L’Unione Europea è un partenariato economico e politico tra 28 Paesi che coprono buona parte del Vecchio continente: Paesi che, con poco più dell’1% del proprio Pil, contribuiscono a formare il suo intero bilancio. Questo è un dato noto; ma non tutti sanno che ben il 95% della programmazione finanziaria dell’Ue è destinato a fondi che in maniera diretta o tramite le amministrazioni nazionali e locali tornano agli Stati membri. Ci si potrebbe allora chiedere: che senso ha questo circolar di risorse dai singoli Stati all’Unione e di nuovo agli Stati membri? La risposta è semplice, a patto però di entrare nello spirito e nei meccanismi di questo processo. Centrale nella strategia europea è l’obiettivo di coesione tra le aree più avanzate e quelle meno sviluppate del Unione, ma al contempo si ambisce a una crescita complessiva di tutta l’area. La metodologia di attribuzione delle risorse è, dunque, duplice. Da un lato ci sono i programmi a gestione diretta, le cui risorse vengono assegnate direttamente dalla Commissione, tramite il rapporto tra le proprie Direzioni o Agenzie e i beneficiari finali (che possono essere sia pubbliche amministrazioni che privati), i cui progetti competono tutti sulle medesime risorse, in base a parametri di merito, senza plafond prederminati da destinare ai singoli Stati. Dall’altro ci sono i programmi a gestione indiretta, ovvero amministrati dai singoli Stati e dalle Regioni, che hanno un più stringente obiettivo di coesione e per i quali sono indicate preventivamente quote da assegnare ai singoli Paesi, peraltro solo se i progetti presentati sono adeguati e cofinanziati dal Paese di riferimento, in un’ottica di partenariato utile a un’autentica condivisione di responsabilità e di obiettivi, fra Ue e Stati aderenti, e funzionale a una mobilitazione importante di risorse per il sostegno a percorsi di crescita, grazie all’effetto leva dei fondi comunitari.Ma crescita in quali campi? Nel 2010, il Consiglio Europeo ha adottato la Strategia Europa 2020, che costituisce il quadro politico di questo decennio, all’interno del quale si declina anche la programmazione finanziaria per il periodo 2014-2020, con la quale si punta a migliorare l’utilizzo delle risorse non solo attraverso la semplificazione degli strumenti di finanziamento e la definizione di procedure più snelle ed efficienti, ma anche ponendo una maggiore attenzione sui risultati. Europa 2020 vuol condurre l’Unione verso una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Questo puntando sulla ricerca e l’innovazione, la tutela dell’ambiente e l’utilizzo di fonti energetiche alternative, il rafforzamento delle imprese, l’aumento di efficacia ed efficienza della pubblica amministrazione, l’occupazione, l’istruzione, la riduzione della povertà e delle diseguaglianze e, per la prima volta, con il programma Cosme, l’autoimprenditorialità. Insomma, sia che si tratti di risorse direttamente erogate dall’Unione sia che parliamo dei programmi indiretti, finanziati con i cosiddetti fondi strutturali, le linee portanti dell’intera programmazione finanziaria Ue per i prossimi anni sono queste. E per il periodo 2014-2020 essa ammonta a circa 960 miliardi di euro. In questi anni del terzo millennio l’Italia ha sempre partecipato alla programmazione come contributore netto: cioè le risorse che fornisce all’Unione sono superiori a quelle che ne riceve. Questo non solo perché nell’Unione Europea sono entrati Paesi che necessitano di un maggior sostegno allo sviluppo rispetto al nostro e agli altri Stati più avanzati, ma anche perché, come sottolinea il Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea Lucio Battistotti, «l’Italia nel suo complesso è riuscita a migliorare la sua performance ma permangono alcune criticità croniche, in primis la scarsa capacità amministrativa che si ripercuote sulla qualità della selezione e della gestione dei progetti. Questo è soprattutto il caso della Politica di coesione». Battistotti fa altresì notare che «questo trend per i fondi strutturali si è invertito, grazie agli sforzi degli ultimi governi e il sostegno della Commissione. Il risultato è stato che l’Italia ha registrato il più alto livello di investimenti sul periodo di programmazione, ricevendo anche i complimenti del Commissario responsabile Johannes Hahn. Tuttavia – segnala – questo lavoro deve continuare con un impegno costante, poiché dei fondi ottenuti nell’ambito della programmazione 2007-2013 l’Italia deve ancora spenderne poco meno del 50% (circa 14 miliardi di euro per la sola quota comunitaria) e ha due anni per farlo. Quanto ai programmi a gestione diretta, c’è da segnalare che l’Italia ha registrato dei buoni risultati, specie per quanto riguarda la ricerca e l’innovazione. Continuare su questa strada, puntando sempre di più a un approccio disistema, potrebbe contribuire a una maggior capacità di intercettare anche queste risorse e, in definitiva, migliorare la situazione di contribuente netto dell’Italia» conclude Battistotti. E in questo, aggiungiamo noi, un ruolo importante potranno avere anche le organizzazioni del terzo settore, in primis le Fondazioni di origine bancaria. Il tema dei fondi europei è, dunque, “caldo”; ed anche in ambito Acri se ne è parlato, il 4 febbraio scorso, in occasione dell’incontro annuale riservato ai Direttori/Segretari Generali delle Fondazioni associate, che ha fornito ai partecipanti