Dalle piae causae del diritto romano alle moderne organizzazioni filantropiche, dalle fondazioni civili a quelle di origine bancaria, di impresa e di comunità, nel volume “Le Fondazioni. Il motore finanziario del terzo settore” (Il Mulino; 9,80 euro) Gian Paolo Bar betta racconta come nascono e che cosa sono le fondazioni, fornendone un quadro organico ed esaustivo. È subito chiaro che esse si configurano come istituzioni antiche e moderne allo stesso tempo: antiche non solo per le origini romane, ma perché alcune di esse vantano de cenni e a volte secoli di vita; moderne perché sono istituzioni capaci di affrontare i problemi sociali di oggi attraverso iniziative filantropiche finalizzate al bene comune, ancor più essenziali là dove il welfare pubblico non è più in grado di dare da solo risposte a bisogni vecchi e nuovi. Le fondazioni, dunque, soprattutto dagli anni Novanta in poi, sono state “riscoperte”, proprio perché adatte ad affrontare i problemi della società contemporanea, dimostrandosi capaci di sperimentare nuovi modelli che favoriscono la collaborazione tra attori diversi del territorio. Alle Fondazioni di origine bancaria Barbetta dedica un intero capitolo, delineandone l’origine “da banche a fondazioni”, le trasformazioni “dalla nascita per caso al mestiere della fondazione” fino a individuare quali “ruoli possibili”. Secondo l’autore esse dovrebbero avere il compito di sperimentare e sostenere l’innovazione sociale: un ruolo che né le amministrazioni pubbliche né il mercato possono assolvere agevolmente. «La conoscenza prodotta viene poi condivisa con i policy makers (pubblici o privati) – afferma l’autore – cui spetta la diffusione su scala universale delle innovazioni che hanno mostrato la propria efficacia». Ecco che allora la sussidiarietà, che rappresenta il nodo fondamentale nel sistema di welfare moderno, non si traduce solo nel sostegno economico da parte delle Fondazioni alle amministrazioni pubbliche o al terzo settore, ma assegna ad esse un ruolo cruciale per la produzione delle “policy”. «Se le Fondazioni di origine bancaria si eserciteranno sempre più in questo ruolo – sostiene Barbetta – e se a questo le solleciteranno le amministrazioni pubbliche e del terzo settore (anziché limitarsi a chiedere loro di tappare qualche falla nei finanziamenti), il sistema di welfare italiano potrà agevolmente aumentare il proprio tasso di pragmatismo e, di conseguenza, di efficacia».