è la risposta che si sentiva dare Giuseppe Savino quando proponeva di cambiare qualcosa nel lavoro del padre agricoltore. Oggi è stato invitato in Francia a una delle più importanti fiere agricole del mondo per presentare il suo VàZapp’, un progetto che parte dall’ascolto dei contadini per contribuire a fare innovazione in agricoltura puntando su due concetti chiave: prossimità e comunità.

Innanzitutto, perchè “VàZapp”?

Significa “vai a zappare”. È quella frase che ti di- cono i genitori quando vuoi fare qualcosa di nuovo. Per esempio se dicevo: “Papà, vorrei innovare così…”. Lui rispondeva “Vai a zappare!”. Come a dire “Non capisci niente! Se non lo ha fatto nessuno, perché dovresti farlo tu?”.

Dal posto fisso alla terra, perché ha deciso di stravolgere la sua vita con VàZapp’?

Io sono figlio di contadini, nella prima parte della mia vita ho aiutato molto mio padre. Per molte estati ho raccolto i pomodori insieme ai braccianti. Era un mondo di sacrificio costruito solo sul lavoro. Io vivendo questa esperienza mi sono ripromesso un giorno di dare dignità a questo mondo perché questo sacrificio potesse trovare un riscatto.

Quanto è importante in questo processo raggiungere e insegnare alle nuove generazioni l’importanza della terra?

Fondamentale! Chi coltiva la terra è custode e creatore di una bellezza. Dietro a quella bellezza c’è la mano di un agricoltore, non solo uno che produce salsa e grano, perché il valore di quel prodotto ha un interesse anche a livello culturale. Essere contadino significa anche portare avanti una cultura, un sapere. Noi abbiamo identificato questo scenario con una parola che è “kilometro vero”. Il “kilometro zero” ti dice da dove viene un prodotto, ma non chi lo ha prodotto. Per noi viene prima la persona e le sue esperienza e poi viene il prodotto! Se non si valorizza la persona finiremo per avere i prodotti senza le persone, cosa che sta già accadendo.

L’ascolto sembra essere fondamentale nei suoi progetti, perché è così importante a suo avviso? Come si concretizza nelle azioni VàZapp’?

L’ascolto è una pratica. Ascoltare significa farsi prossimo, significa andare incontro. Io ricordo l’esperienza di mio padre che partecipava a conferenze in un orario scomodo lontano dai campi. Diceva: “Parlano sempre loro, non capisco cosa dicono, ma soprattutto hanno le mani pulite! Cosa possono spiegarmi?”. Noi abbiamo invertito questa tendenza, incontriamo i contadini la sera, unico momento libero, lo facciamo nelle loro case entriamo nell’intimità del contesto e chiediamo di invitare i confinanti. Fare così permette a tutti di arrivare in orario senza fare 30 km per andare in città. Queste sono le “Contadinner”: cene in cui ognuno è chiamato a portare qualcosa da mangiare e durante le quali si instaurano rapporti reali, si condivide la qualità non solo dei prodotti ma soprattutto delle relazioni. Ci siamo accorti che queste persone non si erano mai realmente confrontate in passato. Come puoi quindi finanziare la cooperazione se non c’è una rete di relazioni?

Ha portato VàZàpp’ in giro per l’Europa, che accoglienza ha avuto?

Quello che stiamo facendo a Foggia è un laboratorio in un territorio difficile. Andare nelle case dei contadini crea fiducia, e questo genera una serie di risultati che stiamo studiando scientificamente con l’Università di Foggia. A breve usciranno i primi report. Vogliamo capire come la vita di una persona cambia prima e dopo la Contadinner e vogliamo dimostrare che con questa esperienza non migliora solo la qualità delle relazioni, ma anche le condizioni economiche degli agricoltori. Noi vogliamo esportare modelli che vengono testati nel nostro territorio, renderli utilizzabili da giovani di altri territori. L’Ue ci sta studiando con un progetto che si chiama “Simra”: 20 paesi studiano il modello Contadinner, i risultati li sapremo entro il 2019. Per questo ci hanno invitati alla Fiera dell’agricoltura francese: il nostro approccio risponde a un’esigenza sentita. A livello europeo cosa si può fare? Aumentare la consapevolezza dell’importanza del mondo agricolo. Abbiamo lanciato una petizione perché le mani dei braccianti e dei contadini diventino patrimonio immateriale dell’umanità. Questo per dare valore alle mani dei contadini e dei braccianti come risposta al problema del caporalato. Il caporalato lo vinci solo se valorizzi le mani di coloro che raccolgono. Queste mani trasferiscono sapere e tradizione, che è innovazione. Non sempre serve la tecnologia perché ci sia l’innovazione: un contadino ti sa offrire soluzioni anche senza tecnologia ma con conoscenza. Prima di rappresentare gli agricoltori, però, bisogna presentarli, far capire chi sono, noi facciamo questo. Li andiamo ad ascoltare e speriamo che l’Ue voglia amplificare questo percorso.

Il sito di VàZapp’ si può trovare a questo link https://vazapp.it/

VàZapp’, che significa letteralmente “Vai a zappare”, è il primo format di ascolto dal basso del mondo agricolo nato nella provincia di Foggia. Il progetto unisce una comunità di professionisti, ricercatori, comunicatori, creativi con lo scopo di alimentare un percorso che faccia emergere il settore agricolo e agroalimentare per mezzo dei giovani, crei occupazione, promuova le relazioni sociali quale volano di crescita dei territori. Ascolto e prossimità rappresentano il cuore delle attività di VàZapp’. Fra queste spiccano le “Contadinner”: cene organizzate nelle case degli agricoltori, dove si condividono cibo e competenze, ma si creano soprattutto relazioni di comunità. 20 persone a cena per 20 cene, fino a oggi sono stati coinvolti 400 contadini in questo progetto, che viene già studiato dall’Unione Europea e presentato come caso da studiare alla Fiera dell’agricoltura francese.

 

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