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Welfare, continuiamo ad agire insieme | Franca Maino

Intervista a Franca Maino, direttrice scientifica Di percorsi di secondo welfare

Franca Maino è direttrice scientifica di Percorsi di secondo welfare e professoressa associata al Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano. Con lei abbiamo parlato di welfare in Italia.

Qual è lo stato di salute del sistema di welfare in Italia oggi?

Sul sesto rapporto di Percorsi di secondo welfare, intitolato “Agire insieme”, pubblicato a dicembre 2023, abbiamo parlato di un futuro incerto del sistema di welfare. Mi sembra che oggi questa espressione rimanga valida se non addirittura rafforzata. Nel nostro Paese la povertà continua a crescere, permangono i problemi del nostro sistema sanitario, dell’accesso alla casa e al lavoro. Ci sono persone in condizioni di vulnerabilità che hanno bisogno di risposte e di azioni concrete senza le quali potrebbero scivolare in situazioni di fragilità ancora più severa.

Che ruolo può giocare in questo senso il secondo welfare?

Il secondo welfare riconosce un ruolo ad attori che non fanno parte del pubblico nell’affrontare le sfide e i problemi che abbiamo nel nostro sistema di welfare. Si propone un modello che non dia per scontato che le soluzioni e le riposte debbano arrivare solo dalle istituzioni, ripensando il concetto di cosa pubblica in un’ottica ancora più inclusiva. Certamente le istituzioni non devono arretrare e il loro contributo rimane fondamentale, ma c’è uno spazio dove può e deve nascere una collaborazione con altri attori della nostra società, profit o non profit, per progettare, decidere, utilizzare risorse e costruire una logica non di subordinazione ma di mutuo scambio. In questo modo sono le persone, con i loro bisogni, che possono diventare protagoniste del cambiamento, superando una logica assistenzialista e passivizzante. Bisogna ribilanciare il rapporto tra Stato ed enti subnazionali, regionali e locali, riconoscendo il fatto che le risposte possono arrivare anche dal basso.

“Il secondo welfare riconosce un ruolo ad attori che non fanno parte del pubblico nell’affrontare le sfide e i problemi che abbiamo nel nostro sistema di welfare, proponendo un modello che non dia per scontato che le soluzioni debbano arrivare solo dalle istituzioni, ripensando il concetto di cosa pubblica in un’ottica ancora più inclusiva” 

Come si può agevolare questo processo?

Il nostro Paese ha una storia molto lunga di decentramento e trasferimento di competenze, poteri e responsabilità ai livelli inferiori di governo; è un fenomeno riconosciuto anche nella nostra Costituzione. Negli ultimi due decenni, costellati da crisi ed emergenze di vario tipo, le amministrazioni locali hanno sofferto una riduzione di risorse, ma sono riuscite a reagire anche riconoscendo il valore di attori non pubblici e iniziando a collaborare. In questo modo hanno reso i territori contesti fertili per l’innovazione sociale, per un approccio di prossimità e di comunità. Non si tratta di scaricare completamente tutte le responsabilità al locale ma di trovare un giusto equilibrio. L’individuazione di risorse, ad esempio, può comprendere anche i soggetti privati del territorio, oltre allo Stato, che deve senz’altro continuare a contribuire. Peraltro, le risorse non sono solo di tipo economico-finanziario, ma possono essere anche competenze o conoscenze; la stessa prossimità è una risorsa e un valore importantissimo. L’abitudine a essere prossimi, essere vicini ai bisogni, a comprenderli, a interpretarli, a farli emergere, è il punto di partenza per ripensare qualsiasi tipo di intervento, ribaltando quella logica che definiamo prestazionale. Bisogna che i servizi e le prestazioni si incontrino e si colleghino con i nuovi bisogni della popolazione. Si deve ripartire dalla centralità delle persone, delle famiglie e anche delle organizzazioni, che possono avere un ruolo attivo nel disegnare, realizzare e gestire gli interventi. Le organizzazioni, inoltre, possono contribuire sul piano organizzativo: hanno personale, idee e competenze.

