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Mutuo soccorso e diritti sociali: il modello di comunità di Nonna Roma | Sara Fiordaliso

Intervista a Sara Fiordaliso, attivista di Nonna Roma

Nonna Roma è un’associazione di volontariato attiva a Roma dal 2017, nata come banco alimentare di mutuo soccorso per contrastare la povertà e le disuguaglianze sociali. Abbiamo parlato con Sara Fiordaliso, attivista sociale e membro dell’associazione impegnata nella lotta contro la povertà, l’insicurezza abitativa e le disuguaglianze sociali.

Come e quando nasce Nonna Roma?

Il 31 maggio 2017, all’interno del circolo Arci Sparwasser e con il sostegno di un folto gruppo di ragazzi e ragazze, nasce l’idea di realizzare un banco del mutuo soccorso con l’intento di fornire risposte materiali alle condizioni precarie in cui vivono migliaia di persone nella nostra città. Il progetto, sostenuto dal Comitato Arci di Roma e dalla CGIL di Roma e del Lazio, ha come obiettivo il contrasto alla povertà e alle disuguaglianze economiche e sociali. Lo abbiamo chiamato “Nonna Roma” poiché, nell’immaginario collettivo, la nonna è quella figura che dispensa solidarietà e sostegno, rappresentando spesso un welfare individuale sociale indispensabile.

Quante persone riuscite a raggiungere l’anno? Quanti quartieri coprite?

Nonna Roma è presente sul territorio con 8 sedi distribuite in diverse zone del capoluogo. In una città variegata e complessa come Roma, ogni territorio ha una specificità e bisogni diversi legati anche alla composizione socio-demografica delle persone che li abitano, ai servizi disponibili e alle organizzazioni presenti sul territorio. La nostra comunità è composta da 2.500 nuclei familiari, ovvero circa 12mila persone.

“I volontari sono circa 250. Lavoriamo in rete con una molteplicità di organizzazioni e abbiamo attivi moltissimi progetti partenariato. In ogni municipio, siamo parte di una rete di organizzazioni del Terzo settore e lavoriamo con i servizi pubblici territoriali”

Quanti sono i volontari? Quali reti di partner avete costruito?

I volontari sono circa 250. Lavoriamo in rete con una molteplicità di organizzazioni e abbiamo attivi moltissimi progetti di partenariato. In ogni municipio, siamo parte di una rete di organizzazioni del Terzo settore e lavoriamo con i servizi pubblici territoriali. A queste reti “territoriali” se ne aggiungono altre connesse a questioni più specifiche: ad esempio, la rete costruita attorno ai nostri servizi di accoglienza, oppure quella per le problematiche connesse al diritto al cibo o al diritto all’abitare.

 Quali sono i bisogni più diffusi per cui ricevete il maggior numero di richieste?

Sicuramente il bisogno più impellente è la richiesta di beni di prima necessità o altri beni di consumo. Il disagio abitativo è al secondo posto. Altre richieste molto frequenti sono avanzate dalla popolazione con background migratorio, per esempio permessi di soggiorno, cittadinanza, residenza. Anche la difficoltà di inserimento o ricollocamento nel mondo lavorativo innesca numerose problematiche. Ultimo, ma non per importanza, la solitudine: a questa rispondiamo con il rendere disponibili spazi condivisi che diventano luoghi di relazione, dove vive una comunità fondata sul mutualismo e che non lascia indietro nessuno.

 

Come è cambiata la povertà negli ultimi dieci anni? Il Covid ha determinato una cesura?

Il Covid ha sicuramente aumentato vertiginosamente il numero di persone che necessitavano di un supporto, allargando le maglie della povertà a persone che non si ritenevano a rischio. Sicuramente il Covid ci ha dato la dimostrazione pratica che, vivere una condizione di povertà, è una possibilità che può colpire molti e che basta in alcuni casi solo un imprevisto: la continua precarizzazione dei rapporti di lavoro; i salari fermi, la maggiore vulnerabilità di alcuni gruppi di persone (persone con background migratorio; persone sole; nuclei con persone con disabilità).

“Il Covid ha aumentato vertiginosamente il numero di persone che necessitavano di un supporto, allargando le maglie della povertà a persone che non si ritenevano a rischio”

Lavoratori poveri, nuclei monogenitoriali, giovani, studenti fuori sede, anziani soli. C’è un profilo diventato più ricorrente negli ultimi anni?

