È un territorio caratterizzato da un paesaggio splendido e molto variegato: in poche decine di km ci sono le dolci colline del Collio e le montagne rocciose del Carso, c’è il fiume Isonzo, che dalle Alpi scende verso il mare e alla sua foce regala un presidio di biodiversità. È una terra nota al mondo per le sue produzioni vinicole e per le sue testimonianze storiche. È, soprattutto, caratterizzata da un impareggiabile sedimento di memorie. Siamo nel territorio della provincia di Gorizia. Qui, per secoli, hanno convissuto tanti popoli (italiani, slavi, austriaci). La frontiera si è spostata frequentemente, portando ogni volta un carico di sofferenze, traumi, violenze, esodi forzati, negazione di diritti. “Lacerazioni” e “ferite” sono termini che ricorrono spesso, nei bar e nei ristoranti, quando un goriziano prova a raccontare questa terra a chi viene da fuori. “Questa è una terra che ha sofferto molto”, ci dicono in tanti. “Sono ferite che non passano, si tramandano tra le generazioni”. “Eravamo sulla frontiera tra due mondi”. “Siamo vissuti nella paura: tutti si aspettavano che, da un giorno all’altro, sarebbe successo qualcosa, anche se non sapevamo cosa”.
Una transizione in corso
Oggi Gorizia è una città in cerca di una nuova vocazione. Passeggiando per il centro s’incontrano tanti negozi sfitti e serrande abbassate. Nel secondo dopoguerra la sua economia era improntata prevalentemente sulle attività connesse alla frontiera italo-jugoslava. Le attività di import-export oltre confine e l’indotto della sicurezza transfrontaliera, per decenni, hanno contribuito a garantire un certo benessere dei goriziani. Quando, nel 1991, la “cortina di ferro” è venuta giù e, soprattutto quando, nel 2004, la Slovenia è divenuta stato membro dell’Unione europea, tutta quell’economia è saltata. E, da trent’anni, la città sembra alla ricerca di una nuova identità. Una recente analisi della Fondazione NordEst rileva che, pur in un territorio molto ricco dal punto di vista storico, culturale e paesaggistico, in provincia di Gorizia la popolazione residente diminuisce e invecchia, i giovani migrano all’estero (soprattutto i laureati), si riducono le imprese industriali e artigiane, aumenta la povertà. Lo sguardo dei goriziani sembra essere rivolto al passato e le cause della crisi di oggi vengono fatte risalire sempre più indietro nel tempo, fino quasi a evocare con nostalgia l’epoca del dominio austro-ungarico.
CariGo Green
Raccogliendo questo sentire diffuso, sei anni fa, la Fondazione Carigo ha iniziato a ragionare su un vasto progetto che potesse aiutare la sua comunità a elaborare una nuova visione di Gorizia, liberandola da uno sguardo costantemente rivolto al passato, per orientarsi verso il futuro. Così, nel 2018, è nato “CariGo Green”: un masterplan di sviluppo sostenibile del territorio che punta sulla tecnologia e sul digital storytelling. Sviluppato dalla Fondazione Carigo, insieme allo studio di architettura del paesaggio Land e Ikon Digital Farm, e con il sostegno di Intesa Sanpaolo, è un progetto modulare, in continua evoluzione, che abbraccia tutto il territorio provinciale. Una delle tappe fondamentali sarà il 2025, quando Nova Gorica e Gorizia saranno – insieme – Capitale Europea della Cultura. Perchè CariGo Green non ha limiti di tempo, non è un progetto fine a sé stesso, ma una strategia. Una cornice entro cui le storie, le memorie e le esperienze sono continuamente integrate e nuove narrazioni riportate alla luce, per offrire al visitatore una panoramica sempre più ampia e completa sulle radici di questa comunità, con lo sguardo rivolto al futuro. CariGo Green è una rete composta attualmente da 19 percorsi nel territorio della provincia di Gorizia (entro il 2025 i percorsi diventeranno più di 25): 200 km di sentieri, cammini, trincee e ciclovie, collegati da narrazioni tematiche geolocalizzate, che accompagnano i visitatori alla scoperta del patrimonio storico, naturale ed enogastronomico dell’area. CariGo Green, incarnando il principio della sostenibilità e del recupero dell’esistente, non prevede la costruzione di nuove infrastrutture, ma intende ricucire i percorsi già esistenti, restituendo loro valore e senso. Forse non è un caso che questo avvenga in una terra che vanta una secolare tradizione dell’arte del merletto e della produzione dei cesti realizzati intrecciando rami di salice. Anche CariGo Green è una grandiosa e delicatissima opera di “intreccio” e “ricucitura”. Per scoprine i tratti fondamentali dobbiamo metterci in viaggio, e lo facciamo accompagnati dal direttore generale della Fondazione Carigo, Rossella Digiusto.
