Romano Borchiellini è professore ordinario di Fisica Tecnica Industriale presso il Dipartimento di Energia del Politecnico di Torino. È presidente dell’Advisory Board dell’Energy Center di Torino, un’iniziativa promossa da Regione Piemonte, Città di Torino, Politecnico di Torino e Compagnia di San Paolo.
Professore, oggi si parla molto di transizione energetica creando anche divisioni nell’opinione pubblica, lei come definirebbe questa transizione e da cosa dovrebbe partire?
Il concetto di transizione energetica è effettivamente molto inflazionato già da tempo, ma ritengo che non si affronti sempre in maniera sufficientemente approfondita e che divenga spesso un concetto personalizzabile in base alle necessità personali. Partiamo dalla base: molti associano alla transizione energetica il passaggio da fonti energetiche fossili a rinnovabili. Debbo dire però che il tema è a mio avviso molto più complesso e profondo. La transizione non si esaurisce sostituendo le fonti di energia ma si compie lavorando sulle coscienze e sulla consapevolezza dei cittadini cercando di spiegare il ruolo che l’energia, ha nelle nostre vite. Ogni cambiamento, infatti, non può prescindere dallo stile di vita che conduciamo: per questo la transizione energetica deve essere anche una trasformazione sociale.
Lei è presidente dell’Advisory Board dell’Energy Center a Torino: può raccontarci questa esperienza?
Se dovessi raccontare l’Energy Center comincerei col dire che è un edificio. Può sembrare banale, ma l’idea principale, in origine, era quella di avere uno spazio dove potessero convivere fisicamente la pubblica amministrazione, l’impresa e la ricerca. Questa idea nasce dal pubblico, con l’apporto attivo e il sostegno delle due Fondazioni torinesi, Compagnia di San Paolo e CRT. A riempire l’edificio sono in primo luogo le imprese, dalle grandissime fino alle startup che, grazie alla vicinanza ai grandi player possono imparare, confrontarsi ma anche trovare opportunità di aumento di capitali. Oltre all’impresa è presente anche il mondo della ricerca, soprattutto con dei laboratori. Il Politecnico anche creato un centro interdipartimentale presso l’Energy Center, rendendo possibile un confronto tra ricercatori che diventa fondamentale per avere una visione trasversale dei problemi. L’Energy Center è quello spazio dove si dialoga tra diverse discipline e si conoscono meglio le esigenze di tutti gli attori in gioco.
A proposito di “novità” nel campo dell’energia, si parla sempre più spesso di comunità energetiche. Quali sono le caratteristiche principali di queste comunità e quali potrebbero essere le potenzialità da valorizzare?
Anche in questo caso partirei da una definizione semplice: la comunità energetica di per sé comporta la condivisione di un’energia che un individuo produce e fa utilizzare anche a una persona in prossimità territoriale. Questa attività non era possibile prima del recepimento della direttiva europea RED II di fine 2018. Questa direttiva, oltre a dare indicazioni pratiche sulla gestione comunitaria dell’energia, indicava una cosa importante: “portiamo il cittadino al centro della questione energetica”. La comunità energetica è uno strumento per realizzare questo obiettivo poiché nel momento in cui io produco l’energia comincio ad avere un rapporto diverso con essa. Oggi premiamo un interruttore e si accende la luce, ma ignoriamo il processo che sta dietro; anche per questo usiamo parole come “produrre”, “usare” energia quando un famoso principio della termodinamica ci insegna che quello che realmente accade è una “trasformazione”. Nel momento in cui mettiamo i cittadini al centro della questione energetica generiamo la consapevolezza di cui parlavamo all’inizio dell’intervista e, probabilmente, interveniamo anche sulle abitudini degli individui in relazione al consumo di energia. Le comunità energetiche possono assolutamente essere strumentali a quella trasformazione sociale necessaria perché avvenga una transizione ecologica.
E le Fondazioni cosa possono fare?
Le Fondazioni già fanno molto! Fondazione Compagnia di San Paolo e Fondazione Cariplo hanno promosso la guida alle comunità energetiche, ad esempio. La costituzione di comunità energetiche ha tante implicazioni che devono essere chiare e comprensibili per i cittadini. Intorno a queste comunità si crea un mercato, servono infrastrutture, impianti e competenze; anche per questo alcuni grandi gruppi stanno dimostrando interesse. Si propongono di aiutare a costruire le comunità energetiche e di gestirle che, generalmente, è una cosa positiva perché nascano sempre più comunità. Il pericolo è che il processo si standardizzi e si riallontani l’individuo dalla questione, che si perda la consapevolezza che le comunità possono costruire. Le Fondazioni, oltre ad aiutare gli enti locali da un punto di vista più pratico, possono promuovere cultura che, come abbiamo detto più volte, è un elemento imprescindibile per affrontare il tema complesso dell’energia
Dalla rivista Fondazioni settembre-ottobre 2022