“L’ architettura comincia quando metti due mattoni insieme accuratamente”. Con questa frase il grande architetto Ludwig Mies van der Rohe sintetizzava il processo di creazione architettonica, che non consiste semplicemente nel mettere insieme dei mattoni, ma nel metterli insieme, uno dopo l’altro, con cura, con attenzione, con accuratezza, potremmo dire con amore. “Carefully”, in inglese, termine che ne rende più di ogni altro il senso profondo. Questa cura, che Mies van der Rohe poneva come condizione genetica dell’architettura, dovrebbe essere richiamata e posta come condizione per il più ampio processo dell’abitare. Perché l’abitare non si esaurisce nelle mura che delimitano il luogo dove si vive. Non è una mera questione edile, da poter lasciare in mano solo ed esclusivamente a chi costruisce. L’abitare è qualcosa di più complesso, che coinvolge la sfera individuale e quella sociale, l’ambiente e il territorio, i diritti e i doveri. La qualità dell’abitare dipende da un insieme significativo di fattori, di cui l’abitazione in sé è forse quello meno rilevante. Dipende, infatti, da dove quell’abitazione è collocata, dall’ambiente circostante, dai servizi pubblici, dalla distanza dal centro degli interessi principali, dalla sicurezza, dalla densità della popolazione, dal sistema di relazioni della comunità di riferimento. E tanto altro ancora. Se le componenti di questo insieme significativo di fattori sono positivamente e armonicamente combinate, ci si può potenzialmente attendere che la qualità dell’abitare sia elevata o, quantomeno, dignitosa. Ma quando ciò non avviene, ecco che le condizioni del vivere quotidiano possono precipitare e lasciare campo libero al degrado. Ne sono prova le tante, troppe periferie delle nostre città, in cui il vivere diventa una sfida quotidiana tra diritti negati, insicurezza, relazioni fragili, soprusi. Parco verde di Caivano (Napoli), Scampia (Napoli), Zen (Palermo), Pilastro (Bologna), Librino (Catania), Corviale (Roma), San Paolo (Bari), Barriera Milano (Torino), Piazza Selinunte (Milano) sono solo un minuscolo estratto dalla copiosa lista del degrado urbano nazionale. In una recente intervista condotta da Acri, Leilani Farha, Direttrice generale di “The Shift”, ha affermato che: “le cattive condizioni abitative non sono una conseguenza della disuguaglianza: sono il motore della disuguaglianza!”. Difficile dissentire da questa amara considerazione. Proprio per questo, da anni, le Fondazioni di origine bancaria hanno avviato sperimentazioni e azioni per migliorare le condizioni abitative delle fasce più vulnerabili delle nostre comunità, che si sono concretizzate in iniziative di grande visione e respiro nazionale, come housing sociale, rigenerazione urbana, residenze temporanee per persone in difficoltà, solo per citarne alcune. Tutte iniziative che, ancora una volta, si inseriscono nel solco del “pieno sviluppo della persona umana”, come recita l’articolo 3 della nostra Costituzione, e che le Fondazioni realizzano… carefully
Dalla rivista fondazioni gennaio – marzo 2024