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Guzzetti: al centro lo sviluppo e la lotta alla povertà

Dopo aver letto il telegramma inviatogli dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente di Acri Giuseppe Guzzetti ha trattato una molteplicità di temi, in merito ai quali seguono alcuni estratti del suo intervento.

La congiuntura economica
Si presenta di complessa lettura. Grandezze congiunturali e parametri di natura più strutturale si posizionano su livelli sensibilmente migliori rispetto alla difficile esperienza degli anni appena passati. Onestamente, però, le aspettative per l’anno in corso erano più positive degli andamenti che vediamo concretizzarsi in questi mesi. Questa conclusione vale per l’insieme dell’economia globale, ma vale soprattutto per il Vecchio Continente, ancora incapace di dare al suo processo di crescita la necessaria brillantezza. L’esito del referendum inglese sulla permanenza nell’Unione Europea rischia di accentuare ulteriormente l’appannamento dello scenario continentale. Non tanto per le possibili ricadute economiche del distacco della Gran Bretagna quanto piuttosto perché una volta di più evidenzia l’insufficiente compattezza europea. Una delle poche istituzioni comunitarie che in questa fase risulta svolgere interamente il proprio compito è la Banca Centrale Europea, che sotto molti aspetti ha dovuto assumere anche un ruolo di supplenza, nella coerenza, tuttavia, con il mandato affidatole dal trattato Ue riguardante il mantenimento della stabilità dei prezzi… Però per cogliere finalmente quella finestra di opportunità alla quale si è riferito di recente il presidente della Bce Mario Draghi, è altresì necessario l’apporto delle politiche economiche e di finanza pubblica dei singoli paesi dell’eurozona. Le banche centrali possono molto, ma non tutto.

L’Europa
Il rilancio della crescita, fondamentale per l’occupazione, richiede una forte ripresa degli investimenti, che a sua volta esige misure nazionali ed europee. A questo proposito, come lo stesso presidente Jean-Claude Juncker ha detto, occorre rafforzare decisamente il piano omonimo, considerati i limitati effetti che quest’ultimo, così com’è, è suscettibile di determinare. Il Vecchio Continente è ancora incapace di dare al suo processo di crescita la necessaria brillantezza. Le istituzioni comunitarie non stanno svolgendo pienamente il loro ruolo. E penso che gli italiani se ne accorgano, visto che dalla nostra indagine risulta che la scomparsa di molto ottimismo in Italia trova la sua ragione nelle difficoltà evidenti in cui si dibatte l’Ue. Gli italiani che hanno fiducia nell’Unione Europea per la prima volta diventano minoritari: sono il 46% contro il 54% di chi non ha fiducia; inoltre quelli che non hanno per niente fiducia (il 27%) sono molti di più di coloro che hanno grande fiducia (il 14%): dal 2009 a oggi coloro che hanno fiducia sono arretrati di ben 23 punti percentuali. Il Presidente della Commissione Europea qualche settimana fa ha detto che il nostro Continente sta vivendo una crisi esistenziale, con sempre più rari momenti di convergenza e in alcuni casi la riscoperta di pericolosi nazionalismi. C’è indubbiamente del vero in questa sintesi. I nodi da sciogliere sono sicuramente molti e particolarmente intricati, ma non dobbiamo scoraggiarci. Tra pochi mesi (marzo prossimo) festeggeremo i sessant’anni del Trattato di Roma… Generosità e capacità di leggere il futuro furono le determinanti di quello storico momento. Sono convinto che anche oggi sia possibile ritrovare un’analoga determinazione per rinfrescare il progetto europeo!

