Forse non tutti sanno che maiolica, parola che indica una produzione di manufatti che spesso è stata, ed è tuttora, vanto di diverse località italiane, deriva da Maiorca. Maiolica, infatti, è il nome assunto dalle terrecotte invetriate con vernice piombifera o smalto stannifero quando tra il XII e il XIII secolo il loro traffico commerciale dall’oriente verso l’Italia trovò nell’isola di Maiorca uno dei porti più attivi. Da allora la sua produzione è fiorita attraverso i secoli, facendosi a volte supporto tramite il quale hanno espresso la propria creatività dei veri e propri artisti. Senz’altro lo fu Giuseppe Magni (Gubbio 1819 – 1917), alle cui opere la Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia dedica un’ampia sezione della mostra curata da Ettore Sannipoli dal titolo “Giuseppe Magni e la maiolica italiana dello Storicismo”, inaugurata al Palazzo Ducale di Gubbio lo scorso 24 novembre e aperta fino al 20 maggio. Si tratta di 64 opere tra piatti, targhe, anfore e vasi, tutte espressione dell’arte maiolica dell’Ottocento, tratte da diverse collezioni pubbliche e private; 32 sono i pezzi firmati da Magni, provenienti in parte dalla sua collezione personale di recente acquistata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia.
Orefice, decoratore e miniaturista Magni ha lasciato una grande produzione e una vera e propria scuola che, nel corso del Novecento e praticamente sino ai nostri giorni, è stata proseguita da molti altri valenti artisti nati e operanti sul territorio eugubino. Voluto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e organizzato insieme dal Polo Museale dell’Umbria, dalla Fondazione CariPerugia Arte e dall’Associazione Maggio Eugubino, con il patrocinio del Comune di Gubbio, il percorso espositivo offre una panoramica completa sulla ceramica italiana dello Storicismo, contesto culturale nell’ambito del quale Magni operava e di cui era uno dei massimi rappresentanti. Lo Storicismo è una fase particolarmente significativa della storia della ceramica, che, nella seconda metà dell’Ottocento, vide pittori, ornatisti e decoratori spingersi, in una sorta di pellegrinaggio artistico, verso le città che vantavano un’antica tradizione nella maiolica, con l’obiettivo di rinverdirne i fasti e di riconquistare il mestiere perduto. I nomi bastavano da soli a suscitare immagini esaltanti: Faenza, Urbino, Deruta, Montelupo, Venezia, Firenze, Casteldurante, Pesaro, Castelli, Savona, Gubbio e così via.
Il percorso espositivo si compone di piatti e targhe i cui soggetti principali sono i modelli celebri dell’arte italiana dal Quattrocento all’Ottocento, con speciale predilezione per opere di estrazione classicistica. Accanto alle sacre raffigurazioni, compaiono soggetti mitologici, allegorici, storicistici e d’ispirazione letteraria. Non mancano riferimenti municipalistici, ritratti di personaggi illustri e quant’altro. Personalissima e di notevole effetto è poi la scelta dei motivi ornamentali dei piatti e delle targhe, sempre diversi e di grande ricchezza decorativa: da quelli d’impostazione classicheggiante ad altri con arabeschi, motivi fitomorfi e geometrici, medaglioni, nastri svolazzanti. Tra i lavori più significativi ci sono i piatti con “Laura del Petrarca” (la cui immagine è stata scelta come emblema della mostra), con la “Madonna del Belvedere” (foto al centro) e con la “Sacra Famiglia”. Per quanto riguarda le opere non firmate da Magni, la scelta del curatore ha interessato la produzione dei principali opifici storicistici attivi nell’Italia mediana, tra i quali la manifattura Ginori di Doccia, la fabbrica Cantagalli di Firenze, la società Achille Farina di Faenza, le Ceramiche Artistiche Molaroni di Pesaro, le ceramiche Pio Fabri di Roma, la fabbrica Angelo Minghetti di Bologna.
E di maioliche di Minghetti un’ampia esposizione se ne ha a Bologna, dove a Casa Saraceni (via Farini, 15) fino al 2 aprile è aperta la mostra “Le maioliche Minghetti del duca di Montpensier per palazzo Caprara. Il ritorno di un trionfale servizio da tavola” a cura di Angelo Mazza, conservatore delle Raccolte d’Arte della Fondazione Carisbo. I visitatori possono apprezzare 381 maioliche, parte di un trionfale servizio da tavola composto in origine di 900 pezzi appartenente alla collezione di maioliche della manifattura Minghetti acquisita dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna nel 2016 e definita “una delle realizzazioni più significative e rilevanti della produzione ceramica italiana del XIX secolo”.