Ventisette anni dopo la prestigiosa mostra dedicata ai dipinti di Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato, organizzata dalla sua città natale nel 1990, il Comune e la Fondazione Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana hanno deciso di promuovere un nuovo evento espositivo incentrato, questa volta, prevalentemente sui disegni dell’artista. L’opera grafica di questo artista del Seicento, che non è praticamente mai stata esposta in Italia, è estremamente rara: si contano meno di novanta disegni sicuramente attribuibili, dei quali sessantatre appartengono alle collezioni reali inglesi, acquistati direttamente a Roma nel 1768 dal “connoisseur” Richard Dalton per le raccolte di Giorgio III, di cui era il bibliotecario. Ventuno di questi disegni costituiscono, insieme a trentanove olii e dipinti, il corpus centrale della mostra “Devota Bellezza – Il Sassoferrato con i disegni della Collezione Reale Britannica”, allestita nelle sale di Palazzo degli Scalzi a Sassoferrato (An) fino al 5 novembre. Essa si presenta come un percorso ampio, capace di ricostruire la figura del Sassoferrato a tuttotondo, dal disegno al dipinto, dal lapis al pennello. Si articola in due sezioni. La prima curata da Fran?ois Macé de Lépinay, che da vari decenni indaga la produzione pittorica del Salvi. In particolare evidenzia l’importanza accordata dal pittore marchigiano all’esercizio grafico. I fogli illustrati in arrivo dall’Inghilterra sono affiancati alle tele, così da offrire al visitatore l’opportunità di cogliere il collegamento fra lo studio grafico e la realizzazione pittorica. Nella seconda sezione, a cura di Stefano Papetti, sono esposte le opere del Salvi conservate nelle Marche, insieme ad alcune delle sue più impegnative realizzazioni romane, legate alla committenza di casa Aldobrandini. Queste rivelano la capacità dell’artista di ideare composizioni articolate e complesse, senza tuttavia mai deflettere da quella cifra di accuratezza che si riscontra e si apprezza nelle opere di formato ridotto. Arricchiscono la sezione anche due ritratti: quello di Monsignor Prati e quello del Cardinale Ottoboni, che rappresentano fedelmente l’aspetto fisico delle persone senza trascurare di gettare uno sguardo anche alle loro anime. Completa il percorso espositivo la proiezione di un’intervista a Federico Zeri, a cui si deve la riscoperta e il giusto riconoscimento che il Salvi merita, avendo riscattato ed epurato quest’artista dalla connotazione di semplice copista, come spesso è stato catalogato, a «Un vero genio: il grande pittore dell’arte sacra del Cattolicesimo, dal Cinquecento a oggi».
Usciti dal Palazzo si può proseguire la visita nella vicina Chiesa di Santa Chiara, dove si ammirano due dei soggetti più noti del pittore di Sassoferrato: la “Mater Dolorosa” e la “Mater Amabilis”.
Giovanni Battista Salvi (Sassoferrato, 25 agosto 1609 – Roma, 8 agosto 1685) apprese la pratica artistica nella bottega del padre, Tarquinio. Il resto dell’educazione non è documentata, eccetto il suo lavoro presso la bottega del bolognese Domenichino, che a sua volta fu allievo di Annibale Carracci. Pare che abbia trascorso la prima parte della sua vita lavorativa producendo copie multiple, di vario stile, di immagini devozionali per committenti privati. Esistono più di trecento opere del Sassoferrato nei musei del mondo. Appartato rispetto alle correnti più conosciute dell’arte romana del Seicento, ma non sconosciuto fra gli intenditori d’arte dell’Urbe, Salvi cominciò ad avere successo alle soglie del Neoclassicismo. Fu riscoperto dai Nazareni, dai Puristi e dai Preraffaelliti, che nel Sassoferrato vedevano una strada alternativa al fragore del Barocco e al crudo realismo caravaggesco: la rappresentazione di un mondo ideale, pervaso dalla bellezza e dal rigore morale del Classicismo.
La mostra è aperta tutti i giorni con il seguente orario: lunedì 14-19, da martedì a venerdì 10-19, sabato e domenica 10-20. Il biglietto costa 8 euro, ridotto 5.