Alessandro Valignano, visitatore della Compagnia di Gesù nelle Indie orientali, un vero e proprio gigante del Rinascimento, è uno dei personaggi più illustri ai quali Chieti abbia dato i natali. Per questo nel 2011 la Fondazione Chieti-Abruzzo e Molise (ex Fondazione Carichieti), insieme a Pontificia Università Gregoriana, Università di Chieti “G.d’Annunzio” e alla famiglia Valignani, ha dato vita al Centro Internazionale Alessandro Valignano (www.valignano.org), con l’obiettivo di promuovere studi e ricerche su Valignano, favorendo e sviluppando rapporti e scambi culturali con i Paesi dell’Asia orientale e collaborando con altri enti e istituzioni che lavorano sul tema, per valorizzare il pensiero, la figura e l’opera di Alessandro Valignano anche attraverso la pubblicazione di materiali editi e inediti.
Nato a Chieti nel 1539 e morto a Macao nel 1606. Valignano si distinse per l’opera di evangelizzazione in Estremo Oriente, e in particolare in Giappone, fondata sulla sua straordinaria capacità di favorire l’incontro di popoli lontani: egli cercò con costanza e abilità di coniugare, attraverso il modernissimo metodo dell’inculturazione, due mondi profondamente differenti, sviluppatisi per secoli in maniera autonoma.
Il Centro Internazionale Valignano nasce dando continuità agli eventi organizzati nel 2006 in occasione dei 400 anni dalla morte del gesuita. Ha inoltre curato la ristampa anastatica della vita di Valignano scritta dal nipote Ferrante, ha attivato vari corsi di lingua e cultura giapponese e ha donato alla città di Minamishimabara – località in cui approdò il missionario per la prima volta in Giappone nel 1579 e ora gemellata con la città di Chieti – un busto in bronzo di Valignano realizzato dallo scultore L. Primavera.
L’iniziativa più recente del Centro Valignano è la pubblicazione del volume “Dialogo sulla Missione degli ambasciatori giapponesi alla Curia Romana e sulle cose osservate in Europa e durante tutto il viaggio”, traduzione commentata di una delle opere più importanti di Valignano (a cura di Marisa Di Russo, traduzione di Pia Assunta Airoldi, presentazione di Dacia Maraini, Olschki editore, 670 pagg.). L’opera è stata realizzata con il supporto dell’Associazione Noi del G.B.Vico e della Famiglia Angeloni. Il volume è stato presentato lo scorso 17 maggio, presso la Fondazione Chieti-Abruzzo e Molise a Palazzo de’ Mayo, anche sede del Centro Internazionale Alessandro Valignano. Alla presentazione, dopo l’introduzione di Monsignor Bruno Forte, alla quale hanno fatto seguito gli interventi di Pasquale Di Frischia, presidente della Fondazione Chieti-Abruzzo e Molise, e di Stefano Marchionno, presidente dell’Associazione Noi del G.B.Vico, moderati dal giornalista de La Repubblica e profondo conoscitore del mondo giapponese Marco Panara sono intervenuti: i professori dell’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara Irene Fosi e Giovanni Pizzorusso, e dell’ Università degli Studi di Napoli “l’Orientale” Franco Mazzei e Adolfo Tamburello.
L’opera, originariamente scritta in latino e conosciuta anche con il titolo abbreviato De Missione, è il resoconto dettagliato, scritto sotto forma di dialogo, del viaggio in Europa di una delegazione formata da quattro giovani nobili giapponesi, parenti di feudatari legati alle missioni che la Compagnia di Gesù aveva costituito in Giappone, i quali partirono da Nagasaki nel 1582 e fecero ritorno in patria solo nel 1590. Valignano voleva che ci fossero dei testimoni oculari che potessero raccontare in prima persona, una volta tornati in Giappone, delle grandezze della cristianità e sfatare le voci che sostenevano che i Gesuiti erano giunti nel Paese per cercare maggiore fortuna di quanta ne avessero in madrepatria. Il portare i quattro giovani giapponesi, che avevano dai 12 ai 15 anni, assieme ai loro accompagnatori, alla corte del Re di Spagna e del Portogallo, dal Papa e in importanti città italiane aveva anche lo scopo di mostrare ai finanziatori della Compagnia la prova tangibile dei successi delle missioni in Asia. Alessandro Valignano non accompagnò i giovani giapponesi in Europa, ma quando si riunì a loro a Goa in India e esaminò gli appunti che i ragazzi avevano preso durante tutto il viaggio secondo la sua indicazione, decise che, riscritti in latino, potevano essere un utile compendio della storia e dei costumi europei.
Nei progetti di Valignano l’opera doveva essere tradotta in giapponese e diventare un testo fondamentale di conoscenza del Cristianesimo. Ma il Giappone si avviava verso una stagione di ostilità che portò fino alla persecuzione dei cristiani. Sfumata quindi all’epoca questa possibilità, si è dovuto attendere addirittura il 1942 perché fosse tradotta in giapponese, il 1997 per la traduzione in portoghese e per quella inglese il 2012.
Forse perché non venne compreso da subito il messaggio più importante del Visitatore, che è stato quello del riconoscimento e del rispetto delle culture diverse, che bisogna considerare tutte legittime: si può essere diversi senza essere superiori e si può convivere riconoscendosi. Un messaggio estremamente attuale soprattutto visti gli eventi della cronaca attuale, un messaggio che finalmente, 426 anni dopo, può essere letto anche nella traduzione italiana.
Link: www.fondazionechieti.it