un quadro generale sugli obiettivi della programmazione comunitaria 2014-2020 e una panoramica degli strumenti, delle procedure e dei criteri di ammissione e valutazione che governano i processi erogativi dei fondi comunitari, con riferimento specifico ai soggetti non profit. All’incontro, nel corso del quale sono state presentate alcune esperienze realizzate dalle Fondazioni in cofinanziamento con le risorse comunitarie (ne diamo conto nella pagina a fianco), hanno partecipato, fra gli altri, Carlo Trigilia, allora in carica quale Ministro per la Coesione Territoriale, Pasquale D’Alessandro, della Direzione generale per le Politiche regionali e urbane della Commissione Europea, Giampiero Marchesi, Direttore generale del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica presso il Ministero dello Sviluppo, che ha sottolineato la particolare rilevanza del terzo settore nell’Accordo di partenariato per la politica di coesione economica e sociale. Per le politiche di coesione, nella programmazione 2014-2020 all’Italia sono stati destinati circa 32 miliardi di euro, a valere sui Fondi strutturali: FESR – Fondo europeo di sviluppo regionale, FSE – Fondo sociale europeo, Fondo di coesione (un fondo destinato a cofinanziare i grandi progetti infrastrutturali solo per i Paesi con un Pil medio pro capite inferiore al 90% della media, peraltro solo a condizione che lo Stato membro beneficiario non presenti un deficit pubblico superiore al 3% del Pil). Altri Fondi strutturali, in aggiunta a quelli già citati, sono il FEASR – Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, dotati di budget ulteriori. Ai Fondi strutturali si aggiungono quelli per i programmi a gestione diretta, che sono molteplici e danno particolare attenzione all’istruzione, alla formazione, alla ricerca, all’innovazione, all’ambiente, alla cultura: da qui i programmi Erasmus Plus, Orizzonte 2020, Europa Creati va, Life, Cosme e Cef (per le grandi infrastrutture trans europee finalizzate a trasporti, energia e banda larga). La strategia europea per il periodo 2014-2020 indica per i Fondi strutturali 11 grandi aree di intervento (c.d. Obiettivi tematici nel regolamento comunitario). In questo quadro, la strategia italiana emersa finora (l’Accordo di Partenariato deve essere inviato in via formale all’Ue entro il prossimo 22 aprile) mostra scelte orientate a concentrare le risorse in pochi obiettivi strategici di tipo strutturale: innovazione, digitalizzazione, internazionalizzazione, valorizzazione dei beni culturali e ambientali, qualità dell’istruzione e del capitale umano, lotta alla povertà. Ciò al fine di ridurre la frammentazione che limita l’impatto complessivo degli interventi. L’uso più efficiente e più efficace dei fondi del prossimo ciclo dovrà, inoltre, contribuire al superamento del tradizionale divario economico e sociale tra il Nord e il Sud del Paese, aggravatosi con la pesante crisi degli ultimi anni. Per porre rimedio alle debolezze progettuali, organizzative e amministrative che hanno connotato i cicli di programmazione precedenti è stata istituita l’Agenzia per la Coesione Territoriale, l’organismo che dovrà svolgere in modo sistematico e organico funzioni di monitoraggio e di controllo dell’impiego dei fondi da parte delle Autorità di gestione dei fondi europei, centrali o regionali, e di supporto, accompagnamento e assistenza alle stesse Autorità. Come già accennato, in base a quanto comunicato dalla Commissione Europea all’Italia circa gli esiti del negoziato sul Quadro Finanziario Pluriennale per il 2014-2020, l’Italia beneficerà di un totale di risorse comunitarie, a prezzi correnti, pari a 32.255 milioni di euro (incluse le risorse destinate alla cooperazione territoriale per 1.137 milioni) a cui devono aggiungersi le risorse per il fondo per gli indigenti per 670 milioni e le risorse per l’iniziativa occupazione giovanile (YEI) per 567 milioni di euro. A seguito della compensazione operata dall’Italia in favore delle regioni in transizione che risultavano penalizzate rispetto alle assegnazioni del ciclo di programmazione 2007-2013, le risorse per le “Regioni meno sviluppate” (quelle che hanno un Pil pro capite inferiore al 75% della media comunitaria; sono le cinque regioni del Sud) sono pari a 22,2 miliardi di euro; quelle per le “Regioni in transizione” (con un Pil pro capite compreso tra il 75% e il 90% della media comunitaria; sono l’Abruzzo, il Molise e la Sardegna) si attestano a 1,3 miliardi; quelle per le “Regioni più sviluppate” (con un Pil pro capite superiore al 90% della media comunitaria) raggiungono i 7,6 miliardi. Alla quota Ue si aggiungerà il cofinanziamento nazionale a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987, quantificato (Legge di Stabilità per il 2014) nella misura di 24 miliardi di euro, nonché la quota di cofinanziamento di fonte regionale da destinare ai POR – Programmi Operativi Regionali (quantificabile in una cifra pari al 30% del cofinanziamento complessivo del programma). Il cofinanziamento consentirà, in pratica, di raddoppiare il volume di risorse assegnato dalla Commissione Europea. Alle risorse sopra accennate si aggiungeranno anche quelle del Fondo Sviluppo e Coesione, il cui rifinanziamento per il periodo 2014-2020 è previsto nel disegno di Legge di Stabilità per il 2014 per un importo complessivo di circa 54,8 miliardi di euro nel settennio di programmazione.