L’Italia
Il nostro Paese comincia a rimettersi in moto: il ritmo di crescita è finalmente tornato positivo, sia pure in misura moderata e quindi decisamente da migliorare. La generalità delle previsioni ci attribuisce anche per il prossimo anno un dinamismo positivo. Si confida che il confronto con la Commissione Europea sulla proposta di Legge di bilancio raggiunga un’opportuna convergenza. Vi è l’esigenza di voltare pagina rispetto alla linea di rigoristica austerità praticata a Bruxelles, senza che ciò debba significare lassismo nel campo della finanza pubblica oppure abbandono della linea delle riforme di struttura, che va accompagnata da contestuali scelte di sostegno della domanda aggregata. Le misure previste per gli investimenti e la competitività, pur nei limiti dell’equilibrio di bilancio, rappresentano un punto importante della proposta di Legge di bilancio per il 2017. In queste settimane è stata riservata grande attenzione ai decimali del tasso di crescita. Questa puntualizzazione è comprensibile, trattandosi di una grandezza intorno all’1% ed essendo questa grandezza essenziale nella costruzione di numerosi rapporti di finanza pubblica. La discussione rischia, però, di far passare in secondo piano un dato importante: la qualità dell’attuale risveglio economico. La ripartenza della nostra economia non è, infatti, “appesa” a un favorevole contesto congiunturale, in cui piuttosto si intravedono zone d’ombra. È, invece, il riflesso di mutamenti profondi intervenuti nella struttura produttiva, dove una crescente quota di imprese sta perseguendo con determinazione l’obiettivo dell’innovazione tecnologica e del rafforzamento patrimoniale. Pur ancora superiore a quanto registrato negli anni di “congiuntura normale”, sta diminuendo la frequenza con cui le imprese entrano in una situazione di difficoltà o, peggio, diventano insolventi. Si sta quindi gradualmente attenuando quella fragilità economico-finanziaria del tessuto imprenditoriale che ha molto acuito nel nostro Paese l’impatto della crisi degli anni scorsi… Una parte della pubblicistica corrente sostiene che l’inaridimento degli investimenti pubblici è responsabilità del nostro Paese, più che l’effetto dei vincoli europei. Ciò sia per il debito pubblico accumulato sia perché i governi italiani si sarebbero sottratti al difficile compito di selezionare, riqualificare e quindi ridurre la spesa pubblica corrente. È indubbio che su questo terreno molto si possa ancora fare, sia per gli importi sia per i benefici alla collettività che questa spesa produce. È però facilmente verificabile che il cosiddetto avanzo primario (cioè il disavanzo pubblico al netto della spesa per interessi) è positivo da molti anni; se si esclude la Germania, nessuno dei grandi paesi europei può vantare un risultato analogo… Ora che gli andamenti di mercato sono migliorati e molte imprese hanno ridotto la loro esposizione debitoria un nuovo ciclo di investimenti potrebbe ripartire. Ma questo avverrà effettivamente solo con un consolidamento di aspettative favorevoli, soprattutto con riferimento al contesto continentale. Senza il traino europeo, le nostre imprese saranno molto caute e i progressi risulteranno inevitabilmente lenti.

Le Banche
L’attenuazione della fragilità economico finanziaria è un’evoluzione favorevole che attendevamo da anni, perché ci fa sperare nel consolidamento della crescita e per i positivi riflessi che può avere per le banche, la cui vulnerabilità recente è riconducibile in misura importante proprio al deterioramento della qualità del portafoglio prestiti alle imprese. Sotto quest’ultimo profilo, per riportare la situazione alla normalità è necessario favorire un’evoluzione positiva su due diversi piani. Il primo riguarda il processo di formazione di nuove situazioni problematiche. La graduale perdita di intensità di questo processo sta avvenendo grazie al combinarsi di tre differenti dinamiche: il miglioramento della congiuntura economica, il rafforzamento patrimoniale avviato