«Cosa vorremmo tutti trovare in una casa? Una caffettiera pronta a offrire un caffè, spazi dove poter leggere, studiare, giocare, mangiare e cucinare in compagnia e, soprattutto, la casa è quel luogo dove ci si sente accolti, ascoltati e supportati». Patrizia Bergami parla così delle “Case per fare insieme”, di cui è responsabile: si tratta di spazi aperti alla comunità locale per riappropriarsi del tema della cura dei bambini e dei ragazzi, intesa come tematica legata non solo al benessere dei minori ma a quello della comunità nel suo insieme.
Il nome del progetto, che ha dato vita a questi luoghi, è, infatti, “Texére – Insieme per tessere legami”, perché intende riannodare i fili logorati o spezzati tra i bambini e le famiglie. Sostenuta dalla Fondazione Cariplo e Fondazione di Comunità Milano, l’iniziativa è stata accolta da undici comuni di Milano che, come ci informa la responsabile, sono tutti molto diversi, anche a livello economico, ma hanno un denominatore comune: la trascuratezza dei bambini e dei ragazzi che, spesso, sono affidati ai servizi sociali. Non si tratta di un problema legato necessariamente al livello reddituale delle famiglie, alle origini, all’età o alla composizione familiare: «i minori, semplicemente, spariscono dallo sguardo e dall’attenzione degli adulti».
Texére nasce, appunto, per fare in modo che il benessere dei bambini non venga relegato solo ai servizi sociali, ma diventi un problema sentito e affrontato dell’intera collettività. Come afferma energicamente Cristina Lazzari, responsabile Servizio Famiglia e Minori del Comune di Rozzano, «I bambini sono una responsabilità di tutti, nessuno può astenersi, tutti dobbiamo sentirci responsabili, e ognuno deve mettere il proprio pezzo».
Il messaggio sembra essere arrivato, le “Case per fare insieme” e gli altri spazi aggregativi sono divenuti punti di riferimento e hanno riconfigurato il modo di vivere della comunità e di prendersi cura dei bambini. Tante sono le attività che animano gli spazi, programmate in base alla partecipazione dei cittadini che, volontariamente, mettono in campo le proprie competenze professionali o amatoriali. Si va dai laboratori di disegno, danza, cucina, fotografia, teatro e seriografia per bambini e ragazzi, fino all’educazione finanziaria e agli “psicoaperitivi” per i genitori, momenti conviviali in cui alcuni psicologi incontrano gli adulti, dando loro la disponibilità ad approfondire specifiche problematiche. Tali iniziative non sono tanto finalizzate a «eliminare i problemi, ma ad aiutare chiunque abbia delle difficoltà grandi o piccole a scoprire che dentro di sé ha delle risorse e che queste possono essere utili per altre persone. Tutti possiamo essere risorsa perché tutti siamo portatori di problemi», afferma Paola Iacona, una delle assistenti sociali, in un video testimonianza del progetto.
Uno spazio, insomma, dove i bambini possono trascorrere il proprio tempo libero in modo sano e stimolante e dove gli adulti possono condividere o imparare la loro modalità di essere genitori. Perché, come afferma in una recente intervista Beatrice Fassati, dell’area “Welfare di comunità” della Fondazione Cariplo, «Il rischio di lavorare nelle periferie delle grandi metropoli è vedere solo lo svantaggio, solo quello che manca, invece, al di là delle situazioni di grande disagio, c’è tutta una comunità che ha voglia di mettersi in gioco e di mettere in campo le proprie risorse. L’importante è connettere e ricomporre queste risorse dandogli voce e creando momenti di confronto affinché possano essere valorizzate».
Il risultato è una partecipazione entusiasta dei cittadini, non solo per le attività proposte ma per la possibilità di recarsi in uno spazio dove tessere la propria rete sociale, dove sentirsi accolti, dove poter condividere le proprie difficoltà e dove sentirsi parte attiva della comunità. Per Abiba, giovane ragazza egiziana, «La “Casa per fare insieme” non è un posto dove mi sento “Abiba che viene dall’Egitto”, ma dove posso essere Abiba e basta. Qualche volta mi tolgo anche il velo, tanto mi sento a casa», confida recentemente nella trasmissione televisiva “l’Italia che fa”.
Questa grande partecipazione ha confermato l’idea di partenza del progetto: per raggiungere il benessere dei bambini bisogna partire da una comunità coesa, accogliente e capace di fare rete. Ciò non significa spogliare i servizi sociali delle proprie funzioni, ci dice Patrizia Bergami, ma vuol dire creare connessioni tra pubblico e privato, tra i servizi sociali, gli insegnanti, i genitori, la neuropsichiatria infantile e tutta la comunità educante. In tal modo, l’azione di Texére funge da collante e riesce a prevenire situazioni limite per le quali sono necessari interventi netti per ricucire gli strappi.
Una modalità di fare rete che potrebbe configurarsi come un modello replicabile, ovunque e secondo le peculiarità di ciascun territorio, auspica la reponsabile di progetto. Quattro sono gli elementi chiave: spazi disponibili, alleanza tra le forze territoriali (Comuni, enti locali, realtà non profit), legami basati sulla fiducia e, infine, la pazienza di saper attendere i risultati che, spesso, necessitano lunghi percorsi ma che possono davvero migliorare il benessere delle famiglie e di tutta la comunità.
Per maggiori informazioni visita la pagina del progetto Texére