Questa crisi ha sollevato un velo, ci ha messo di fronte alle criticità, alle storture endemiche. Ma anche alle potenzialità del sistema, alle buone pratiche da sostenere. Ci ha indicato una rotta e dobbiamo avere il coraggio e la forza di percorrerla fino alla fine. La descrive così la scuola “ai tempi” del Covid-19 Anna Ascani, viceministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca che racconta quanto questi mesi abbiano messo a dura prova il sistema scolastico.
La scuola italiana è stata investita dallo tsunami Covid-19. La didattica a distanza è diventata realtà concreta, come concretamente si è manifestato il problema del digital divide. Che tipo di diseguaglianze genera?
Tutta la società è stata travolta nel corso dei mesi scorsi da una pandemia che ha sconvolto le nostre vite. La scuola, sin dalle prime settimane, ha reagito con forza, riuscendo a trovare risposte per garantire il fondamentale diritto allo studio in questa complicata fase di emergenza sanitaria. Le nuove tecnologie, spesso in passato guardate con scetticismo o da posizioni ideologiche, non solo sono entrate a far parte in maniera consistente del sistema di istruzione, ma si sono dimostrate alleate dell’apprendimento. Naturalmente non tutto il Paese era pronto a questo o quantomeno non nella stessa misura. Già dal 2015 il Piano Nazionale Scuola Digitale ha promosso l’innovazione nei nostri istituti, ma il cammino graduale che si stava compiendo ha subito un’accelerazione – necessaria – per via dell’epidemia. Come Ministero e come Governo ci siamo impegnati per dare a ogni studente la possibilità di accedere alla migliore formazione possibile in questi mesi, a prescindere dal territorio di riferimento o dal contesto familiare e sociale. Ma è indubbio che il percorso non è concluso: il momento che stiamo vivendo ha fatto emergere con maggiore evidenza i divari presenti da decenni in Italia, da Nord e Sud. E su questi dobbiamo intervenire con maggiore decisione per assicurare un futuro di sviluppo eguale, a partire proprio dall’istruzione e dalla formazione.
Dal report promosso da Con i Bambini e Openpolis emerge una Italia a macchia di leopardo per connessione, formazione digitale e possesso di strumenti digitali. Quali strategie mettere in pratica per uniformare le Regioni?
Più che uniformare le Regioni, l’obiettivo è quello di dare mezzi laddove necessario. Per intenderci, spesso i divari non si manifestano soltanto tra Regioni o aree del Paese. Sono presenti in uno stesso territorio, tra città della stessa Regione o tra centro e periferia. Negli scorsi mesi abbiamo messo a disposizione circa 900 milioni di euro per garantire l’accesso alla didattica a distanza, secondo le prime rendicontazioni sono stati già oltre 430.000 i dispositivi acquistati e oltre 100.000 le connessioni. Senza contare le ultime risorse stanziate con il decreto ristori. Si tratta di importanti investimenti ai quali devono seguire interventi strutturali: abbiamo una grande occasione, i fondi europei del Next Generation EU che devono servire a costruire infrastrutture, materiali e immateriali, necessarie ad assicurare alle nuove generazioni una formazione adeguata per affrontare le sfide dei tempi che viviamo e vivremo.
Gli studenti che per problemi economici o anche geografici non hanno potuto accedere pienamente alla didattica a distanza, hanno perso dei mesi fondamentali per la loro istruzione. Secondo lei quali saranno le conseguenze? La scuola potrà rimediare? Se sì come?
Devo dire che le scuole e i territori hanno fatto uno sforzo straordinario per raggiungere ogni studente. La didattica a distanza, adesso didattica digitale integrata, è stata molto utile per far sì che, nonostante il necessario distanziamento, alunni e studenti potessero continuare a formarsi. È mancata certamente la socialità, è mancato l’aspetto relazionale, entrambi importanti per lo sviluppo di ogni studente, ma si è cercato il più possibile di evitare che questo periodo complicato potesse rappresentare un vuoto nell’istruzione e nella crescita delle nuove generazioni. Faccio mio il pensiero di Don Milani, la scuola ha un problema solo, i ragazzi che perde. Per questo stiamo lavorando per supportare le scuole in tutte le attività di recupero che si renderanno eventualmente necessarie.