CariGo Green non prevede la costruzione di nuove infrastrutture,
ma intende ricucire i percorsi già esistenti,
restituendo loro valore e senso
Smart Space
Cuore pulsante di tutta la rete di percorsi di CariGo Green è lo “Smart Space”: uno spazio espositivo multimediale allestito al piano terra del palazzo sede della Fondazione. Dotato di grandi touch screen, postazioni per la realtà virtuale e un percorso di proiezioni animate a parete, è la porta d’ingresso alla storia di Gorizia e del suo territorio. Abbattendo completamente i costi di allestimento materiali delle mostre, lo Smart Space è in grado di prevedere un palinsesto di mostre che cambia ogni giorno. Può recuperare e riallestire con un click le esposizioni precedenti. Finora, ce ne sono tre: sulla Costituzione e De Gasperi; su Franco Basaglia e sul suo percorso di umanizzazione delle cure, avviato proprio a Gorizia, che ha portato alla chiusura degli ospedali psichiatrici; sulla storia della Fondazione Carigo, a partire dalle origini del Monte di Pietà e della Cassa di Risparmio. Le scuole, i cittadini e i turisti possono accedere gratuitamente, percorrendo le sale accompagnati da una guida. Nell’archivio di mostre dello Smart Space verranno continuamente caricate nuove esperienze “figital” (fisico e digitale) e, in vista del 2025, sono previsti quattro nuovi percorsi espositivi sulla storia della città. Dallo Smart Space partiranno anche i nuovi itinerari ciclopedonali alla scoperta della storia di Gorizia, ad integrazione della rete già esistente.
Museo di Monte San Michele
Il primo tassello di CariGo Green ad essere inagurato nel 2018 è stato il Museo di Monte San Michele, nel comune di Sagrado, 12 km a sud di Gorizia. Si trattava di un museo dall’allestimento “tradizionale”: teche con cimeli e residuati bellici, piccole targhette con descrizioni striminzite, una piantina del territorio con su indicate le battaglie principali. Da quando è stato completamente ripensato e riallestito dalla Fondazione Carigo, la visita al museo è diventata un’esperienza coinvolgente, con mappe interattive sugli schermi e i visori per la realtà virtuale. Il passaparola è scattato immediatamente: solo il primo anno dalla riapertura i visitatori sono decuplicati! La pandemia ha comportato una battuta d’arresto, ma dal 2022 sono ricominciati ad arrivare i pullman delle scolaresche, le famiglie di turisti italiani e stranieri e il Museo di Monte San Michele sta cominciando a diventare una tappa obbligata per chi si trova da queste parti. Tanto che i soli tre giorni di apertura settimanale iniziano ad essere insufficienti e si sta pensando di aumentarli.