dalle imprese, la discesa degli oneri finanziari (che è un riflesso della politica della Banca Centrale Europea). Non meno importante, nell’attuale contesto italiano, è la sistemazione dell’eredità negativa pervenutaci dai molti anni di crisi. Superata la possibilità concreta di un circuito vizioso tra esposizione delle banche e debito sovrano, grazie anche all’apporto delle misure non convenzionali messe in atto dalla Bce, è ancora gravoso sui bilanci delle banche il peso dei crediti deteriorati. È una zavorra che va smaltita con urgenza, con decisione e con misure idonee. Il varo del progetto Atlante, a cui le Fondazioni di origine bancaria hanno dato il loro sostegno con 536 milioni di euro, vuole appunto facilitare l’apertura di una strada effettivamente percorribile per rimuovere i finanziamenti deteriorati che appesantiscono i bilanci degli istituti di credito. Ricordo che senza i 536 milioni conferiti ad Atlante dalle Fondazioni la soglia dei 4 miliardi di euro fissata dalla Bce non sarebbe stata raggiunta. Il contenuto numero di adesioni pervenute rischia di vanificare in larga misura lo scopo per cui Atlante è stato costituito: cioè che Atlante non sia solo (o soprattutto) uno strumento per governare alcune emergenze, quanto piuttosto un intervento ad ampio spettro capace di creare un vero mercato dei Non Performing Loans (Npl) e di alzare così il valore di cessione delle sofferenze da parte delle banche. Dopo aver accompagnato le operazioni di ricapitalizzazioni delle due banche venete, il progetto Atlante si appresta ora a determinare l’attesa svolta nel processo di smaltimento dei crediti deteriorati, intervenendo, però, in un mercato finora ristretto sia nel numero sia nel profilo dei suoi pochi protagonisti, i quali determinano i prezzi delle sofferenze e i volumi degli scambi. Peraltro, l’obiettivo – raggiungibile – è calmare gli isterismi dei mercati azionari, mostrando che lo sblocco della situazione è possibile e non è lontano… Ricordo che a fianco di banche, assicurazioni e Fondazioni di origine bancaria, parte importante nell’iniziativa Atlante è anche la Cassa Depositi e Prestiti, di cui le Fondazioni di origine bancaria sono azioniste di minoranza. La Cdp ha destinato al progetto 750 milioni di euro… Inoltre Cdp, nel novembre scorso, era intervenuta anche nella fase di avvio del Fondo di Risoluzione, concedendo una garanzia sul finanziamento da 1,6 miliardi di euro messo a punto per completare la risoluzione delle quattro banche in difficoltà (Etruria, Marche, Cariferrara e Carichieti). Superata la rigida apposizione di termini per la vendita delle banche in questione, maldestramente voluta dalla Commissione Ue, ora occorre moltiplicare gli sforzi per arrivare a dismissioni che, oltre al prezzo dell’alienazione, tengano conto della stabilità del futuro assetto proprietario e del radicamento nei territori degli istituti interessati. La prosecuzione di un’eccessiva insistenza da parte della Vigilanza unica di Francoforte sulla capitalizzazione del soggetto acquirente o da parte della Commissione Ue sui presunti aiuti di Stato non renderebbe possibile il compimento di un’operazione che, diversamente, potrebbe avere i presupposti di un’accettabile definizione. Il primo test – e auspicabilmente anche l’ultimo – di una procedura di risoluzione non può concludersi negativamente e, comunque, non lo sarà per responsabilità italiana… Gli spazi promessi dal progetto Atlante si combinano con quelli parallelamente resi disponibili dalle importanti innovazioni legislative messe a punto nell’ultimo anno… Ritengo che sarebbe utile ancor più coraggio e affrontare in qualche modo anche la situazione relativa allo sblocco dei crediti deteriorati pregressi. I nuovi istituti normativi, che comunque poggiano sul piano della volontarietà, devono trovare applicazione anche per le sofferenze in essere, derivanti da prestiti contratti con le banche nel passato: si tratterebbe di un’iniziativa che avrebbe importanti riflessi applicativi.

