Chi non conosce la tradizione dei pupi siciliani, a cui la famiglia Cuticchio ha dato, a partire dall’Ottocento, dignità di vera e propria arte, non solo in termini di racconto teatrale, quanto come manufatti, spesso unici e sempre rari? Senz’altro pochi, sia in Italia sia all’estero. E come oggetti d’arte sono accolti oggi, in un spazio a essi dedicato presso un’ala del Monte dei Pegni di Santa Rosalia a Palazzo Branciforte di Palermo, dalla Fondazione Sicilia, che ne ha acquistata l’intera collezione storica.
Centonove pupi, trentanove scene teatrali, nove cartelloni pubblicitari e due piani a cilindro: questa la collezione che ripercorre la storia del Teatro dei Pupi della Famiglia Cuticchio, con pezzi che vanno dal 1830 al 1960.
«Raccogliamo le testimonianze di un’arte, quella dell’Opera dei Pupi, dichiarata dall’Unesco patrimonio orale e immateriale dell’umanità», così il Presidente della Fondazione Sicilia, professor Giovanni Puglisi, che aggiunge: «La Fondazione ha acquistato la collezione di Giacomo Cuticchio con l’intento di nutrire l’attenzione per questo particolare teatro di figura, che unisce una comunicazione semplice e immediata alla complessa lavorazione artigianale di maschere e marionette, fondali e canovacci. Con questa ulteriore collezione – prosegue Puglisi – si aggiunge un’altra tessera a quel mosaico di storia e tradizione che è Palazzo Branciforte, nelle cui sale sono esposte le collezioni di archeologia e numismatica, filatelia e maioliche della Fondazione Sicilia, insieme alla raccolta di bronzi, alla grande biblioteca e ai preziosi libri del Grand Tour».
L’allestimento è stato curato direttamente dal maestro Mimmo Cuticchio, figlio maggiore di Giacomo, “oprante puparo” e contastorie. All’allestimento hanno anche collaborato Nino Cuticchio, Tania Giordano e Rosario Mangiapane.
«Sono trascorsi trent’anni dalla morte di mio padre e due dalla scomparsa di mia madre – dichiara Mimmo Cuticchio –. Così, d’accordo con i miei fratelli, si è deciso di portare a Palazzo Branciforte i pupi e il resto dei materiali rimasti nel Teatro Ippogrifo di vicolo Ragusi. In tal modo, pensiamo di traghettare la memoria della loro esperienza, del loro “mestiere”, da un secolo a un altro. Quello che più di ogni altra cosa mi conforta – precisa Cuticchio – è il fatto che Palazzo Branciforte si trova a soli cento metri dal mio teatro dei pupi: siamo nella stessa via e quindi, in fin dei conti, la separazione non c’è».