Partecipazione culturale
Chi ha provato la realtà virtuale nel Museo di Monte San Michele testimonia che, calarsi (virtualmente) per venti minuti in una trincea durante un assalto, ti fa provare un caleidoscopio di emozioni: paura, rabbia, ansia, speranza, compassione… Ci si sente impotenti e impreparati, in mezzo ad altri giovani, che si muovono velocemente in base agli ordini impartiti, trovandosi incapaci di aiutare e rendersi utili. Per un ragazzo del 2023, che della guerra ha un’esperienza esclusivamente cinematografica e dei videogiochi, è assolutamente dirompente, provare queste sensazioni a livello immersivo. Sono emozioni che innescano riflessioni profonde e stimolano la voglia di approfondire. Questo è proprio l’effetto sperato dalla Fondazione, ottenuto mantenendo nello sviluppo delle esperienze sempre la centralità della persona e creando così immedesimazione, empatia e coinvolgimento, per innescare un’attivazione individuale nell’adozione di comportamenti sostenibili. Questa è la ricetta della Fondazione Carigo per una vera “partecipazione culturale”: rendere accessibile a tutti – giovani e turisti – il patrimonio storico di questa regione, che prima rischiava di essere appannaggio esclusivo degli storici e degli studiosi. Oggi, finalmente, tutto questo è fruibile e comprensibile per tutti: non c’è bisogno di avere una conoscenza pregressa, non serve ricordare le date delle battaglie, i nomi dei generali e le tecniche di assalto, basta metterci il proprio corpo e lasciarsi investire dalle emozioni. Un patrimonio di tutti, che diventa finalmente per tutti. Lo chiarisce Rossella Digiusto, direttore generale della Fondazione: «Uno degli episodi che ricordo con più piacere e che ci ha fatto capire che eravamo sulla strada giusta è legato alla visita di una scolaresca al Museo del San Michele. Mi trovavo da quelle parti per alcune questioni pratiche. Mi fermo a osservare il gruppo di adolescenti sul piazzale antistante. Sono prevalentemente annoiati, per niente entusiasti né incuriositi, per lo più sono concentrati sui loro cellulari. Li rivedo dopo un’ora all’uscita dalla visita e le loro facce sono cambiate. Qualcosa è scattato: si incamminano per la seconda parte della visita, i cellulari sono in tasca, sono concentrati, si scambiano commenti e si accalcano intorno alla guida andando verso la cannoniera scavata nella roccia sulla cima del monte. Stanno sperimentando dal vivo quello che hanno ascoltato e provato virtualmente nelle sale del museo. Non vogliono perderselo!».
Sfida comunitaria
C’è un altro aspetto fondamentale in CariGo Green, che è importante richiamare. L’intero programma è orientato all’impatto (quasi) zero: ovvero non sono previste installazioni di cartelli o segnaletica lungo i percorsi, tutte le tappe si “sbloccano” tramite geolocalizazzione su cellulari o tablet, e tutti gli spazi informativi ed espositivi dislocati nella provincia (i “CariGo Green Point”) sono realizzati all’interno di edifici preesistenti, ristrutturati appositamente per ospitare le nuove funzioni. Ora, affinché tutta questa “infrastruttura leggera” funzioni e contribuisca a vitalizzare il territorio c’è bisogno che l’intera comunità si attivi per animarla. Qui, infatti, entra in gioco la seconda parte della progettualità di CariGo Green, ovvero la sfida di coinvolgere una vasta rete di cooperative sociali e culturali del territorio, per gestire gli infopoint e accompagnare i visitatori lungo i percorsi (si possono anche visitare in autonomia, ma farlo in compagnia dei giovani “ambasciatori” locali acquista tutto un altro sapore). Non solo il personale delle cooperative viene appositamente formato in tal senso, ma vengono coinvolti anche gruppi di laureandi delle Università di Udine e di Trieste, con lo scopo di inserirli e farli avvicinare al mondo lavorativo della promozione culturale e turistica, accompagnando in particolar modo i loro coetanei nei percorsi di visita, in una logica “peer to peer”. A loro volta i giovani diventati ambasciatori formeranno le generazioni successive. Perché CariGo Green è una sfida non solo per la Fondazione