Se la domanda è: “le Fondazioni di origine bancaria sono interessate al sostegno di startup?”, la risposta è: “senz’altro sì”. Ugualmente, se si chiede se in futuro vorranno fare di più, le conferme che arrivano sono oltremodo significative: è orientato in questo senso ben il 70% delle Fondazioni associate ad Acri che hanno risposto all’indagine.
Le Fondazioni di origine bancaria rappresentano, infatti, importanti attori nei processi di creazione di valore in Italia a livello locale, regionale e nazionale, proponendosi come fondamentali propulsori di innovazione e di progettualità, nonché catalizzatori di risorse finalizzate al pubblico interesse e al bene comune. Oggi una delle maggiori e più urgenti sfide per il Paese riguarda la crescita e lo sviluppo di un ecosistema sostenibile di innovazione, determinante per il nostro sistema produttivo e per la creazione di opportunità lavorative, al quale le startup possono ampiamente contribuire. Che cosa, allora, è necessario perché le Fondazioni di origine bancaria rafforzino il loro impegno a supporto delle startup? Lo rivela un’indagine realizzata da Acri, con la collaborazione del Parco Scientifico Galileo e il coordinamento di Silvia Marinella Fontana, dell’Università di Padova, che ha approfondito l’evoluzione del fenomeno delle startup in Italia e ha raccolto informazioni utili sul successo e l’insuccesso nel supporto delle Fondazioni alla sviluppo di nuove imprese innovative, siano esse digitali, industriali, artigianali, sociali, legate al commercio o all’agricoltura, o ad altri settori dell’economia.
Lo studio ha, dunque, definito gli scenari per nuove possibilità per le Fondazioni di accrescere il sostegno alle startup innovative nel pieno rispetto del decreto legislativo n.153 del 1999. Dal canto loro le Fondazioni ritengono fattori importanti: una maggior collaborazione con le università e i centri di ricerca (è molto rilevante per il 57% di quelle che hanno partecipato all’indagine), una maggior collaborazione con gli attori pubblici e privati interessati al supporto di startup innovative (per il 46%), la mappatura delle iniziative in corso da parte di altre Fondazioni (per il 40%). È da notare che le Fondazioni possono supportare iniziative e progetti volti allo sviluppo e all’espansione dell’ecosistema delle startup innovative tramite attività erogativa (es. bandi, competizioni, grant rivolti a soggetti senza scopo di lucro operanti nel settore) e attività extraerogativa (anche nella forma di investimenti mission related) attraverso la partecipazione nel capitale sociale di enti strumentali, di enti non strumentali e/o attraverso la partecipazione a fondi dedicati di Venture Capital, nel rispetto delle norme e in relazione alle disposizioni statutarie definite da ogni singola Fondazione.
A luglio 2018, secondo rilevazioni di InfoCamere, le startup innovative in Italia iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese ai sensi del decreto- legge 179/2012 (cosiddetto Decreto Crescita 2.0) sono 9.399, con un aumento di circa 1.000 unità rispetto a fine dicembre 2017 (8.391 startup) quando queste rappresentavano lo 0,51% delle oltre 1,6 milioni di società di capitali registrati in Italia, con un capitale sociale complessivo di 423 milioni di euro (50.423 euro a impresa). Al 31 marzo 2018 il capitale sociale complessivo delle startup innovative era pari a 499 milioni di euro (+18% di crescita rispetto al trimestre precedente, con un aumento del capitale sociale medio dell’11,3%, a 56.097 euro).
Le rilevazioni di InfoCamere confermano il primato della Lombardia di regione più innovativa in Italia (con 2.286 startup), seguita da Lazio (980), Emilia Romagna (907), Veneto (842), Campania (695). Milano inoltre è la prima provincia per numero di startup in assoluto, seguita da Roma e Torino. Trento e Trieste sono le prime province per incidenza di startup rispetto alle società di capitali (1,5% al 31 dicembre 2017). Un dato interessante sul sistema innovativo regionale, quello del valore dei diritti di brevetto industriale, conferma tale primato, con la Lombardia che, su circa sette miliardi di euro di valore totale di brevetti (dati al 2016), contribuisce da sola a 3,5 miliardi di euro.
Da un punto di vista occupazionale, le startup innovative nel complesso coinvolgono circa 45.300 persone tra soci (34.480) e addetti (10.847). Il valore medio degli addetti per startup risulta stabile, intorno a 3,25, con un valore mediano di almeno due addetti per impresa. Per quanto riguarda i soci, essi in media sono 4,2 per impresa, con una mediana a 3, valori superiori rispetto al complesso delle società di capitali (media 2,53, mediana 2).
Lo studio ha inoltre analizzato il capitale umano delle startup innovative in termini di profilo familiare, di istruzione e professionale di soci e addetti. Secondo lo Startup Survey 2016, realizzato da Mise e Istat, i soci hanno in media 43 anni (età più alta rispetto alle medie europee), hanno conseguito un titolo di studio pari o superiore alla laurea triennale, nel 72,8 % dei casi, per lo più in materie tecnico-ingegneristiche ed economico-manageriali, con una concentrazione molto più alta di soci con master e dottorato tra le startup attive nel comparto Ricerca e Sviluppo. La maggioranza dei soci laureati (88%) svolge mansioni coerenti con il proprio percorso di studi e il 50% di coloro che hanno avuto esperienze professionali prima di fondare una startup (87,1%) svolge nella stessa attività in linea con i precedenti impieghi. La quasi totalità dei soci (96%) conosce almeno un’altra lingua oltre l’italiano (l’inglese, seguito da francese e spagnolo), mentre la metà ha avuto esperienze di studio o lavoro in altri paesi. Per quanto riguarda il profilo degli addetti, questi hanno in media tra i 25 e 34 anni, sono prevalentemente uomini (tre su quattro) con un diploma di scuola superiore ed esperienza nell’ambito professionale tecnologico-ingegneristico. Entrambe le categorie analizzate, quelle di soci e addetti, si caratterizzano per un alto attaccamento territoriale. Altro interessante elemento di analisi che emerge dal rapporto Mise e Istat riguarda la composizione della compagine societaria in riferimento alla presenza femminile nelle imprese innovative, che si caratterizza per parametri sotto performanti rispetto alla media complessiva delle società di capitali; in particolare, le startup innovative con una prevalenza femminile sono il 13,4% rispetto ad un 22,4% delle neo-società di capitali nel complesso e solo il 42,8% delle startup presenta almeno una donna nella compagine societaria rispetto al 47,6% del complesso delle società di capitali.
Per quanto riguarda la distribuzione per settori di attività, il 71,7% delle startup innovative fornisce servizi alle imprese. In particolare, prevalgono le specializzazioni in produzione software e consulenza informatica, attività di R&S, attività dei servizi d’informazione; il 18,8% delle startup opera nei settori dell’industria in senso stretto e il 4% nel commercio.