Lei ritiene che la didattica a distanza sia in grado di sostituire a 360° la scuola in presenza?
Come dicevo prima, la didattica a distanza è stata indispensabile per fronteggiare una crisi inaspettata, per mantenere un legame non solo all’interno della comunità scolastica, ma a più livelli della società, durante il periodo di lockdown. E credo che di questa esperienza anche in futuro dovremo fare tesoro, non a caso abbiamo sottoscritto con le organizzazioni sindacali un contratto integrativo nazionale relativo proprio alla didattica digitale integrata. Però la scuola non è solo trasmissione di nozioni. Il pieno sviluppo di bambine e bambini, ragazze e ragazzi dipende anche dalle relazioni. La presenza non è un aspetto secondario. In questa fase, per contenere la diffusione del virus, in alcuni casi abbiamo dovuto chiedere agli studenti di seguire le lezioni da casa attraverso la didattica digitale integrata: una scelta sofferta ma doverosa per la salvaguardia della salute collettiva. Ma stiamo lavorando per restituire a tutti la possibilità di formarsi in presenza e in sicurezza.
Secondo lei la DAD ha portato dei cambiamenti nella metodologia didattica tradizionale?
Ritengo di sì e anzi mi auguro che sia così. Non perché la scuola di prima non funzionasse, ma perché tutti abbiamo avuto la riprova che l’innovazione non è un ostacolo, può essere, se usata in maniera adeguata, complementare alla didattica tradizionale. E credo che il nostro obiettivo debba essere fornire quante più competenze e quanti più strumenti possibili alle nuove generazioni. Si muovono già e si muoveranno sempre più in società in cambiamento. Abbiamo l’opportunità di guidarli nell’utilizzo consapevole e accorto di nuovi mezzi. Di renderli cittadini globali responsabili. Penso sia giusto cogliere questa occasione e sfruttarla al meglio..
Finita l’emergenza, quali scuole troveranno i ragazzi una volta tornati in classe? E gli insegnanti?
L’obiettivo è fare trovare a tutta la comunità scolastica una scuola migliore. Questa crisi ha sollevato un velo, ci ha messo di fronte alle criticità, alle storture endemiche. Ma anche alle potenzialità del sistema, alle buone pratiche da sostenere. Ci ha indicato una rotta e dobbiamo avere il coraggio e la forza di percorrerla fino alla fine. Ciascuno in base al proprio ruolo. Ogni scuola nell’ambito della propria autonomia. I territori per la propria parte di responsabilità. Noi come Governo, investendo le risorse a disposizione in maniera mirata e con uno sguardo di lungo periodo. Ma anche le associazioni, le fondazioni, tutti coloro che in questo periodo hanno sentito di voler essere parte di questa partita. Hanno dato il proprio contributo affinché il nostro sistema di istruzione potesse continuare nella sua missione.
La scuola garantisce il diritto allo studio e l’accesso al patrimonio culturale. Talvolta si ha la percezione che questo studio sia troppo “statico” e poco dinamico. Come incoraggiare i giovani ad accedere alla bellezza del nostro patrimonio non per dovere ma per piacere?
La scuola forma cittadini attivi, sviluppa il pensiero critico. Si pone l’obiettivo di fare di ogni giovane un protagonista della vita della società. Per sua natura il sistema di istruzione quindi forma studentesse e studenti affinché siano in grado di agire e muoversi nel mondo in maniera autonoma e consapevole. E gli effetti di questo lavoro ci sono: i ragazzi dei Fridays for future che hanno raccolto l’appello di Greta Thunberg e hanno sollecitato con le loro manifestazioni vari governi a livello internazionale, non l’hanno fatto per dovere. Sono stati anzi loro stessi lo stimolo per una riflessione che mancava. Quindi credo che dobbiamo abbandonare l’idea che i nostri ragazzi agiscano solo in risposta a qualche input. Rafforziamo l’azione della scuola e apriamola sempre di più ai territori e alla società, affinché l’accesso alla bellezza non sia indotto ma un passaggio naturale tra mondi che comunicano. A disposizione di ogni cittadino, a prescindere dalla sua età anagrafica.