Carigo, che lo ha immaginato e lo sta facendo crescere con grande impegno di risorse e di energie, ma per tutta la comunità goriziana. Innanzitutto, per le cooperative coinvolte nella gestione, alle quali è richiesto un salto di qualità in una logica imprenditoriale, verso una progettazione ed erogazione di servizi da affiancare ai percorsi (piccola ristorazione, organizzazione di eventi e laboratori dedicati), che possano concorrere a renderli sostenibili. Per le imprese dei territori toccati dai percorsi, a cui è chiesto di cogliere l’occasione per valorizzarli, diffonderli e farli crescere, traendone contemporaneamente tutto il beneficio possibile. Trattorie, bistrot, accoglienza, servizi di manutenzione e noleggio di biciclette, guide turistiche: i percorsi possono rivelarsi straordinari attivatori di un indotto diffuso e capillare. Per i Comuni e le Istituzioni territoriali, che possono collaborare attivamente utilizzando la “piattaforma” CariGo Green per valorizzare i loro territori e dar vita a nuovi percorsi al loro interno.
Oggi tutto questo patrimonio è fruibile e comprensibile per tutti:
non c’è bisogno di avere una conoscenza pregressa,
basta metterci il proprio corpo e lasciarsi investire dalle emozioni.
Un patrimonio di tutti, che diventa finalmente per tutti
Lungo i percorsi
Il viaggio continua. Poco fuori Gorizia c’è il Giardino Viatori, una proprietà di 25mila mq in cui un eclettico appassionato di botanica aveva allestito una sorta di orto botanico, con specie vegetali provenienti da tutto il mondo. Prima di morire ha deciso di donare la proprietà alla Fondazione, perché continuasse la sua opera di divulgazione tra i giovani. Ora è uno dei CariGo Green Point, focalizzato sulla biodiversità e sui comportamenti eco-sostenibili. A Gradisca d’Isonzo c’è la Galleria Luigi Spazzapan: qui i visori catapultano il visitatore all’interno delle opere del maestro dell’astrattismo, offrendo un’esperienza artistica immersiva innovativa. A Staranzano (vicino a Monfalcone), c’è l’Idrovora Sacchetti, un impianto idraulico attivo da quasi un secolo e ancora in funzione. Qui l’infopoint presenta la storia della bonifica di quest’area, resa coltivabile dalla fine degli anni Trenta. Siamo all’interno del territorio della Riserva naturale Foce dell’Isonzo e qui si dipanano i percorsi per esplorare in bici un paesaggio meraviglioso. Ma non finisce qui, CariGo Green è un cantiere in divenire. Nei sedici mesi che mancano a febbraio 2025, quando si apriranno ufficialmente le celebrazioni per la Capitale Europea della Cultura, verranno inaugurati altri nuovi percorsi e infopoint. Innanzitutto nella città di Gorizia. Nello Smart Space, una narrazione in 4 tappe (4 percorsi espositivi a sé stanti, ma collegati l’uno all’altro) ne ripercorreranno i 1.000 anni di storia (il documento più antico in cui si cita Gorz risale al 1001 d.C.). Alle 4 mostre saranno connessi altrettanti itinerari urbani che si dirameranno tra le vie cittadine. Uno di questi, ad esempio, riguarderà la storia della frontiera italo-jugoslava: il percorso seguirà prevalentemente una pista ciclo-pedonale che sconfina in territorio sloveno e farà tappa in alcuni degli edifici in cui le guardie di frontiera dei rispettivi Paesi presidiavano la cortina di ferro, oggi trasformati in luoghi della memoria. I nuovi itinerari integreranno quelli già esistenti all’interno della rete di percorsi. Tra questi, quello che segue le tracce del giapponese Nagaatsu Sasaki, venuto a Gorizia nell’Ottocento per studiare le tecniche innovative della lavorazione della seta, sperimentate all’epoca proprio a Gorizia. Nuovi percorsi saranno poi inaugurati anche a Grado e sul Collio. Saranno mesi di lavoro forsennato. L’entusiasmo e la passione che animano tutti i protagonisti di quest’avventura – la Fondazione in primis – è travolgente. Quello che si percepisce maggiormente è un amore sconfinato per questi territori da parte degli abitanti, unito alla consapevolezza di una grandissima opportunità, offerta dall’anno “Capitale”, per far scoprire a tanti la bellezza, la storia e la ricchezza di queste terre.
