In occasione della prossima Giornata Mondiale dell’Alzheimer, il prossimo 21 settembre, all’interno dell’ottocentesca Villa Boffo a Biella, sarà inaugurato il centro “Mente Locale”, una struttura innovativa dedicata alle persone con decadimento cognitivo, Alzheimer o altre patologie neurodegenerative, nonché alle loro famiglie. Sarà un importante punto di riferimento per i circa 4mila biellesi che, secondo le stime della locale sezione dell’Aima – Associazione Italiana Malattia di Alzheimer, sono affetti da varie forme di demenza. «La Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, che ha messo a disposizione l’immobile per la creazione di questo centro – spiega Franco Ferraris, presidente dell’ente –, ha così voluto compiere un’azione forte per portare un aiuto concreto alle famiglie colpite da malattie neurodegenerative, in primis l’Alzheimer, che purtroppo è sempre più frequente».
Non è un caso che Mente Locale sorga a Biella. Qui, dal 2013, è attivo il “Centro della Memoria”, una struttura ambulatoriale all’avanguardia nel nostro Paese nell’affrontare la demenza, che oggi ha in carico più di 1.500 malati. Il Centro garantisce ai malati di demenza una diagnosi precoce e la continuità delle cure. Il modo di affrontare la malattia non è, però, di tipo esclusivamente sanitario, ma è fondato soprattutto sull’autodeterminazione dei malati e su una ricca offerta di attività ludiche e di socializzazione. Proprio questo approccio “integrato” ha fatto nascere l’idea di affiancare al Centro uno spazio di incontro, organizzato come circolo culturale per offrire assistenza e sostegno alle persone con demenza in fase lieve o moderata e ai loro famigliari. Mente Locale è un luogo dove i malati possono decidere le loro attività, incontrarsi e stare insieme, conoscere meglio la loro malattia per saperla affrontare, partecipare alle terapie non farmacologiche programmate. A Mente Locale non verranno somministrati farmaci, ma solo tantissime attività: laboratori d’arte, cinema, musica, yoga, pilates, passeggiate nella natura, visite guidate. Questo approccio – già sperimentato in Olanda nel corso degli anni Novanta – migliora la qualità della vita dei malati e implica notevoli benefici per la collettività: ritarda l’esordio grave della demenza, previene i disturbi del comportamento e la depressione (che sono la principale problematica sociale della malattia) rinviando il collocamento in strutture residenziali. Inoltre i famigliari risultano meno sovraccarichi di ansie e di fatiche rispetto a quelli degli assistiti che utilizzano esclusivamente le cure domiciliari.
“Fondazioni” gennaio-febbraio 2017