Editoriale di Giorgio Righetti, direttore di Acri
per Fondazioni Settembre 2023
In una mia visita, lo scorso inverno, presso lo straordinario Museo diocesano di Cortona, che ospita una ricchissima raccolta di opere del Signorelli, del quale ricorrono quest’anno i 500 anni dalla morte, nonché, tra le altre, una magnifica annunciazione del Beato Angelico, mi sono imbattuto in due situazioni insolite: un freddo insopportabile (i riscaldamenti erano spenti) e un’insperata, piacevole, solitudine (ero l’unico visitatore). I riscaldamenti spenti erano, ovviamente, l’effetto della mancanza di visitatori. Al Museo del Louvre, invece, la fila per farsi il selfie davanti alla Gioconda è a dir poco imbarazzante. Una calca degna del lancio dell’ultimo smartphone di grido! Cosa c’entrano queste due suggestioni con la partecipazione culturale? Credo c’entrino. Perché testimoniano che i limiti della partecipazione culturale non sono dal lato dell’offerta, ma da quello della domanda. Non mancano, cioè, gli “oggetti” culturali: di quelli ce ne sono infiniti e per tutti i gusti. Mancano, piuttosto, gli strumenti a disposizione dei cittadini per godere dello straordinario potere liberatorio della cultura. Perché la cultura non è erudizione, non è sapere, non è materia per pochi iniziati, cui si accede solo dopo aver superato un durissimo addestramento degno di West Point, né, all’opposto, uno dei tanti generi di consumo. La cultura è capacità di comprendere, attraverso la bellezza, attraverso il pensiero degli altri e attraverso il passato, chi siamo come individui, chi siamo come collettività e come, individui e collettività, si mettono in connessione tra loro, lungo un auspicabile percorso di pacifica e solidale convivenza.
“I limiti della partecipazione culturale non sono dal lato dell’offerta, ma da quello della domanda. Non mancano gli “oggetti” culturali: di quelli ce ne sono infiniti e per tutti i gusti. Mancano, piuttosto, gli strumenti a disposizione dei cittadini per godere dello straordinario potere liberatorio della cultura”
Ma per comprendere questo è necessario abbattere le barricate, come quelle descritte da Victor Hugo*, che si frappongono tra cittadino e cultura, fatte da un groviglio di pregiudizi, di elitarismo, di rendite di posizione, di mancanza di visione, di passatismo, di sottomissione alle regole di mercato e di tante altre cianfrusaglie. È necessario far comprendere quanto piacevole sia, per il corpo e per la mente, soffermarsi davanti a un dipinto a scelta, o leggere, ad esempio, un passo del Vangelo, che non dalla fede, ma dalla semplicità e immediatezza del linguaggio, trae la sua potenza espressiva. Quindi, tornando ai due esempi d’apertura, il Museo diocesano di Cortona, fonte inesauribile di bellezza preservata, ma non valorizzata, andrebbe rianimato e liberato perché ha un’infinità di cose da dire ai cittadini. La Gioconda andrebbe, a sua volta, liberata dalla sentenza di condanna perpetua a rappresentare il dipinto più bello al mondo, come se si potesse ridurre l’arte a un mortificante concorso di bellezza. Abbattiamo le barricate, liberiamo la cultura e mettiamola a disposizione di tutti i cittadini.
* “La barricata Sant’Antonio era mostruosa; era alta tre piani e larga settecento piedi. Sbarrava da un angolo all’altro la vasta imboccatura del sobborgo, vale a dire tre vie. Franosa, frastagliata, dentellata, seghettata, scanalata da una immensa fenditura, rafforzata da contrafforti che erano altrettanti bastioni, con delle punte qua e là, potentemente addossata ai due grandi promontori di case del sobborgo, essa sorgeva come una costruzione ciclopica in fondo alla formidabile piazza che ha visto il 14 luglio”, da “I miserabili”, di Victor Hugo
Dalla rivista Fondazioni luglio – settembre 2023