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Felsina sempre pittrice

Sono una trentina le nuove acquisizioni d’arte che la Fondazione Carisbo ha effettuato negli ultimi due anni. Tutte opere ascrivibili alla pittura emiliana tra Cinque e Settecento, alcune delle quali recuperate in aste internazionali dopo anni di oscurità. È un intervento, quello della Fondazione, che intende da un lato ridare vita alla conoscenza della storia restituendo al loro contesto opere disperse, dall’altro stimolare la conoscenza della qualità della pittura indipendentemente dalla celebrità delle firme. Così fino al 27 novembre, a Casa Saraceni, sede della Fondazione, in via Farini 15 a Bologna, questi dipinti si potranno ammirare nella mostra “Felsina sempre pittrice. Acquisizioni d’arte e donazioni 2014-2016” a cura di Angelo Mazza, conservatore delle Raccolte d’arte della Carisbo. Tra i quadri più significativi presentati dalla Fondazione c’è il “Ritratto di Ippolita Lambertini Gozzadini” (1610 circa; nella foto) eseguito da Alessandro Tiarini: un’opera significativa per la storia del costume, per la personalità dell’effigiata (appartenente a una delle più influenti famiglie senatorie bolognesi) e per la parentela con papa Lambertini. Questo quadro, scomparso nel 1906 al momento della vendita della collezione Gozzadini, sembrava irrimediabilmente perduto. È invece ricomparso nel 2015 a Vienna durante un’asta, dove è stato prontamente riconosciuto e acquistato. Anche il dipinto “Rebecca ed Eleazaro al pozzo” (1730-1735) di Ercole Graziani si può considerare un ritrovamento inaspettato: è stato infatti riscoperto in una galleria privata parigina, dove era stato impropriamente attribuito al pittore Francesco Fernandi detto l’Imperiali. Anche in questo caso, l’intervento degli esperti della Fondazione ha permesso di restituire il dipinto alla sua città. Di grande interesse è anche la tela di Gian Domenico Ferretti con l’“Incoronazione della Madonna Immacolata” (1727); le indagini effettuate dopo il ritrovamento sembrano confermare la sua identificazione con l’Immacolata che, ancora nel 1816, si trovava nella cappella del Palazzo Vescovile di Imola.