Salvaguardare l’ambiente è un tema sempre d’attualità. Eppure ogni giorno i nostri comportamenti hanno un impatto su di esso, per lo più negativo, senza che ne abbiamo contezza adeguata. Prendere coscienza di ciò e abituarsi a tenerne conto nelle piccole azioni quotidiane, come nelle grandi scelte, è questione di priorità e di forma mentis. La prima dovrebbe essere indiscutibile per chiunque, se è vero, come è vero, quel che ha già più volte ripetuto Papa Francesco: «Dio perdona sempre, noi – gli uomini – perdoniamo alcune volte, la natura non perdona mai. E se tu la prendi a schiaffi, lei lo fa a sua volta». Per quanto riguarda la forma mentis, acquisirla non è cosa immediata: bisogna costruirla giorno per giorno, fin da bambini. Giunge, dunque, opportuna la scelta di portare fra i banchi di scuola, fin dal prossimo anno, l’educazione ambientale come parte integrante dell’insegnamento di materie quali geografia, scienza, arte, ma capace di dare nuovo senso anche ad altre: dall’economia alla fisica, alla chimica (verde e non). Dalla scuola dell’infanzia sino alla secondaria superiore dal 2016 a scuola si tratteranno, perciò, temi che vanno dal riciclo dei rifiuti alla tutela del mare e del territorio, dalla biodiversità all’alimentazione sostenibile. Ciò grazie a un impianto scritto a quattro mani dal Ministero dell’Ambiente e quello dell’Istruzione per darne applicazione nei vari gradi scolastici.
Le Fondazioni di origine bancaria, che alla Protezione e qualità ambientale destinano circa il 2% delle loro erogazioni annuali, già da tempo scelgono come una delle linee principali d’intervento nel settore proprio l’educazione ambientale. E il 25 marzo scorso hanno partecipato numerose a un seminario sul tema organizzato dalla Commissione Ambiente dell’Acri, presieduta da Luciano Barsotti, in cui sono state analizzate alcune iniziative e progettualità in campo scolastico anche di soggetti terzi, come il Fai e il Wwf, mettendo a disposizione dei partecipanti svariati spunti di riflessione. Fra questi, quelli proposti da Michela Mayer, esperta sui temi dell’educazione alla sostenibilità e membro del Comitato Scientifico per il Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile della Commissione Italiana Unesco, che ha svolto la relazione introduttiva.
Cuore dell’intervento della Mayer è l’educazione ambientale come apprendimento sociale. Il che vuol dire continuo, diffuso e trasformativo, affinché la società sia sostenibile, cioè capace di evolversi in funzione dell’evoluzione del contesto: dai nuovi bisogni che emergono alla disponibilità di nuovi concetti, visioni e strumenti. Dunque un’attenzione all’ambiente circostante che sia al contempo azione, cioè capace di determinare, e prendere orgogliosa coscienza, dell’impatto positivo dei nostri cambiamenti virtuosi. «Una buona EducAzione – ha detto Mayer – non pretende di essere neutra, ma riconosce i valori impliciti in ogni azione, e in ogni non azione, e propone esplicitamente i valori della cura e del rispetto per gli altri e per il Pianeta». Però, per vincere la sfida di arrivare a fare dei nostri ragazzi dei “nativi ambientali” nessuno basta da solo. È necessario coinvolgere le istituzioni nel loro insieme, la comunità entro la quale la scuola si muove, le imprese, le associazioni, le fondazioni; in modo da determinare una revisione profonda non solo nei contenuti ma anche nelle modalità di insegnamento, caratterizzate da trasversalità di progetto e collaborazione nell’insegnamento. Negli articoli a seguire, qualche esempio.