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Fotografie della povertà in Italia | Andrea Brandolini

Testimonianza di Andrea Brandolini
per Fondazioni settembre 2025

Andrea Brandolini si occupa di lavoro, demografia, disuguaglianza, povertà e benessere in Italia e in Europa. Per i suoi studi sulla disuguaglianza ha ricevuto l’Aldi Hagennars LIS Memorial Award (1995), il Premio Luigi Tartufari dell’Accademia dei Lincei (2017) e la Fitoussi Medal della Società Italiana di Economia dello Sviluppo (2025).

La prima immagine che viene in mente quando si parla di povertà è forse quella del “barbone” che vive senza una dimora, ai margini della società. Poi lo sguardo si allarga per comprendere tutti coloro che non hanno mezzi di sussistenza sufficienti. Si osservano dapprima le condizioni di vita materiali: la scarsità di consumi e redditi o l’indisponibilità di beni e servizi necessari al sostentamento. Si mettono quindi a fuoco altri aspetti del vivere quotidiano, meno legati alla sopravvivenza, ma essenziali a una persona “per essere accolto fra’ suoi simili alle opere della vita”, come scriveva Carlo Cattaneo due secoli fa. Le statistiche raccontano questa complessità. Lo fanno utilizzando varie misure, che ritraggono le diverse sfaccettature del fenomeno. L’indicatore principale usato nella UE è il rischio di povertà o esclusione sociale, che comprende chi vive con un reddito troppo basso, chi appartiene a una famiglia in cui è scarsa l’attività lavorativa e chi non può permettersi beni e servizi essenziali. Nel 2024 erano in questa condizione 13,5 milioni di persone, il 23,1% della popolazione; una quota tra le più alte tra i paesi della UE, dove la media era del 21,0%. Occorre però fare attenzione: i tre aspetti dell’indicatore si riferiscono ad anni diversi e questo complica l’interpretazione dei dati rispetto alle politiche attuate o all’andamento economico. La grave deprivazione materiale, il dato più recente, riguardava nel 2024 il 4,6% delle persone; la bassa occupazione familiare e l’insufficienza di reddito, riferite all’anno precedente, interessavano rispettivamente il 6,6% e il 18,9% degli individui.

“La povertà è una realtà complessa che va oltre la mancanza di reddito: include consumi insufficienti, privazioni materiali, scarsa occupazione e forti divari territoriali. In Italia colpisce milioni di persone, con un impatto particolarmente pesante su bambini, giovani e stranieri”

Accanto a questi indicatori, l’Istat misura anche la povertà assoluta, che accomuna tutte le famiglie che spendono per consumi meno di quanto serve per acquistare un paniere minimo di beni e servizi. Il costo di questo paniere varia per composizione familiare e territorio di residenza e viene aggiornato ogni anno per l’inflazione. La variabilità territoriale del costo della vita, tra regioni e tra aree urbane e rurali, ha un forte impatto su questa misura. Nel 2023, per un adulto che viveva solo, la soglia di povertà variava da un minimo di 663 euro mensili in un piccolo comune lucano a un massimo di 1.217 euro in una grande città lombarda, mentre per una coppia di adulti con due adolescenti variava da 1.445 a 2.245 euro. In totale, in quell’anno 5,7 milioni di persone vivevano in povertà assoluta, il 9,7% della popolazione residente. Le differenze tra queste stime non devono stupire. Ognuna coglie un aspetto diverso, comunque rilevante, della condizione di povertà: consumi inadeguati, basso reddito, scarsa occupazione, privazione materiale. La molteplicità di valori non è un limite, ma il riflesso della complessità del fenomeno. Come ci ha ricordato Amartya Sen, difficilmente una misura può essere più precisa della nozione che rappresenta. Nondimeno, alcuni tratti della stratificazione sociale della povertà in Italia – per età, territorio e cittadinanza – sono chiari. Considerando la povertà assoluta, essa riguarda il 5% degli italiani nel Centro-Nord, l’11% degli italiani nel Mezzogiorno e il 32% degli stranieri residenti. L’incidenza tra bambini e adolescenti supera ovunque quella tra adulti e anziani, arrivando al 37% per le famiglie di stranieri. È uno strano paese quello che paventa il declino demografico e tollera livelli così elevati di povertà infantile, una condizione che incide sulla vita presente e ipoteca le prospettive future. Le opinioni qui espresse non riflettono necessariamente quelle della Banca d’Italia.

Dalla rivista Fondazioni luglio-settembre 2025