Asola e Bottone è un laboratorio di comunità pensato e realizzato dalla Caritas di Lucca e dalla Fondazione Banca del Monte di Lucca. È nato per contrastare la povertà in quattro quartieri della provincia di Lucca, puntando sulla “riattivazione” della comunità e innescando processi di partecipazione, inclusione e reciprocità. Il suo obiettivo è sperimentare modelli di intervento che possano poi venire replicati in altri contesti.
«Un’asola e un bottone è l’immagine che ci è sembrata più appropriata – racconta Donatella Turri, direttrice Caritas Lucca, che ha curato il progetto – per descrivere il processo che ci ha portato a promuovere sui territori un percorso per l’animazione delle comunità locali nel contrasto alle povertà».
L’idea alla base del progetto è che i territori possano essere rappresentati proprio come un’asola, un cerchio bucato dai bisogni, dall’esclusione sociale, dal degrado dei luoghi e dal restringimento degli spazi collettivi. Contestualmente, però, sui territori sono diffusi anche i bottoni: azioni, spesso piccole, forze, collaborazioni, dinamiche, esperienze, tentativi in grado di colmare quei vuoti, di riempirli e di trasformarli.
«L’ipotesi che ci ha mossi – prosegue Turri – è stata l’idea che a mancare fosse proprio il gesto dell’abbottonare, la paziente operazione di accostare ad ogni asola il suo bottone e di realizzare piccole azioni di sutura e collegamento tra i vuoti e i pieni per unire i lembi delle comunità, renderle più salde, attraverso azioni di creazione sociale collettiva per contrastare la povertà».
Asola e bottone lavora nelle periferie come un agitatore di energie, perché ha deciso di scommettere sulla prossimità, spostando il fuoco dall’“erogazione” alla “relazione”. Con l’idea di testare pratiche innovative, i promotori del progetto hanno ripensato i tradizionali luoghi di ascolto e sostegno alle fragilità della Caritas e ne hanno creati di nuovi, andando incontro alle esigenze dei territori. Il percorso è partito con l’attivazione di “Tavoli di Partecipazione”, che hanno coinvolto la cittadinanza, i commercianti, gli insegnanti, gli operatori sociali e i cittadini.
Questo dialogo ha portato a tracciare una mappa delle criticità e dei punti di forza dei quartieri, dei luoghi minacciati, ma ancora vitali per la comunità, che possono essere coltivati e la cui responsabilità può essere affidata alla collettività. È stato così realizzato un grande intervento di riprogettazione partecipata del territorio in cui tutti gli abitanti hanno concorso a immaginare un quartiere più bello da abitare per i più fragili e, di conseguenza, per tutti. I partecipanti sono usciti dal ruolo di spettatori passivi e rassegnati e sono diventati protagonisti di un progetto di cambiamento e di riappropriazione.
«Quando le persone si incontrano, accadono sempre miracoli» conclude Turri.
Dal numero luglio-agosto 2019 della rivista Fondazioni
Foto: Blog quartiere San Vito