Il risparmio
È la risorsa principe per il futuro del Paese… La tutela del risparmio in tutte le sue forme è cruciale; coinvolge l’operare di autorità e banche, intermediari e associazioni, soggetti pubblici e privati, ognuno per le sue responsabilità. Da questo punto di vista la normativa sul bail-in, se non altro per la parte in cui rende ad essa assoggettabili anche i depositi bancari superiori a 100 mila euro, va rivisitata; almeno vanno tenute presenti esigenze di gradualità, di non retroattività e di definizione di specifici strumenti finanziari, basati su nuove discipline contrattuali, sui quali si eserciti l’azione di partecipazione alle perdite. L’indagine Acri-Ipsos su “Gli italiani e il risparmio” mostra che il tenore di vita degli italiani è in lieve miglioramento, ma …i miglioramenti sono più tenui e più lenti a manifestarsi per l’evidente condizionamento che le dinamiche occupazionali esercitano sugli umori delle famiglie e sulle aspettative. I segnali più recenti provenienti dal mercato del lavoro, peraltro, sono di segno complessivamente favorevole. Anche la disoccupazione giovanile mostra qualche miglioramento, ma si tratta purtroppo solo di timidi segnali rispetto ai livelli prossimi al 40% rilevati ancora pochi mesi fa. Insomma, un’inversione di tendenza sul fronte del lavoro comincia a consolidarsi, ma per riassorbire la pesante eredità degli anni appena trascorsi ci vorrà tempo e soprattutto una più solida ripresa economica… La crisi ha ampliato non poco l’area delle famiglie per le quali il risparmio non è un’opzione effettivamente percorribile, perché i bisogni quotidiani eccedono le poche opportunità di reddito. E in effetti il fenomeno della povertà assoluta è cresciuto sensibilmente fino a coinvolgere oggi in Italia quasi 4,6 milioni di persone, delle quali 1,1 milioni sono minori (rilevazioni Istat). Il Governo ha quindi fatto certamente bene a stanziare nella Legge di stabilità per il 2016 un apposito fondo strutturale: iniziativa che segnala la scelta di un approccio sistematico al problema. Gli incrementi del reddito disponibile degli italiani sono indirizzati prevalentemente al risparmio, che i nostri connazionali considerano utile non solo per le famiglie ma anche per lo sviluppo economico e civile del Paese… Il titolo scelto per la 92ª Giornata è “La cultura del risparmio per la crescita”. La stessa organizzazione di quest’evento, che si ripete ogni anno, mi auguro contribuisca a mantenere la cultura del risparmio nel nostro Paese. E sia le nostre Casse che le Fondazioni coltivano l’educazione finanziaria nelle scuole, come parte integrante dell’educazione civica, utile a rendere i giovani cittadini consapevoli e attivi. Spread, rating, default: il nostro lessico quotidiano è stato invaso da parole che fino a qualche anno fa erano confinate nelle discussioni tra gli addetti ai lavori. I telegiornali e le conversazioni hanno dovuto fare i conti con competenze economico-finanziarie di base, di cui i più erano fino a poco tempo fa completamente digiuni. Ma pochi sono gli italiani che comprendono davvero fino in fondo quello di cui si sta parlando; e le analisi svolte dalla Banca d’Italia rilevano il basso livello di alfabetizzazione finanziaria degli italiani. È necessario coordinare gli sforzi che soggetti pubblici, associazioni, banche e altri intermediari compiono in materia di educazione finanziaria. L’adozione di un misura legislativa potrebbe essere necessaria anche per dare il rilievo dovuto a questa branca dell’istruzione nei programmi delle scuole di ogni ordine e grado. Capire i meccanismi dell’economia, comprendere le offerte del credito, iniziare a pensare a forme di previdenza complementare: tutto questo si traduce in un passaggio cruciale per diventare adulti. E la stella polare di questo processo deve essere a mio avviso l’educazione a una gestione responsabile del risparmio. L’alfabetizzazione, però, non riguarda solo i ragazzi in età scolare, ma anche gli adulti, per i quali occorrerà progettare, in particolare avvalendosi dei mezzi di comunicazione di massa, specifiche forme di coinvolgimento. Il risparmio contiene gli sforzi del passato, la tranquillità del presente, la premessa per progetti futuri: ne sono convinto. Ma il titolo della Giornata di oggi è anche un invito a riflettere sulla valenza positiva del risparmio in un’ottica macroeconomica. I 90- 95 miliardi di euro (a tanto ammonta il risparmio lordo annuo degli italiani) che le nostre famiglie sottraggono a possibili consumi immediati sono un plus importante, che il nostro Paese deve valorizzare. Il risparmio è il primo anello di una catena che diventa virtuosa solo se si trova il modo di convertirlo in investimenti e quindi in possibile crescita economica. Negli anni appena trascorsi questa catena si è dimostrata fragile e purtroppo si è più volte interrotta.

