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Insieme per fare meglio | Luc Tayart de Borms

Intervista a Luc Tayart de Borms, direttore di King Badouin Foundation
per Fondazioni agosto 2019

Luc Tayart de Borms è il direttore di King Baudouin Foundation (KBF); è stato presidente di Efc e ha lavorato nell’ambito delle fondazioni europee ed americane. Nata nel 1976 in occasione del 25° anno di Regno di Re Baldovino del Belgio, la Fondazione KB si occupa di diversi temi a livello nazionale ed europeo. I valori che promuove sono integrità, trasparenza, pluralismo, indipendenza, solidarietà, rispetto della diversità.

Quali sono le sfide che le istituzioni europee dovranno affrontare nei prossimi anni?

Sono molte e diverse fra loro. Noi insieme ad altre fondazioni abbiamo pubblicato un report nel 2017 con un pacchetto di soluzioni per l’Europa (Re-energizing Europe). I temi sono diversi a seconda delle priorità negli stati membri. Il report ha destato interesse sia a livello nazionale che europeo. Abbiamo tante sfide in Europa, sicuramente anche quello della democrazia europea che oggi è messa in discussione da populisti e sovranisti. Se non siamo pronti ad ascoltare le diverse priorità e trovare un compromesso per risolvere insieme i problemi non andremo avanti.

Cosa la rende più orgoglioso del lavoro della King Baudouin Foundation?

Come Fondazione abbiamo una buona reputazione, sia in Belgio che in Europa. Potremmo scegliere solo di mantenere lo status quo o assumerci dei rischi. Noi non dobbiamo andare in Parlamento, non siamo quotati in borsa, quindi abbiamo l’obbligo di assumerci rischi. Un esempio è quello che io chiamo il “premio per il migliore fallimento”. La prima volta l’ho dato a chi aveva detto di non aver avuto nessun fallimento, perché per me non avevano assolto al loro compito di assumersi dei rischi. Un esempio pratico ha a che fare con le famiglie degli uomini che avevano commesso gli attentati di Bruxelles. Alcune di loro erano vittime inconsapevoli. Tutti, dai media ai politici, avevano riconosciuto che si dovesse fare qualcosa. Solo noi lo abbiamo fatto, finanziando associazioni e organizzazioni che lavoravano con quelle famiglie. Era un rischio calcolato: se ci avessero detto che finanziavamo terroristi, avremmo risposto che tutti erano giunti alle stesse conclusioni. Quelle famiglie andavano aiutate e serviva un’attività di prevenzione: noi ci siamo presi la responsabilità di farlo.

Cosa possono fare le fondazioni per creare società più coese ed inclusive?

Credo che come fondazioni dobbiamo essere ambiziosi ma non pretenziosi. Tutti contribuiamo al cambiamento. Non esiste una soluzione unica a nessun problema sociale. Allo stesso modo non è possibile pensare di usare un solo strumento. Molte fondazioni contribuiscono economicamente ma non basta per raggiungere il cambiamento. È fondamentale unirsi ad altre realtà. Noi per esempio, insieme ad altre fondazioni europee, abbiamo creato Civitates, perchè su alcuni temi, come l’immigrazione, devi lavorare a livello europeo. Per questo Civitates è importante: porta un buon esempio di unità e a livello pratico una delle più visibili riguarda le Ong che invece di preparare 15 diverse applicazioni possono riferirsi ad un’unica entità, questo rende tutto più semplice.

Quali progetti avete in mente per il futuro?

Stiamo ragionando sulla condivisione di dati e sull’intelligenza artificiale. Oggi nella filantropia puoi donare soldi e tempo, ma nel futuro potrai anche condividere i tuoi dati. La digitalizzazione sta entrando nella vita di tutti i giorni, bisogna prepararsi a questo tipo di rivoluzioni che sono già in atto o si creeranno maggiori disuguaglianze.

Dalla rivista Fondazioni: luglio – agosto 2019