Il profilo demografico e socio-economico delle persone che si rivolgono a Nonna Roma evidenzia una condizione di profonda vulnerabilità e di povertà strutturale. Circa il 50% degli assistiti ha un background migratorio e, nel complesso, la popolazione riflette un’ampia gamma di fragilità e difficoltà. I gruppi più rappresentati comprendono minori, anziani e nuclei familiari a conduzione femminile (categorie notoriamente a maggior rischio di povertà ed esclusione sociale). La dimensione media dei nuclei beneficiari di Nonna Roma è di 2,96 componenti, significativamente superiore alla media nazionale (2,3), segnalando una maggiore presenza di famiglie numerose, più esposte alla povertà assoluta. Circa il 20% delle famiglie è costituito da persone sole, di cui due terzi anziani. Bambini e anziani sono particolarmente presenti in questi nuclei: il 42% comprende minori e il 47% almeno un anziano. Complessivamente, il 27% della popolazione campione ha meno di 18 anni, mentre il 30% ha più di 65 anni. Occorre segnalare inoltre una elevatissima incidenza tra le famiglie della comunità di persone con disabilità o invalidità (in alcuni casi anche due persone per nucleo).

 Quante persone che seguite hanno un lavoro ma non “arrivano a fine mese”? Ci sono settori professionali o tipologia di contratti che ricorrono di più?

La nostra comunità vive una diffusa insicurezza economica e occupazionale. Solo il 70% dei nuclei dichiara di avere almeno un componente occupato o in pensione. Il 15% delle famiglie non dispone di alcuna entrata, né da lavoro, né da pensioni, né da sussidi statali. Tra le persone tra i 18 e i 60 anni (la fascia in età lavorativa) solo una minoranza risulta occupata. Tra gli “occupabili”, il 63,9% è disoccupato e l’8,1% è inabile al lavoro. Il livello di istruzione di questo gruppo è basso: il 41% ha completato al massimo la scuola secondaria di primo grado, solo il 5,3% possiede una laurea e il 12,3% è attualmente iscritto a un percorso di istruzione superiore. Il tasso di NEET si attesta su un preoccupante 40,4%. L’occupazione non garantisce stabilità: anche nei nuclei con persone che lavorano, i livelli di reddito risultano insufficienti a garantire uno standard di vita dignitoso. Perlopiù, le persone sono impiegate in settori notoriamente precari (ristorazione, attività ricettive, pulizie, cura) con salari bassi o con poche ore lavorative e spesso senza un contratto.

“La povertà diventa ereditaria se non garantiamo il diritto allo studio. Con il progetto “Matita sospesa” raccogliamo e distribuiamo materiale scolastico, perché molte famiglie non riescono a sostenere le spese per libri e strumenti, mettendo a rischio l’istruzione dei bambini”

Casa e affitti: cosa riscontrate?

Il problema principale è la scarsità di case, risorse e strumenti pubblici: gli immobili in affitto sono introvabili e hanno canoni esosi; inoltre, vengono chieste garanzie impossibili per le fasce vulnerabili. Le case popolari non sono abbastanza numerose e ci sono molte criticità legate alle assegnazioni: una persona che fa domanda con tutti i requisiti, ha davanti a sé 18mila nuclei in attesa. E vengono assegnate appena 100 case ogni anno! Gli strumenti di prevenzione dell’emergenza abitativa e di intervento in caso di sfratto, sono scarsi. Vero che da poco è stato approvato il regolamento del nuovo contributo all’affitto comunale che segna un grosso miglioramento rispetto all’ammontare del contributo e alla possibilità di erogarlo prima dello sfratto, ma per ora le persone che subiscono uno sfratto, non possono accedere ad alcun sistema di alloggi temporanei e, spesso, finiscono a vivere in strada.

 

Povertà educativa: cosa succede quando mancano libri, mense, trasporti?

La povertà purtroppo diventa ereditaria, per questo è fondamentale garantire il diritto allo studio delle bambine e dei bambini. Proprio per questo, con il nostro progetto “Matita sospesa” raccogliamo e distribuiamo materiale scolastico poiché la spesa scolastica a cui devono far fronte le famiglie è esosa. Rispetto alle mense scolastiche, Roma vanta un sistema piuttosto sostenibile a livello economico per le famiglie in difficoltà e sono un vero presidio di contrasto alla povertà alimentare tra i minori. Sui trasporti, segnaliamo che spesso le famiglie più povere sono costrette a vivere in quartieri iper-periferici e con minori servizi a diversi livelli.

Dalla rivista Fondazioni luglio-settembre 2025