Una memoria nuova
A Gorizia può capitarti di passeggiare e, quasi senza accorgertene, trovarti di colpo in Slovenia. Ma, anche se non si vede più, a Gorizia la frontiera c’è ancora. Non è fatta più di filo spinato, ma di racconti e di ricordi, perché è nella memoria di tutti. E la memoria è un materiale molto resistente. Perché è un materiale vivo, che si rigenera e si rinsalda a ogni racconto. Per questo, oggi Gorizia ha bisogno di nuovi ricordi, di alimentare una memoria nuova e condivisa: che guardi a un futuro di convivenza e di cooperazione, che allarghi l’orizzonte all’Europa intera, che sia una reale opportunità per i giovani, per fare tesoro del passato, guardando, con speranza, al futuro. La celebrazione di Capitale Europea della Cultura 2025 rappresenta un’occasione di slancio importantissima in questa direzione. Il programma CariGo Green può accompagnare questo processo contribuendo a creare il coinvolgimento dell’intera comunità.
Agenti di sviluppo sostenibile
di Alberto Bergamin, presidente Fondazione Carigo
Consapevole del ruolo fondamentale della cultura e dell’arte nel concorrere alla determinazione del benessere e della qualità della vita dei territori e alla coesione delle comunità, in vista dell’appuntamento Nova Gorica – Gorizia Capitale Europea della Cultura 2025, la Fondazione Carigo proseguirà attivamente nella propria attività di progettazione diretta, cogliendo la sfida e lo stimolo di questo importante evento. Consideriamo strategico, in questo senso, programmare uno strutturato percorso di interventi, fra i quali è previsto un ulteriore percorso di allestimento dello “Smart Space”, con la creazione di due nuovi “CariGo Green Point”, e la creazione di nuovi percorsi narrativi di digital storytelling sviluppati nella Città di Gorizia e nel territorio provinciale. Tutto questo rientra tra le iniziative avviate dalla Fondazione nella convinzione che l’affermazione dello sviluppo sostenibile passa da un cambiamento culturale a ogni livello. Per farlo, stiamo praticando un gioco di squadra in cui ognuno – dai singoli cittadini alle Istituzioni – investe il meglio di sé per trovare insieme nuovi punti di equilibrio. A trent’anni dalla loro nascita le Fondazioni di origine bancaria sono chiamate a svolgere un ruolo sempre più strategico grazie alla loro autonomia e indipendenza sia dalla politica che dalla finanza. Non più solo soggetti erogatori ma promotori dei processi sociali. Agenti di sviluppo e costruttori di reti con e tra le Istituzioni, il mondo del non profit e del Terzo settore per far diventare centrale il capitale umano. Coerente con questa visione, la Fondazione ha messo al centro della sua azione l’educazione e la formazione, perché vogliamo investire sui giovani. In questa dimensione, la conoscenza va considerata un bene comune, una responsabilità collettiva. Investiamo in educazione e formazione per promuovere un processo di trasformazione delle conoscenze in competenze e lo sviluppo di uno stile di vita sostenibile con la diffusione di una cultura fondata sui valori della pace, dell’equità, dell’inclusione sociale, della non violenza e della cittadinanza globale.
Dalla rivista Fondazioni luglio – settembre 2023