Quali sono gli strumenti collaborativi che possono contribuire a cambiare il sistema di welfare?

Da alcuni anni abbiamo a disposizione la possibilità di ricorrere alla co-programmazione e alla co-progettazione grazie alla riforma del Terzo settore. In particolare, l’articolo 55 del nuovo Codice ha riconosciuto il valore dell’azione congiunta nei processi decisionali, nella collaborazione orizzontale e paritetica delle istituzioni pubbliche e dei soggetti del Terzo settore nell’affrontare le sfide comuni. In più si riconosce il fatto che sia proprio il Terzo settore a poter proporre e ad avanzare la richiesta della co-progettazione. Così facendo si ribadisce e sottolinea che questo tipo di proposta non spetti esclusivamente all’istituzione pubblica, ma possa essere anche avanzata da altri attori. Ovviamente questo articolo fa riferimento alle istituzioni pubbliche e ai soggetti del Terzo settore, ma in queste esperienze di governance collaborativa ha trovato spazio, ascolto e voce anche il privato profit che ha contribuito con le proprie risorse. Bisogna lavorare ancora di più affinché gli strumenti oggi a disposizione siano valorizzati nella loro massima espressione, siano rafforzate le reti multi-attore e favoriti l’inclusione e il coinvolgimento da parte degli attori del mondo produttivo.

“Grazie a una normativa frutto di contrattazione tra le parti, abbiamo visto crescere e svilupparsi piani di welfare aziendale a beneficio dei lavoratori e delle lavoratrici; le novità più interessanti riguardano il fatto che il welfare aziendale, nato nelle grandi aziende, oggi è oggetto di interesse anche da parte delle imprese medie e medio-piccole”

Quali sono i passi da percorrere nel futuro?

In un’ottica generale penso sia importante tenere in considerazione che abbiamo avuto l’Agenda 2030 a fare da guida e, adesso che ci avviciniamo rapidamente al 2030, serve un nuovo punto di riferimento che possa far convergere riflessioni e obiettivi di una comunità mondiale impegnata ad affrontare le sfide del nostro tempo. Il mondo delle imprese fa sempre più attenzione agli obiettivi ESG, che possono contribuire in termini di accrescimento di responsabilità sociale; soprattutto le medie e piccole imprese hanno un incentivo formalmente riconosciuto in questo senso a sperimentarsi sul fronte del welfare e delle tutele. In particolare, il tema della governance è molto importante, perché insiste sulla questione della valorizzazione degli attori. Le aziende si interrogano sull’importanza che gli stakeholder hanno e vanno alla ricerca di nuove alleanze o potenziano le alleanze già in essere per affrontare insieme le sfide.

“Il mondo delle imprese fa sempre più attenzione agli obiettivi ESG, che possono contribuire in termini di accrescimento di responsabilità sociale; soprattutto le medie e piccole imprese hanno un incentivo formalmente riconosciuto in questo senso a sperimentarsi sul fronte del welfare e delle tutele”

 

“Agire insieme” rimane un concetto centrale dunque?

In effetti, il titolo che abbiamo dato al sesto rapporto di Percorsi di secondo welfare, rimane una bussola, una chiave interpretativa ma anche un po’ un punto di riferimento su come auspicabilmente si dovrebbe lavorare. Su questo vorrei spendere qualche parola anche sul ruolo delle Fondazioni, che sul tema dell’agire insieme hanno contribuito enormemente negli ultimi decenni. Non va ovviamente sottostimato l’apporto in termini di risorse erogate, ma le Fondazioni hanno anche generato idee e pensiero, sostenendo il cambiamento di cui abbiamo parlato e agevolando concretamente quell’“Agire insieme” che può fare la differenza. Il mondo delle imprese fa sempre più attenzione agli obiettivi ESG, che possono contribuire in termini di accrescimento di responsabilità sociale; soprattutto le medie e piccole imprese hanno un incentivo formalmente riconosciuto in questo senso a sperimentarsi sul fronte del welfare e delle tutele

Dalla rivista Fondazioni luglio – settembre 2024