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Il cammino non è un viaggio | Giorgio Righetti

Quando si viaggia, si è solitamente concentrati sulle stazioni di partenza e su quelle di arrivo. Quando si cammina, si è invece interessati a tutto quello che ci sta in mezzo. Credo sia questa la differenza tra visitare uno o più luoghi e intraprendere, invece, un percorso, la cui meta è solo un espediente per poter procedere, con occhi curiosi, all’esplorazione del mondo che scorre, lento, ai lati del “camminante”. E’ il mezzo che si fa fine, è la meta che si fa sfondo tremulo e alabastrino, rispetto alle quinte dipinte dai colori, dagli odori, dai versi, dalle voci della natura e della rada umanità che la popola. Il cammino, nel suo lento incedere, raccoglie e restituisce. Raccoglie le sensazioni, le emozioni, gli scoramenti e le esaltazioni provocate dal solipsismo e dagli incontri su cui si inciampa, spesso per caso, per fortuna o per sfortuna. Restituisce, a chi è stanziale e incrocia il camminante, un pezzetto di umanità di altrove e insolita, da cui si può intravvedere il mondo sedendo a una sedia. I cammini possono mettere in connessione persone e luoghi, pensieri e sentimenti, saperi e conoscenze, ma a condizione che essi si dipanino con lentezza e attraversino un’umanità rarefatta. Valorizzare i cammini, i tanti che si sono stratificati nel corso dei secoli, per fedi e suggestioni differenti, può generare positivi effetti sia sul piano individuale, che su quello collettivo. Nel primo caso, la scoperta o riscoperta della lentezza e del temporaneo “ritiro” consente di riconnettere gli individui con una dimensione che una socialità ineludibile, frenetica e spesso invasiva, quale quella in cui sono immersi quotidianamente, soprattutto nelle grandi città, preclude solitamente loro. Consente, se si ha la giusta motivazione e curiosità verso l’inconsueto, un arricchimento psico-fisico e culturale significativo e rigenerante. Con riferimento al piano collettivo, i benefici, con le dovute accortezze, possono essere altrettanto importanti. I cammini, infatti, possono consentire di interrompere, o almeno contrastare, i noti fenomeni di spopolamento e isolamento di tanti contesti che hanno perso attrattività nel corso dei secoli e che versano in condizioni progressive di abbandono. Consentono, attraverso i camminanti, di connettere le aree interne con contesti più antropizzati, dando vita a processi di rivitalizzazione inediti e non altrimenti progettabili razionalmente, perché scaturenti dal caso, dall’incontro fortuito, dal dialogo tra creatività latenti. Per questi motivi le Fondazioni di origine bancaria hanno sempre posto particolare attenzione alla cura e valorizzazione dei cammini che attraversano i territori di riferimento. Questa sensibilità è stata colta recentemente da Acri, che ha elaborato un’iniziativa, dal titolo “I Cammini. Valorizzazione del patrimonio e delle risorse culturali e paesaggistiche”, che vede coinvolte una quindicina di Fondazioni e che incardina il processo sulle imprese culturali giovanili. A caratteri idealmente cubitali, nel testo di presentazione, è scritto che l’iniziativa non si propone, in ogni caso, di promuovere il turismo, che nei sui eccessi recenti e a tutti noti, complici l’assenza di politiche illuminate di gestione, è sempre più fonte di distruzione di luoghi e comunità. Perché il cammino non è un viaggio!   I cammini possono consentire di interrompere, o almeno contrastare, i noti fenomeni di spopolamento e isolamento di tanti contesti che hanno perso attrattività nel corso dei secoli e che versano in condizioni progressive di abbandono 

Dalla rivista fondazioni settembre – dicembre 2024

Cammini