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Congerie | I vincitori di GenP

“I fumi della fornace” è un festa-laboratorio promossa dall’associazione Congerie a Valle Cascia, un paesino in provincia di Macerata che intreccia poesia, arti performative e rigenerazione urbana, coinvolgendo artisti, studenti e abitanti in un’esperienza di creazione collettiva. La festa ha dato nuova vita a Valle Cascia riattivando il senso di cura e di appartenenza della comunità, rendendola un polo artistico di riferimento e opportunità di formazione importante per giovani artisti e artiste.

“Congerie” significa ammasso confuso di cose, anche non materiali. Questa parola così desueta è stata scelta come nome e come identità da un collettivo di Valle Cascia, paesino in provincia di Macerata che conta quattrocento abitanti, nato attorno a una grande fornace di mattoni, la Fornace Smorlesi. Attiva dalla fine dell’800, la fornace viene dismessa nel 2012 e Valle Cascia si trova a fare i conti con la fine dell’attività storica e fondativa del luogo e con un’importante questione legata alla rimozione dell’amianto. Il collettivo trascorre la propria infanzia e adolescenza nei luoghi della fornace, e si crea attorno a una spiccata ed esuberante attitudine creativa, non conforme alla vita storicamente produttiva di Valle Cascia: chi dipinge, chi scrive poesie, chi studia scenografica, moda o cinema. «Me sà che a voi v’ha fatto male i fumi della fornace», si comincia a dire su di loro a Valle Cascia. Una diceria sulla quale il collettivo riflette a fondo, scegliendola infine come mito di fondazione di Congerie, “la specie storta”, come si definiscono: «Noi nasciamo come un’anomalia» afferma Valentina Compagnucci, presidente di Congerie. «In una frazione nata come appendice alla fornace, a scopo meramente produttivo, oggi dormitorio per chi lavora nelle fabbriche circostanti, è anomalo un gruppo di ragazzi e ragazze con una vocazione per le arti, con identità di genere atipiche, e con una modalità dinamica, fluida e sperimentale». Congerie, rivendicando proprio la diceria, decide di costituirsi come associazione per trasformare Valle Cascia attraverso l’arte e la poesia, con la partecipazione di giovani artisti e artiste. Dà avvio così alla prima edizione de “I fumi della fornace. Festa della poesia”. Una “festa”, e non un “festival” inteso come «evento verticale di consumo della cultura».

Perché proprio una festa della poesia a Valle Cascia? Ce lo spiega Giorgiomaria Cornelio, il direttore artistico: «Tutta questa “catastrofe del quotidiano” veniva trattata con un linguaggio spento, sconsolato. Il linguaggio poetico dava invece la possibilità di una “seconda geografia”, una seconda nascita, ricostituendo l’immagine del luogo». “I fumi della fornace”, oggi arrivata ormai alla settimana edizione, ha permesso a Valle Cascia di diventare un centro di sperimentazione artistica molto riconosciuto, tanto che l’associazione ha attivato, oltre che con l’Università La Sapienza di Roma, collaborazioni con l’Università Iuav di Venezia e con l’Accademia di Belle Arti di Macerata e di Urbino, avviando tirocini formativi per studenti e studentesse. Giulia Pigliapoco, una delle fondatrici, che cura la rassegna “Diffusa”, dedicata alle arti visive, performative e alla danza, sottolinea inoltre che c’è «un’attenzione particolare a includere artisti e artiste emergenti del panorama contemporaneo, per essere un ponte di relazione con chi opera già in maniera professionale da anni». Il coinvolgimento di artisti e artiste under35 è infatti a tutto tondo, motivo per il quale Congerie è tra le realtà vincitrici del premio GenP. «Nessun festival – afferma il direttore artistico –, neanche secolare, potrebbe reggersi senza le generazioni più giovani. Lavorare tra giovani è faticoso perché non mancano le critiche e le difficoltà, le necessarie diserzioni. Ma questo permette l’arrivo di nuove idee, l’irruzione di altre energie, rinnovando costantemente la prospettiva: non c’è paralisi, ma materia viva». La festa infatti, che si realizza gli ultimi 4 giorni di agosto, è ideata, progettata e realizzata da giovani under 35: dalla decisione del tema alla costruzione e realizzazione di performance, letture poetiche, mostre, concerti. Nei mesi estivi, che precedono la festa, si organizzano infatti percorsi didattici e laboratori, di teatro e di architettura. Dal coinvolgimento di una decina di artisti, “I fumi della fornace” è arrivata a coinvolgere oltre 180 tra volontari, tirocinanti e artisti ospitati. Oltre al coinvolgimento delle giovani generazioni, uno dei tratti distintivi di Congerie è l’attenzione costante al territorio e alla comunità che lo abita, e la capacità di accogliere le conflittualità che inevitabilmente emergono, assumendole come materia artistica e poetica.

“Nata come “anomalia” in una frazione segnata dalla dismissione della fornace,
Congerie è un collettivo che rivendica la propria diversità come forza generativa.
Attraverso arte e poesia, trasforma una crisi identitaria e produttiva
in occasione di rinascita culturale e comunitaria
” 

Fin dalla prima edizione viene realizzata ogni anno un’installazione di teli-poema nelle facciate dei palazzi costruiti per la comunità operaia negli anni Settanta, funzionando come una sorta di manifesto dell’edizione corrente. Durante la prima edizione, un testo scritto dal poeta Vincenzo Consalvi doveva comporre l’istallazione: «Un rosa che non è una rosa», allusione esplicita al colore degli edifici, lontano da qualsiasi immaginario floreale. Una parte dell’istallazione è stata però rimossa da uno degli inquilini degli appartamenti, in segno di protesta nei confronti della festa della poesia, diventando così «Un rosa che non era ‘a rosa». Un rifiuto che non è stato cancellato né corretto, ma assunto come parte integrante dell’opera stessa. Affianco ai linguaggi poetici, teatrali e artistici, l’associazione ha avviato anche una pratica di conservazione del patrimonio materiale e immateriale del luogo. Lo ha fatto attivando una collaborazione con un gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale (DICEA) de La Sapienza di Roma. Elisa Michelini, che cura e coordina per l’associazione il gruppo di ricerca, ci spiega che «le interviste qualitative della ricerca ci hanno permesso di conoscere gli abitanti, le loro storie e quindi di riscoprire la storia di Valle Cascia». Una comunità molto orgogliosa di quel passato, perché la fornace era anche una piazza, un luogo di festa, un luogo in cui ci si sposava, con le docce pubbliche quando non c’erano sanitari in casa. «Cerchiamo dunque di recuperare la passionalità e il senso di appartenenza dei paesani verso questo luogo e, contemporaneamente, di trovare una prospettiva comune con la cittadinanza, che dovrebbe sfociare nella creazione di un archivio cittadino, digitalizzando il patrimonio materiale e immateriale di Valle Cascia». «Abbiamo sempre detto – conclude Valentina Compagnucci – che i fumi per noi erano favolosi, quindi quello che ci auguriamo è che il fuoco della fornace si riaccenda con questa festa e che il mattone di scarto torni a essere pietra d’angolo»

Dalla rivista Fondazioni dicembre 2025