Ammontano a oltre 870mila euro le risorse stanziate da AriSla – Fondazione Italiana di Ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica, attraverso la Call for Projects 2016. AriSla nasce nel 2008 dall’intuizione di quattro soci fondatori – Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, Fondazione Cariplo, Fondazione Telethon, Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport onlus – per sostenere, coordinare e promuovere la ricerca scientifica sulla Sla, una malattia della quale oggi non si conoscono ancora le cause e per la quale non vi è cura. Dal 2009 a oggi AriSla ha stanziato 10,6 milioni di euro, supportando 62 progetti realizzati da 260 ricercatori su tutto il territorio nazionale. Gli ultimi progetti sostenuti sono quelli che hanno vinto il bando 2016. Si tratta di 6 progetti che hanno una durata che varia da 12 a 36 mesi e ricevono un contributo che va da 55 a 300mila euro. Tre sono “Full grant”, ovvero progetti che sviluppano ambiti di studio promettenti e fondati su un solido background, e tre “Pilot grant”, ossia studi che hanno l’obiettivo di sperimentare nuove strade di ricerca. I progetti coinvolgono otto nuovi gruppi di lavoro, operativi su Milano, Verona, Padova e Roma.
Due dei progetti finanziati hanno l’obiettivo di verificare il coinvolgimento delle proteine TDP-43 e FUS (associate all’insorgenza della malattia) nell’alterata risposta allo stress dei motoneuroni, che risultano così maggiormente vulnerabili agli “insulti” ossidativi. Altri due progetti di ricerca vogliono sondare nuovi approcci biologici, allo scopo di identificare future terapie per la Sla. Gli ultimi due progetti, infine, metteranno in campo strategie innovative per investigare altri meccanismi alla base della Sla. Il primo intende valutare nuovi approcci farmacologici basati sulla modulazione dell’attività del recettore GPR17, al fine di stimolare la riparazione della guaina mielinica, il rivestimento protettivo dei processi neuronali, e valutare il suo coinvolgimento nella degenerazione legata alla Sla. Il secondo, attraverso l’utilizzo di una tecnica innovativa chiamata optogenetica, che combina tecniche ottiche e genetiche di rilevazione per sondare i circuiti neuronali, cercherà di comprendere i meccanismi che portano all’atrofia muscolare nei casi di Sla.