«Il bello del progetto “Welchome” è lo scambio culturale, il superamento degli stigmi sullo straniero, della paura del diverso. Il bello è il contaminarsi». Queste sono le parole di Giorgio, padre di una delle famiglie modenesi che ha deciso di aderire al progetto “Welchome”, accogliendo in casa un minore straniero non accompagnato.
Una “contaminazione” che può essere sinonimo di integrazione, intesa come dialogo, scambio reciproco, e solidarietà sociale, che, con questo progetto, il Comune di Modena, in collaborazione con le associazioni e il mondo del volontariato locale, e con il sostegno dalla Fondazione di Modena, ha reso possibile, permettendo alle famiglie di prendere in affidamento uno dei ragazzi residenti nelle comunità di accoglienza.
Trenta sono state le famiglie che hanno aperto la porta accogliendo i ragazzi in una fase delicatissima della loro vita, perché prossimi alla maggiore età e quindi alla privazione delle tutele previste per i minori. Sostenute dal Comune attraverso percorsi di formazione, di accompagnamento psicologico, giuridico e anche da un contributo economico, hanno supportato il percorso di apprendimento della lingua italiana, il completamento degli studi e l’acquisizione di competenze professionali, step fondamentali per l’acquisizione dell’autonomia. Il tutto, recuperando una dimensione di affettività familiare. Sentirsi in famiglia è fondamentale, soprattutto per coloro che hanno alle spalle storie difficili. Come quella di Alì, che ha impiegato quattro anni per arrivare in Italia dal Pakistan, passando per l’Iran, la Turchia, i Balcani e la Grecia, spostandosi a piedi, nei pullman, nei bagagli delle macchine e rischiando la vita in un naufragio.
“Welchome”, però, non è solo una preziosa opportunità per chi è accolto, ma anche per chi accoglie: «Da quando c’è Lamine, in casa si ride di più», afferma Margherita, la sorella acquisita di uno dei ragazzi. Confrontandosi con la condizione di difficoltà di Lamine, suo coetaneo, la giovane ha riconosciuto che la differenza sta in «una manciata di anni ma, soprattutto, la differenza sta nelle origini. Del resto, io potevo essere lui, lui poteva essere me». Una consapevolezza e una conoscenza che superano i limiti della diffidenza, come è accaduto al piccolo di un’altra famiglia: «All’inizio avevo un po’ paura, ma quando Nelly è arrivato non ne ho avuta più, anzi, ho trovato un nuovo amico con cui giocare e vivere nuove avventure».
Sono storie che suonano rare e straordinarie in un tempo in cui, spesso, si sente parlare di migrazione in altri termini. Invece, sono numerose e, anche se non prive di difficoltà, i loro risultati sono più che positivi. Molti dei ragazzi hanno terminato il corso di studi e sono riusciti a trovare un lavoro. Come Javed che, seguendo un corso professionalizzante di panificazione, è riuscito a trovare lavoro come pizzaiolo, un requisito necessario per mantenere la regolarità dei documenti.
Sono storie di spontanea coesione e solidarietà sociale che ritroviamo nelle parole di Corrado, single, sulla soglia dei sessant’anni, che ha condiviso questa esperienza con Afnan: «Spero che grazie a questo nostro bel viaggio, il futuro gli apparirà un po’ meno grigio e saprà affrontarlo con più coraggio. Se così sarà, l’idea di aver in parte contribuito, sarà per me la più grande e impagabile ricompensa».
Per avere maggiori informazioni visita la pagina di “Welchome”
Le dichiarazioni sono state tratte dai video testimonianza del progetto.