Le Fondazioni di origine bancaria
Sono in campo da tempo per attenuare l’impatto della povertà sulle famiglie, con i loro numerosi progetti di welfare (nel 2015 le erogazioni su questo fronte sono state di 380 milioni di euro, più di un terzo del totale delle nostre erogazioni, che si sono attestate complessivamente a 936,7 milioni). Nell’aprile scorso, però, in aggiunta a quanto già fanno, le nostre Fondazioni hanno lanciato, con il Governo e con il Volontariato, un piano per combattere la povertà educativa minorile. La povertà materiale è spesso causa di povertà educativa e quest’ultima, a sua volta, può originare nuova povertà materiale, in un circolo vizioso che è necessario interrompere. Quella che ci accingiamo a realizzare – sono stati già aperti i primi bandi – è un’iniziativa davvero eccezionale, non solo in termini di dimensioni per quello che sarà l’impegno delle Fondazioni – circa 120 milioni di euro all’anno per tre anni, su cui il Governo ha previsto uno specifico piano di detrazioni fiscali – ma anche per l’originalità della formula, che rappresenta un unicum nel quadro delle partnership pubblico/privato… Inoltre le Fondazioni sono molto attente alla diffusa e giustificata preoccupazione per la capacità di risposta alle diverse emergenze continentali, a cominciare da quella dell’immigrazione. Su questo specifico terreno l’intervento deve essere contemporaneamente solidale, efficiente e lungimirante, ma anche capace di gestire i timori immediati dei cittadini. L’azione politica europea deve ritrovare al riguardo una progettualità nuova, perché questa è la chiave per far arretrare il risveglio di insalubri nazionalismi che intravediamo in numerosi paesi. Dal canto loro, su quest’ultimo fronte, le Fondazioni di origine bancaria, che Acri rappresenta, stanno provando a fare qualcosa. Da un lato realizzano interventi utili a favorire lo sviluppo di alcuni paesi di provenienza dei migranti: a titolo indicativo ricordo “Fondazioni for Africa – Burkina Faso”, un progetto che aiuta a garantire la sicurezza alimentare e il diritto al cibo a 60mila persone in uno dei paesi più poveri al mondo, e il piano “Prima le mamme e i bambini” che, attraverso il sostegno a “Medici con l’Africa Cuamm”, ci consente di favorire in quel continente parti più sicuri. Dall’altro lato, realizziamo interventi di accoglienza sui nostri territori. Sulla crescita della popolazione mondiale nei decenni a venire un impatto particolarmente significativo lo avrà l’andamento demografico nell’Africa sub sahariana, dove è previsto che fra cinquant’anni si passerà dai 962 milioni di abitanti attuali a 2,7 miliardi di persone. Sono, quindi, molti i migranti che potenzialmente potrebbero emigrare verso l’Europa, anche se non si può certo pensare che per essere davvero costruttivi su questo tema basti mettere semplicemente a punto un buon sistema di accoglienza. Al riguardo le Fondazioni hanno messo in campo, insieme ad altre, due importanti iniziative sostenute da più Fondazioni insieme. Una è per contribuire agli sforzi di alcune organizzazioni umanitarie per il soccorso in mare dei migranti e per creare alternativi corridoi umanitari, affinché altre tragedie nel Mediterraneo possano essere evitate. Ricordo che in base ai dati Unhcr aggiornati all’inizio di ottobre, nel corso di questi ultimi tre trimestri in Italia sono arrivati per mare 142.468 migranti (70% uomini, 14% donne e 16% bambini), ma le persone morte o disperse nel Mare Nostrum sono 3.604. L’altro progetto si chiama “Never Alone” e ha l’obiettivo di potenziare e innovare sul territorio italiano le modalità di presa in carico dei minori stranieri non accompagnati, sostenendo con un bando da tre milioni e mezzo di euro progetti basati sulla collaborazione tra organizzazioni del terzo settore ed enti pubblici, in particolare gli Enti locali, impegnati in prima linea. Sappiamo, infatti, che i non accompagnati sono una percentuale molto alta dei minori stranieri che sbarcano sulle nostre coste e che almeno la metà di loro si rende presto irreperibile, con conseguenti rischi, non ultimo il reclutamento nelle fila di organizzazioni criminali o il finire vittime di sfruttamento. E qui sottolineo che parlo di migliaia di giovani irreperibili. “

“Fondazioni” gennaio-febbraio 2017