Skip to main content

Il Rapporto Antigone

Antigone è un osservatorio autorizzato a visitare tutti gli istituti di pena italiani per adulti e per minori. È nato nel 1998 e ogni anno visita le carceri per raccontare all’esterno i risultati del proprio monitoraggio. Il suo ultimo Rapporto fornisce molti elementi e segnala che al 28 febbraio 2015 i detenuti in Italia sono 53.982 (i detenuti nelle carceri europee sono 1 milione 737 mila) con un tasso di sovraffollamento rispetto ai posti letto valutato intorno al 118%.

La percentuale di stranieri è del 32%: 11 punti in più rispetto al dato europeo, ma gli immigrati sono puniti per reati meno gravi rispetto agli italiani. In questo quadro un ruolo sempre più importante potrebbero avere le misure alternative al carcere, anche in funzione del successivo reinserimento sociale. Dal 1992 al 2005 il totale annuo dei beneficiari di tali misure è progressivamente aumentato, sino quasi a raggiungere il numero di detenuti nei medesimi anni, ma questa crescita si è arrestata con l’approvazione della L. 251/2005 (Legge ex Cirielli), che limita fortemente l’accesso alle misure alternative per i recidivi. Aumentano invece le detenzioni domiciliari.

Intanto la spesa per il sistema carcerario cresce: dai 124 euro al giorno per detenuto del 2005, si è arrivati nel 2014 a 150 euro, contro i 133 euro della Francia e i circa 49 della Spagna; l’82,9% riguarda gli stipendi per il personale. Se i detenuti lavorano contribuiscono al proprio mantenimento in carcere, perché parte della retribuzione viene trattenuta dall’Amministrazione penitenziaria per le spese di giustizia, per il mantenimento e per eventuali pene pecuniarie. Tuttavia quelli che lavorano sono una minoranza: a fine 2014 su 53.623 ne lavoravano in carcere 14.550, 12.226 per l’amministrazione penitenziaria e 2.324 per altri datori di lavoro, con un numero complessivo dei “lavoranti” rimasto negli anni più o meno costante, ma con una diminuzione del lavoro per ognuno. Antigone registra, infatti, un notevole frazionamento dei posti con una conseguente riduzione degli orari di lavoro; dunque, ad esempio, dove prima lavorava una persona oggi ne lavorano due, ciascuna per metà del tempo.

 

da “Fondazioni” marzo-aprile 2015